Li chiamavano “planters”. Erano uomini, donne e soprattutto famiglie, che spinti dalla voglia di altrove e affascinati dai racconti intorno alle “isole del sole”, decidevano di lasciare i freddi Paesi del Nord Europa e dell’America per approdare ai Caraibi.
Fu così anche per la famiglia Lawaetz che, alla fine dell’Ottocento, si trasferì dalla Danimarca sull’isola di St. Croix, una delle Piccole Antille Danesi, divenute poi Isole Vergini Americane, quando nel 1917 passarono agli Stati Uniti.
Nel 1964 Erik Lawaetz – nonno delle attuali discendenti della famiglia – acquistò e valorizzò nella vicina isola di St. Lucia, Balenbouche Estate (www.balenbouche.com), una vasta proprietà tra la foresta e il mare. I Lawaetz crearono qui una vera comunità agricola nella quale furono direttamente coinvolti numerosi agricoltori locali. Ciò contribuì a stabilire un clima amichevole e operoso con la popolazione, inizialmente molto diffidente.
Oggi alla testa di questo progetto c’è Uta Lawaetz, la nuora di Erik, di origine tedesca, che con l’aiuto delle due figlie – Verena e Anitanjia – e seguendo l’evoluzione dei tempi, ha dato un nuovo impulso a Balenbouche. Accanto all’attività agricola e di allevamento è stata infatti avviata con successo quella dell’ospitalità.
Uta, mettendo a profitto la sua creatività e la vasta esperienza acquisita nel campo del design e dell’architettura, ha rinnovato nel pieno rispetto della tradizione coloniale, la Casa Patronale – vero fiore all’occhiello della proprietà. Invece i cinque edifici più piccoli, sparsi nel verde e un tempo alloggi del personale, sono stati trasformati in altrettanti cottages destinati agli ospiti. La stessa piantagione biologica è stata ingrandita e migliorata. Oggi, tra le differenti colture, nascono qui noci di cocco, banane, frutti del pane, papaie, manghi…
La frutta e i legumi coltivati nella tenuta sono preparati e serviti nel ristorante della guest house. Balenbouche, immersa nella quiete assoluta e circondata dalla tipica vegetazione tropicale, regala una piacevole sensazione di pace e benessere. Passeggiando si scoprono reperti e testimonianze che raccontano il passato di questo luogo. Lungo il fiume che l’attraversa, c’è un sentiero che porta alla spiaggia. Qui, nascosto tra gli alberi appare un antico mulino ad acqua utilizzato un tempo nella lavorazione della canna da zucchero, tradizionale attività di St. Lucia.
Negli ultimi anni, con la crescita del turismo, il nord di St. Lucia ha conosciuto, come altre Antille, uno sviluppo spesso incontrollato. Nuove costruzioni sono sorte soprattutto lungo la costa occidentale, nei dintorni della capitale Castries e dell’aeroporto George FL Charles. Il sud dell’isola, dove si trova Balenbouche, è rimasto invece immune da questo fenomeno espansivo ed ha conservato i caratteri del mondo contadino e della pesca.
La strada costiera scorre lentamente tra caseggiati rurali e villaggi di pescatori, aprendosi con ampi orizzonti sul mare.
St. Lucia, l’isola delle due lingue
Arrivando si nota subito una curiosità: mentre la lingua parlata è l’inglese, tante parole in uso, i nomi dei luoghi e degli abitanti sono chiaramente di origine francese.
Si tratta di un retaggio dell’alternarsi tra inglesi e francesi nel dominio dell’isola attraverso gli annosi conflitti tra i due Paesi. Il clima di belligeranza durò fino al 1814 quando il “Trattato di Parigi” sancì definitivamente la sovranità inglese sull’isola. Ma i tratti culturali francesi, con le tradizioni più radicate, sopravvivono ai tempi.
L’importanza strategica di St. Lucia è stata sempre legata al profondo porto naturale di Castries, capace un tempo di assicurare un ottimo ancoraggio alle flotte navali, così come oggi alle grandi navi da crociera. Dal 1979 St. Lucia è Stato indipendente nell’ambito del Commonwealth. Per questo la Regina d’Inghilterra è Capo dello Stato, rappresentata qui da un Governatore Generale.
L’isola è stata popolata fin dai tempi antichi. I primi abitanti di cui si hanno notizia furono gli Arawak, intorno al III secolo d.C., seguiti successivamente dai Caribi. Il primo europeo ad approdare a St. Lucia fu invece, nel 1500, il navigatore spagnolo Juan de La Cosa, già pilota e cartografo di Cristoforo Colombo, oltre che autore del primo Mappamondo che mostra le terre del Nuovo Mondo.
Sull’isola vive attualmente una popolazione di circa 180.000 abitanti costituita da una miscela di etnie diverse per provenienza, costumi, lingue e religione. La cultura creola, di chiara origine africana, è quella che meglio caratterizza i molti aspetti della vita quotidiana e che si manifesta in particolare nelle feste tradizionali.
L’appuntamento più atteso è l’ultimo sabato di ottobre, quando si celebra il “Creole Day”. Questa è l’occasione per scoprire le tipicità del mondo creolo, dall’artigianato alla musica, dal cibo ai costumi. Ancora oggi il centro dell’isola, prevalentemente montagnoso e difficile da penetrare, è ricoperto da una vasta foresta pluviale, un manto verde che si estende a perdita d’occhio oltre il filo dei monti. Molte aree sono state elette a “Riserva Naturale” per la salvaguardia del suo habitat originale.
Sorprendente è la varietà protetta delle piante e della fauna tropicale, spesso endemiche. Tra i luoghi più interessanti: la “Frigate Island Natural Reserve” che occupa una vasta zona lunga la costa atlantica; la “Maria Island Natural Reserve” che si trova nel sud dell’isola nei pressi Vieux Fort; le “Diamond Falls” che sono invece a Soufriere, la città più caratteristica di St. Lucia. Ed inoltre la riserva della “Forest Edmund” accessibile dal Fond St. Jaques.
L’attività vulcanica ha lasciato nel tempo una forte impronta nel territorio. Dalle formazioni di “Gros e Petit Pitons”, Patrimonio dell’Umanità e icone del Paese, ai gayser delle “Sulphur Springs” che producono un’acqua calda dalle rinomate proprietà terapeutiche.
A cura di Raffaele Bernardo