5 luglio 1982: il giorno in cui, allo stadio Sarriá di Barcellona, l’epica non solo incontrò il calcio, ma ci si miscelò dando vita ad un’impresa, umana ancor prima che sportiva, degna dei più grandi eroi del mito ellenico. Anche chi non sa di questo sport, o ne sa solo superficialmente, non può non sapere di quell’Italia-Brasile 3-2 del Mondiale spagnolo che tenne incollati agli schermi televisivi milioni e milioni di persone. Nel nostro Paese non solo in case, ma anche nei circoli e bar, molti dei quali con una televisione in bianco e nero, si radunarono appassionati di calcio (e non) per assistere allo scontro tra gli azzurri di Bearzot e il super Brasile guidato in campo da Socrates, calciatore dall’intelletto superiore che se non avesse giocato a pallone avrebbe avuto una brillante carriera da medico. Sembrava la cronaca di una morte (calcistica) annunciata, ma gli Dei del calcio avevano in mente un’altra trama per quel caldo pomeriggio di inizio luglio. Gli Dei del calcio, quel pomeriggio di inizio luglio, stavano indossando la maglia azzurra.
Tra documentari, libri e speciali tv, anche chi è nato dopo quel giorno del 1982 conosce a memoria, o quasi, gli atti della gara. Le formazioni, i gol, le esultanze, i marcatori, le giocate e le sostituzioni: gesta che sono rimaste nell’immaginario collettivo di ogni calciofilo che 37 anni fa era davanti alla tv o di chi di quella gara ne ha conosciuto gli sviluppi solamente dopo tramite racconti e testimonianze. Racconti e testimonianze, però, troppo spesso simili tra loro.
Per ovviare a una storiografia piuttosto comune e uniforme, lo scrittore e giornalista romano Piero Trellini ha voluto scavare più a fondo, non limitandosi esclusivamente a ciò che accadde in campo ma concentrandosi su tutti quei particolari, episodi, personaggi che sono legati a quella partita. Ne è venuto fuori un libro di oltre 600 pagine, ma nel quale solo nella seconda metà si parla della gara.
Per raccontarci cosa c’è dietro questa opera enciclopedica, che analizza quasi ogni filamento d’erba del manto da gioco del Sarriá, Piero Trellini si è lanciato in un excursus sociale e culturale di quell’epoca, tentando di spiegare ogni aspetto, elemento e sviluppo, che ha reso quella partita LA partita.
Ecco cosa ci ha rivelato.
Piero, tu sei molto giovane, all’epoca della gara avevi 12 anni. Che ricordi hai di quella partita?
Ci sono tanti livelli di lettura. I ricordi di un dodicenne sono diversi dalle sensazioni che posso avere adesso, ma quello che rimane della gara visto dagli occhi di un ragazzino è la favola perfetta, dove una squadra sola contro tutti si ritrova a disputare una gara decisiva contro i favoriti del Mondiale, i brasiliani, ai quali bastava un pareggio per qualificarsi al turno successivo. C’è un centravanti che non gioca da due anni (Paolo Rossi, ndr) e che quel giorno ripaga il suo allenatore che ha scommesso su di lui affossando la selezione più forte di tutte. Il resto è storia.
È una partita che è entrata nell’immaginario collettivo della storia del calcio italiano, e non solo. Quali sono secondo te gli “ingredienti” che hanno reso Italia-Brasile 3-2 LA partita di calcio?
Ce ne sono molti. Il primo è strutturale: quella è una partita che ha una cadenza drammaturgica. all’Italia serviva la vittoria e al Brasile bastava il pareggio, le reti sono segnate alternate, prima l’Italia poi il Brasile e così fino al 3-2, e loro stanno per segnare il pari al 90esimo quando Zoff ferma la palla sulla linea di porta. La distanza tra gli eventi è paragonabile ad una sceneggiatura, ad un qualcosa cui siamo abituati a vedere ma frutto di una finzione scenica. Difficilmente si può trovare un’altra gara che, sui 90 minuti, trasuda egual intensità. Di motivi, poi, ce ne sono tantissimi altri. La caratura dei personaggi: le due personalità diametralmente opposte di Socrates e Zoff, i capitani, che provengono da mondi completamente differenti. Nel libro ho cercato di raccontare quelle che sono le storie dietro ciascun personaggio, per far arrivare il lettore ad approcciarsi alla gara avendo un quadro quanto più completo possibile del contesto.
