Nata a Bucarest dove ha portato a termine gli studi musicologici e musicali all’Accademia di Musica, si è diplomata in clavicembalo in Romania per poi specializzarsi sia in Italia che all’estero. A Roma, ormai sua seconda città natale, si è poi unita in sodalizio artistico e sentimentale con Andrea Riderelli, musicista e compositore con il quale ha fondato l’Associazione Musicale AliusModum.
Ci racconti come è avvenuto quest’incontro.
Nel novembre 2004 nasceva l’ensemble aliusmodum, nell’occasione dei suoi primi due concerti: il primo dedicato alle trio-sonate francesi (insieme a Francesca Giuffrè al violino, Pierluigi Tabachin al traversiere, Diego Roncalli alla viola da gamba) e il secondo con un gruppo più ampio (con il violinista Mauro Lopes Ferreira tra i solisti) in un concerto dedicato a Bach. Dopo quest’inizio, nel 2005 è nata l’associazione Aliusmodum con la quale abbiamo organizzato sino ad oggi quattro stagioni musicali in collaborazione con l’Accademia di Romania. In queste stagioni abbiamo cercato sia di mantenere lo stesso nucleo di musicisti con quali siamo partiti, sia di invitare degli ospiti di grande livello come il baritono Furio Zanasi, il soprano Lavinia Bertotti, il clavicembalista Patrick Ayrton, ecc.
Avendo vissuto appieno due differenti realtà musicali, in Romania e in Italia, mi incuriosisce conoscere un suo parere sull’approccio nell’insegnamento musicale nei due paesi.
Al livello di scuole primarie e secondarie, in Romania l’insegnamento è più organizzato, con scuole e licei musicali dove - accanto alle discipline ordinarie - esiste un tirocinio musicale impegnativo. Sono 12 anni di studio molto intenso, con esami alla fine di ogni anno scolastico, con concorsi e concerti che preparano già l’allievo al confronto col pubblico e all’idea di concorrenza. La musica in queste scuole non è un hobby, ma un futuro mestiere che si conquista giorno per giorno. La stessa serietà si riscontra anche a livello universitario; la differenza è che a questo livello l’Italia offre una scelta più ampia. Più conservatori, più maestri con una carriera musicale importante, anche se per trovare tutto questo devi stare molto attento a quello che scegli. E’ il motivo per cui io, una volta stabilita a Roma, non ho studiato al Conservatorio di Santa Cecilia, ma ho scelto Vicenza proprio per studiare con Patrizia Marisaldi. E in tutto questo, la mia precedente preparazione in Romania mi è servita molto. Gli studi di musicologia all’Università di Musica di Bucarest, cioè sei anni intensi di studio dell’armonia, contrappunto, storia della musica, analisi musicali, informatica musicale, strumento, lettura della partitura, ecc, più altri cinque anni di clavicembalo sempre lì sotto la guida di Ogneanca e Petre Lefterescu, hanno costituito una solida base di studio.
Nella sua carriera di clavicembalista, che l’ha portata tra l’altro ad esibirsi in tanti paesi europei e in svariati contesti musicali, quali sono gli autori che più sente vicino e che più preferisce proporre al pubblico?
Certamente inizierei da Bach; e infatti la scelta di questo compositore per il mio primo cd non è casuale. Da piccola, continuando poi negli anni, ho studiato molta musica di Bach. La discendenza dei miei insegnanti dalla scuola clavicembalistica di Ton Koopman (innanzitutto Patrizia Marisaldi e Patrick Ayrton), ha avuto una grande influenza in quanto la scuola Koopman attribuisca grande importanza a questo compositore. Molto spesso nei miei programmi Bach trova un posto a parte, come testimoniano la mia presenza nel “Festival Bach 250” organizzato dalla Radiodiffusione di Bucarest, i recital con le Invenzioni e Sinfonie, l’integrale dei Concerti per due clavicembali insieme a Patrick Ayrton, altri concerti per clavicembalo con l’ensemble aliusmodum, i Concerti Brandeburghesi. Altro compositore per me significativo è stato Domenico Scarlatti con cui mi sono avvicinata al repertorio clavicembalistico. Anche la mia tesi in musicologia l’ho dedicata all’analisi delle sue Sonate per clavicembalo. E a lui ho dedicato vari miei concerti durante le stagioni dell’Oratorio del Gonfalone. Non disdegno poi la musica francese e il ‘600 italiano.
Si parlava di un sodalizio artistico/sentimentale quello che la unisce ad Andrea Riderelli con il quale ha fondato l’associazione AliusModum. Sostenere e organizzare un’attività musicale di questo tipo, con una propria stagione musicale deve costare molto impegno e fatica. Come riuscite in questo nobile intento, considerando anche la scarsa attenzione rivolta dalle istituzioni verso l’attività culturale delle piccole associazioni?
