I giorni passano. Ma non passa la paura. Resta l’ansia del contagio e l’attesa di conoscere la fine di un incubo che ha costretto l’Italia e il mondo a cercare nelle mura domestiche, nella famiglia e negli affetti più cari il proprio unico e possibile rifugio.
È una paura che solo il calore del cuore, la condivisione e l’unione può trasformare in qualcosa di consapevole e di sopportabile. Per accettare un così drastico cambio di abitudini di vita, nell’immediato. E per avere ancora speranza nel futuro. Per trasformare la paura in resilienza e non in una nuova solitudine. Una prova per tutti. Un sacrificio individuale che ha anche il significato profondo di una fraternità universale e responsabile.
Quando l’emergenza sarà finita – speriamo presto – gli Stati e le Istituzioni ma anche ciascun individuo dovranno lavorare per liberare nuova energia e generare prospettive di vita e di lavoro, individuando sin d’ora soluzioni comuni. E cambieranno anche le priorità più intime, recuperando relazioni, valori e affetti.
E, mentre le notizie si susseguono sull’emergenza sanitaria e sui provvedimenti tesi a contenere i danni di questo flagello, forse ci sono situazioni che non emergono ma che non vanno dimenticate.
Le donne vittime di violenza, prigioniere, oggi ancor più, della paura. Come vivono nella forzata chiusura in casa, nella convivenza domestica con mariti e compagni? E come sarà, dopo, la loro vita?
Secondo le indagini ISTAT, il contesto nel quale la violenza si inasprisce è proprio all’interno delle mura casalinghe.
‘Per molte donne #stareacasa non è un invito rassicurante. Il numero nazionale dei centri antiviolenza 1522 è attivo’. Sono le parole che D.i.Re, la rete nazionale che raccoglie 80 organizzazioni che gestiscono centri antiviolenza, rivolge alle donne che subiscono violenza, soprattutto domestica, in questi giorni di emergenza coronavirus.
‘Il messaggio per le donne che in questo momento si trovano in una difficoltà maggiore perché vivono situazioni di maltrattamento da parte del partner e sono costrette a stare in casa h24, è che noi dei centri antiviolenza ci siamo: da casa, dal nostro telefono di emergenza, anche via skype laddove possibile, dalle nostre sedi che sono temporaneamente in sospensione. Molte operatrici sono nei centri pur non facendo accoglienza nel rispetto delle regole imposte dal Governo. Chiamate se avete bisogno’. È l’appello lanciato dalla rete dei centri-antiviolenza attraverso l’agenzia D.i.Re.
‘Il coronavirus sta mettendo alla prova molte famiglie. La convivenza forzata con bambini, mariti e spesso anziani da accudire, sta aumentando in maniera esponenziale il carico familiare, che come sappiamo ancora oggi nella maggior parte delle famiglie del nostro Paese ricade quasi esclusivamente sulla componente femminile della coppia. Con conseguente aumento del livello di stress di donne e mamme, che magari, accanto a questo aumentato carico di lavoro familiare, devono affiancare lo smart working. Se questa è la situazione nella normalità, le donne in situazioni problematiche o vittime di violenza in ambito domestico, in questi giorni stanno vedendo un drastico peggioramento della propria situazione’. Così Marco Chiesara**,** Presidente di WeWorld, organizzazione italiana che da 50 anni difende i diritti di donne e bambini in 29 Paesi del Mondo, compresa l’Italia. Chi ha bisogno, può contattare l’associazione scrivendo all’indirizzo ascoltodonna@weworld.it.
Anche ‘Telefono Rosa’ è presente nell’emergenza legata al coronavirus che l’Italia è chiamata a fronteggiare. La Onlus continua, infatti, ad essere attiva e pronta a sostenere le donne bisognose di aiuto. ‘Purtroppo la violenza continua a essere un’emergenza e le mura domestiche restano il primo luogo in cui questa si consuma’, spiega Telefono Rosa, anche alla luce delle telefonate da parte di vittime di violenza fisica e psicologica. ‘Pur restando a casa non possiamo abbandonare le donne e per questo restano attivi i centralini. Tutte le chiamate sono state deviate alle nostre volontarie e alle operatrici dei Centri, che risponderanno fornendo, attraverso l’ausilio di avvocate e psicologhe, consulenze legali e psicologiche telefoniche’ (‘Telefono Rosa’ 06/37518261/ 62/ 82).
A lanciare l’allarme sul tema della violenza domestica è anche il procuratore aggiunto di Milano Maria Letizia Mannella: ‘C’è stato nelle ultime ore, un calo nelle denunce per maltrattamenti*.** Ci basiamo solamente sull’esperienzaperché è ancora presto per avere dei dati certi, ma possiamo dire che le convivenze forzate con i compagni, mariti e con i figli, in questo periodo, scoraggiano le donne dal telefonare o recarsi personalmente dalle forze dell’ordine*’.
In Cina, dove solo nel 2016 il Congresso del popolo ha dichiarato con legge che il governo ‘proibisce ogni forma di violenza domestica’ – con riferimento nonsoltanto alla violenza fisica, maanche a quella psicologica -la convivenza forzata ha determinato una consistente impennata di denunce per violenze domestiche. A gennaio, il numero dei casi denunciati è raddoppiato rispetto all’anno precedente, a febbraio triplicato.
C’e’ il rischio, insomma, che l’attuale situazione di isolamento forzato possa alimentare violenze tra le mura domestiche. Anche in Italia.
Nel pesarese, a Sant’Angelo in Lizzola, un uomo ha tentato di uccidere la moglie a martellate, dopo un litigio.
E appare inquietante la vicenda – che dovrà trovare conferma dalle indagini – di un magistrato della Cassazione denunciato, in questi giorni, per violenze nei confronti della moglie.
In questo momento in cui si moltiplicano iniziative di cultura e di svago a favore delle famiglie italiane con la tecnologia che offre il meglio di sé in ogni settore e Internet rappresenta un prezioso ancoraggio di salvezza, non lasciamo sole le donne che potrebbero subire violenza domestica!
E, in tempo di pandemia, parte l’allarme da Tim Berners-Lee, uno dei padri fondatori del World Wide Web in una lettera aperta per il 31esimo ‘compleanno’ del web. Chiede interventi urgenti per rendere il cyberspazio più sicuro per le donne, ‘sempre più esposte a aggressioni online con molestie sessuali, minacce e discriminazioni’.
Resta un’emergenza, la sicurezza online, anche al tempo del COVID-19. Non abbassiamo la guardia!
Per ogni forma di violenza, è, dunque, attivo il numero 1522 del servizio pubblico promosso dal Dipartimento delle Pari Opportunità. Chi si sente in pericolo può chiedere aiuto chiamando gratuitamente il numero 1522 o cercare il centro antiviolenza più vicino.
Resta, inoltre, attivo 24 ore su 24, il ‘Telefono Rosa’ 06/37518261/ 62/ 82.
C’è uno spazio sempre ‘aperto’. Per accogliere quelle donne e i loro figli che non devono essere dimenticati.
Elvira Frojo