Quell’impresa sportiva sfiora l’epica: un uomo solo, Bearzot, che si affida contro il parere di tutti a Rossi che dopo le prime gare negative poi si scatena contro il grande Brasile. Sembra quasi Davide contro Golia…
Noi questa partita la vediamo come una favola, come un’impresa epica perché abbiamo dei primi elementi che ci portano a questa considerazione. Sappiamo che l’Italia è una squadra sola, abbandonata anche dalla stampa, Bearzot non gode dell’appoggio dei giornalisti e l’unico a parlare coi media è Zoff. Il ct punta su un giocatore fermo da 2 anni, cosa al giorno d’oggi impensabile. Dall’altra parte c’è la miglior nazionale del Mondo con un super attacco che arrivava alla gara in un clima completamente opposto al nostro. Questi elementi ci aiutano a goderci quella che sarà poi la favola mitica degli azzurri che contro ogni pronostico fecero una grande impresa.
Tra documentari, speciali tv, libri, ormai anche chi non era nato quel 5 luglio conosce quasi a memoria quella gara. Nel tuo libro cosa c’è in più che non si può trovare altrove?
Il libro nasce proprio per questo. Ho sempre seguito con attenzione tutto ciò che è stato detto attorno a quella partita, accumulando anche un’infinità di materiali a riguardo, e ho notato che della partita si parlava sempre allo stesso modo e sempre con le stesse parole e gli stessi aneddoti, per me però quella gara è stata tantissimo altro. Per questo ho preso la partita, ne ho analizzato tutti gli elementi che conteneva: dai protagonisti in campo, alla stampa in tribuna sino ai cartelloni pubblicitari, perché ognuno di questi elementi ha portato il suo contributo per rendere leggendaria Italia-Brasile. Ad esempio era presente un cameraman che anni dopo avrebbe vinto un premio Oscar, un giornalista che sarebbe stato insignito del Nobel, in tribuna stampa ci sono tre premi Strega… Tanti personaggi dentro e fuori dal campo hanno storie incredibili. Basti pensare che l’arbitro, ebreo e già scampato all’olocausto, venne convinto a fatica ad dirigere quella gara, perché proprio in quel momento il figlio veniva spedito a fare il militare nella guerra del Libano e nel momento in cui arbitrava non poteva sapere se fosse ancora vivo. Sapere le storie di tutti gli elementi presenti aiuta a vedere la partita sotto un’altra prospettiva.
Da cosa è nata la necessità e la voglia di scrivere questo libro?
Dai molti materiali che ho raccolto in tutti questi anni, dalle ricerche, dalle persone che ho conosciuto legate a quella gara. Parliamo di una partita che è sempre stata una costante della mia vita e quindi alla fine ho avuto il desiderio di organizzare questa mole di cose per presentare il match in modo diverso da come veniva raccontato ma in linea rispetto a come io l’avessi sempre visto.
Il tuo libro è un’opera quasi enciclopedica: quanto hai lavorato alla sua realizzazione e come sei riuscito ad unire personaggi, protagonisti, fatti di quella gara?
Molti anni, difficili da quantificare. Diciamo che la mia testa ha lavorato in maniera permanente e per quanto riguarda l’organizzazione di tutto ciò ho avuto varie idee. Inizialmente volevo partire direttamente dal racconto della gara per poi illustrare man mano le storie dei protagonisti ma mi sembrava un meccanismo troppo scontato. Poi ho deciso di presentare le storie in parallelo sino a ricongiungerle e incrociarle all’interno dello stadio Sarriá, teatro di quella gara. Il libro, sotto questo aspetto, è un vero contenitore di storie concatenate tra loro e che conducono a quel fatidico 5 luglio.
Cosa ti ha più colpito, che è emerso dalle tue ricerche, tra i numerosi materiali che hai raccolto nello scrivere questo libro?
È forse stata la parte più giornalistica, d’indagine, che riguarda l’evoluzione del marketing e del mondo pubblicitario che da quel mondiale esplose. Nel 1982 infatti iniziò a prender piede il business legato al calcio e quella fu una gara particolare perché fu al centro di un torneo che rappresentò un punto di svolta in questo senso.
<em>La partita - Piero Trellini</em>
<em>624 pagine</em>
<em>20 euro</em>
Alessandro Creta