Con tantissima fatica e, talvolta, la voglia di mollare tutto. Primo, perché per un’associazione come la nostra è difficilissimo trovare i finanziamenti. Per fortuna abbiamo avuto il grande sostegno dell’Accademia di Romania e dei fondi IMAIE. Al di là dell’aspetto finanziario, tutto il lavoro organizzativo lo svolgiamo noi due, cosa niente affatto semplice. Trovare e coordinare i musicisti per i concerti, poi la pubblicità (a volte assomiglia a un film tragicomico quando certi giornali si rifiutano di pubblicare semplici annunci dei nostri concerti pur essendo un dovere nei confronti dei loro lettori). Fortunatamente ci sono anche giornali sui quali ci possiamo fidare e, da non sottovalutare, e così siamo riusciti a conquistare un pubblico che ci segue costantemente. C’è poi la difficoltà di proporci ad altri enti musicali, di nuovo un lavoro dove ci si scontra, non per la qualità delle proposte, ma per il fatto di essere “lontani dai grandi circuiti”, proprio come diceva Lei. La fortuna è che anche da questo punto di vista, ci sono dei direttori artistici che ci apprezzano. Qui un ringraziamento speciale va al M° Angelo Persichilli che più volte ci ha invitati a suonare nella sua stagione. Grazie a lui, saremo di nuovo all’Oratorio del Gonfalone per l’apertura della prossima 60ma stagione. A tutti questi problemi organizzativi si aggiunge un “piccolo dettaglio”: preparare e sostenere anche musicalmente i nostri concerti, di cui siamo sempre protagonisti. Per fortuna questo “piccolo dettaglio” diventa, alla fine, il coronamento e del lavoro svolto.
Di recente l’AliusModum ha intrapreso una nuova attività, pubblicando un cd dedicato al repertorio clavicembalisitico di J. S. Bach. Un’esperienza che la vede tra l’altro protagonista assoluta di questo progetto, in cui si cimenta con un “grande” della produzione tastieristica settecentesca. Ci racconti come è andata.
Dopo un lungo periodo di concerti, abbiamo deciso di realizzare questa registrazione mettendo insieme la mia esperienza clavicembalistica e quella di Andrea come ingegnere del suono. Per quello che mi riguarda è iniziato un lungo percorso di studio e di concerti dedicati al repertorio del cd. Non è mancata neanche le preparazione con Patrick Ayrton e tra i suoi consigli il più importante è stato proprio quello di essere me stessa senza emulare nessuno. Credo che il risultato del cd sia veramente quello che io volevo “esprimere” con queste opere. Anche la parte tecnica della registrazione, considerando quanto sia difficile captare e mantenere il vero suono di un clavicembalo, risulta ottima. Il suono ottenuto sul cd concorda integralmente con quello dello strumento sentito dal vivo. Abbiamo passato tre giorni nella Chiesa di S. Giovanni Battista a Sacrofano (RM), insieme ad Augusto Bonza, il costruttore del nostro clavicembalo. La sua presenza è stata preziosissima sia per mettere a punto la meccanica dello strumento e per realizzare l’accordatura (tra l’altro in una simbiosi molto stretta con ogni tonalità di ciascun brano che andavo a registrare), ma anche come controllo tecnico durante la ripresa, curando i piccoli dettagli per una perfetta funzionalità dello strumento. Infine, sono seguiti mesi di scelta musicale, più tutta la parte grafica, il testo del libretto, realizzati da mio marito e da me. Un lungo lavoro, ma uno straordinario ricordo.
E aggiungerei anche un eccellente risultato. I suoi progetti futuri con l’AliusModum, oltre all’organizzazione di concerti, prevederanno anche altre registrazioni discografiche?
Produrre una registrazione con tutto il gruppo richiede un impegno economico notevole. Per ora preferiamo partire da gruppi più ristretti che possano rientrare nelle nostre possibilità. L’idea e la disponibilità per il prossimo cd già esistono e siamo alla ricerca dei fondi. Per il programma del nuovo CD, invece… top secret!…
Passando a tutt’altro argomento, negli ultimi tempi le cronache ci hanno raccontato di eventi tristemente legati a suoi connazionali. Benché si trovi ormai in Italia da molto tempo, come vive un’artista rumena come lei questi eventi che, inevitabilmente, inducono troppo spesso a cadere nel prediugizio?
Pensando alla gravità di certi fatti mi chiedo perché! La realtà in Romania è ben diversa. L’atmosfera in cui sono cresciuta era (anche ai tempi del comunismo) ed è ancora di grande interesse per la cultura, per la famiglia, per l’educazione. Prima della rivoluzione dell’89 erano forse gli unici valori che ancora ci rimanevano, non avendo altro, come rifugio a tutte le privazioni. Probabilmente la democrazia post-rivoluzionaria ci ha portato una grande voglia di diventare ricchi velocemente e a tutti i costi, talvolta in modo sbagliato. Per quello che mi riguarda, cerco di mettere in luce la parte positiva dei rumeni. Vi assicuro che ci sono tantissimi miei connazionali che si sono integrati appieno, che amano la cultura italiana (tra l’altro ho saputo anch’io da poco che la prima mondiale della pièce teatrale “Il nome della rosa” di Umberto Eco è stata fatta al Teatro nazionale di Bucarest…). Prima di dare giudizi affrettati, cerchiamo di andare almeno una volta ad un concerto, una conferenza o uno spettacolo teatrale all’Accademia di Romania.
E non possiamo che essere d’accordo con Cipriana che lasciamo alle sue “faccende” musicali, ringraziandola per la sua cortese disponibilità e augurandole tanti momenti belli per la sua carriera solistica e per la sua associazione.
Franco Bruni
(Nella foto la musicista Cipriana Smarandescu)