Lavoro, sarà un autunno caldo. Crisi dei comparti tradizionali, aumenta la forbice tra nord e sud, in forte crisi Roma, la capitale.
Sul tappeto nodi strutturali che, nei prossimi mesi, istituzioni e politica dovranno affrontare.
Ma, sempre dal fronte del lavoro, visto con gli occhi femminili, ci sono le prospettive più interessanti. Donne, donne, donne.
Protagoniste della gestione economica. Impegnate in famiglia e nella cura dei figli e dei propri anziani. Talvolta anche nel volontariato, in larga parte femminile, secondo la Caritas. Donne fra i 36 e 65 anni, laureate il più delle volte, lavoratrici dipendenti, per il 15% straniere. Sono gli angeli del bene a Roma. Vivono una splendida esperienza umana – dicono – ma senza nascondere le difficoltà. Occhi, cuore, mani, il loro slogan. Operano per il bene comune senza esibizione. Con discrezione. E con risultati evidenti.
Questo, e non solo, sono le donne.
Secondo due studiosi della University of British Columbia e della Cambridge University, in economia sarebbe necessaria una presenza maggiore di donne. Da un’indagine che ha riguardato uomini e donne di 19 paesi del mondo, è emerso che le economiste hanno meno pregiudizi inconsapevoli degli uomini, i quali risultano maggiormente condizionati dal soggetto che esprime l’opinione.
Una distorsione che riguarda le donne in misura molto limitata (circa il 40% in meno).
In conclusione, il modo migliore per ridurre i pregiudizi in economia sarebbe quello di reclutare più donne, che garantirebbero confronti più equilibrati e soluzioni più ponderate, in particolare su argomenti complessi come disuguaglianze e implementazione di misure di austerità.
E, in Italia, a che punto siamo?
Una proposta di legge punta a prorogare, oltre la scadenza del 2023, la legge Golfo-Mosca. Il provvedimento, entrato in vigore nel 2011, ha stabilito che il 20% dei posti disponibili negli organi di amministrazione e controllo delle società quotate (consigli di amministrazione e collegi sindacali) venisse riservato alle donne. Dal 2015 la quota da riservare è salita a un terzo dei posti disponibili.
La presenza delle donne nei cda migliora la qualità dei risultati, secondo quanto emerge da un Quaderno di ricerca della Consob che ha studiato la “gender diversity” misurando l’impatto della composizione dei consigli, dopo l’introduzione della legge Golfo-Mosca.
Secondo lo studio svolto su tutte le società italiane in Piazza Affari, la redditività del capitale crescerebbe del 17% se dal 30% di donne nei cda si arrivasse al 40%.
Nel 2010, in Italia, le donne rappresentavano solo il 6% dei componenti dei cda delle società quotate, tra gli ultimi tre paesi membri dell’Unione europea.
Dopo l’entrata in vigore della legge Golfo-Mosca, nelle aziende quotate in Borsa la presenza femminile è salita al 27,8% al primo rinnovo e,nel 2018, la percentuale è aumentata al 33,5%. Dai dati emerge inoltre che le donne nei cda sono mediamente più giovani e più istruite rispetto ai colleghi uomini: hanno in media 50,9 anni rispetto ai 58,9 degli uomini e l’88,5% è laureata, rispetto all’84,5% degli uomini.
Il cambiamento c’è stato, ma, parallelamente, a che punto è il cambiamento culturale affinché non sia più necessario emanare leggi per affermare una concreta parità dei sessi nel mondo del lavoro? E, al contempo, per provvedimenti che non penalizzino la donna rispetto alla procreazione e alla cura dei propri figli?
La vera parità è un’urgenza morale, oltre che una necessità economica. Avere più donne nei posti di potere migliora i risultati ma anche l’ambiente di lavoro, le relazioni, il complessivo contesto aziendale. La funzione della donna migliora anche la società, se adeguatamente supportata nella funzione essenziale di garantire la crescita dei propri figli, con la sensibilità e la cura necessaria per una missione insostituibile.
Insomma, donne per far crescere e migliorare il Paese. In una società maggiormente consapevole.
Elvira Frojo