Già da alcuni mesi si sta svolgendo la Mostra Internazionale di Architettura, la cui curatela è stata affidata a due donne: Yvonne Farrell e Shelley McNamara. Il loro studio dublinese, Grafton Architects, nel corso del tempo, ha ricevuto svariati premi e riconoscimenti. Come il World Building of The Year nel 2008, per il progetto del nuovo Campus dell’Università Bocconi di Milano, e il Jane Drew Prize nel 2015. Questo award, nello specifico, gli fu conferito con la motivazione di non aver avuto paura di parlare in un linguaggio femminile, realizzando al contempo edifici robusti e pieni di convinzione. È assegnato annualmente dall’Architects’ Journal a coloro che, per l’appunto, si sono contraddistinti nel campo dell’architettura, dimostrando spirito innovativo e d’inclusione, e tutto ciò deve aver di certo incentivato il Presidente della Biennale, Paolo Baratta, ad affidargli la guida della XVI edizione della mostra.
Le due donne fungono da trait-d’union con la precedente rassegna diretta dal cileno Alejandro Aravena, ma si concentrano soprattutto sullo spazio, pubblico e privato, e sulla sua qualità. Il titolo è infatti “Freespace” e il punto di partenza è il manifesto omonimo diffuso nel 2017. Quest’ultimo, come riconoscono le curatrici, ha rappresentato un valido punto di riferimento nell’organizzazione di una mostra di così vaste dimensioni.
L’esposizione è articolata tra l’Arsenale, il Padiglione Centrale ai Giardini e il centro storico cittadino, anche grazie ad una serie di eventi collaterali. Per di più saranno presenti, per la prima volta nella storia della Biennale, 6 paesi: Libano, Guatemala, Antigua & Barbuda, Arabia Saudita, Pakistan e la Santa Sede.
È proprio nei Giardini Napoleonici, altresì chiamati “giardini della Biennale”, che vengono allestiti i padiglioni espositivi delle diverse nazioni partecipanti alla rassegna. Sono il polmone verde della città con le loro palme e platani, e costituiscono un valido riparo in cui rifugiarsi fuori dal centro, assediato dai turisti, e riprendere fiato nella corsa tra un padiglione e l’altro. L’esposizione del Vaticano è stata collocata sull’isola di San Giorgio Maggiore.
Non lontano dai giardini si trova l’isola di Sant’Elena, intitolata alla madre dell’imperatore Costantino, alla quale fu attribuita la scoperta della croce di Cristo. L’isola, sulla quale sorge l’ombroso Parco delle Rimembranze, è una piccola oasi urbana, raggiungibile ovviamente tramite vaporetto. In ogni caso, il termine ultimo per visitare la mostra è il 25 novembre.
Dal 28 settembre al 7 ottobre si terrà invece il 62esimo Festival Internazionale di Musica Contemporanea, intitolato “Crossing the Atlantic” che, come lascia chiaramente intendere, sarà imperniato sulle mescolanze musicali tra le Americhe e l’Europa. Nel programma trova spazio il tango di Astor Piazzolla, il pianismo d’avanguardia di Margaret Leng Tan, apripista nell’arte del pianoforte giocattolo, le performance di Victor Wooten e di Keith Jarrett, il quale sarà insignito del Leone d’Oro alla carriera.
La Biennale di Musica è stata la prima manifestazione ad essere aggiunta all’Esposizione Internazionale d’Arte fondata nel 1895, che da allora non ha mai smesso di arricchirsi. Infatti, hanno fatto seguito: il cinema, il teatro, l’architettura e la danza. Il fine comunque è rimasto invariato: promuovere a livello planetario le nuove tendenze artistiche, dando spazio alle sperimentazioni e alle nuove avanguardie.
Conclude invece la sua avventura l’8 settembre la 75esima Mostra Internazionale d’arte cinematografica, diretta da Alberto Barbera. La rassegna veneziana è una delle vetrine più ambite del panorama europeo, accanto ai Festival di Cannes e Berlino, e si articola in varie sezioni: Venezia 75, Fuori Concorso, Orizzonti, Venezia Classici, Sconfini (non competitiva) e Venice Virtual Reality.
In contemporanea si svolge l’esposizione allestita con materiali dell’archivio storico della Biennale, sulla storia della Mostra del Cinema presso l’Hotel Des Bains al Lido. Un modo per riportare alla luce le tappe significative del più antico festival del cinema al mondo, attraverso documenti, filmati, foto e materiali inediti.
L’hotel è un edificio storico del Lido di Venezia, inaugurato nel 1900, e già allora poteva essere annoverato tra i più lussuosi della laguna, vantando telefoni, ascensori, frigoriferi, illuminazione elettrica, acqua potabile e toilette private: tutte cose eccezionali per l’epoca. Nel corso della sua esistenza ha attraversato momenti felici e momenti tutt’altro che facili (ad esempio durante la seconda guerra mondiale), restando sempre un simbolo della città. Anche se oggi è in fase di ristrutturazione, il cospicuo investimento di una società britannica fa sperare nella sua riapertura stimata per il 2022.
Tornando alla gara, tra i capolavori restaurati nella categoria Venezia Classici saranno presentati “Il posto” di Ermanno Olmi, recentemente scomparso, “A qualcuno piace caldo” di Billy Wilder e tanti altri ancora. La giuria, composta da 26 studenti delle scuole di cinema e capitanata dal regista Salvatore Mereu, assegnerà ad uno tra questi il premio per il Miglior Film Restaurato e il Premio per il Miglior documentario sul cinema. Presiede invece la giuria per l’assegnazione del Leone d’oro per il miglior film Guillermo del Toro.
Spetta all’attore Michele Riondino, volto del “Giovane Montalbano” in tv e dell’altro romanzo di Andrea Camilleri “La mossa del cavallo”, condurre le serate di apertura e chiusura del Festival, quando nella Sala Grande del Palazzo del Cinema, si assegneranno gli ambiti Leoni e i restanti premi ufficiali della Mostra. Possiamo già dire che è David Cronenberg ad essersi aggiudicato il Leone d’oro alla carriera di questa edizione, per tutti gli altri sono aperte le scommesse.
Se l’arte, che sia la musica, il cinema o l’architettura, appaga la fame dello spirito, non si può dire altrettanto dello stomaco. Per questo, una volta arrivati a Venezia, è bene dedicare del tempo anche a un tour della città che comprenda qualche piccolo peccato di gola. Essendo una città lagunare, il pesce non può mancare sulla tavola dei veneziani. La frittura mista alla veneziana è un must, così come le sarde in saor, le moleche e le masanete, perfette per un aperitivo croccante. E se parliamo di aperitivo, parliamo di bollicine.
Non tutti sanno che la Regina dell’Adriatico è la patria di uno dei cocktail più amati di tutti i tempi: lo spritz. Il nome deriva dal tedesco «Spritzen», ovvero spruzzare, e infatti il drink fu importato nella Serenissima dai soldati austriaci di istanza nella città durante il periodo dell’occupazione. Dopo qualche aggiustamento, ecco qua l’unico e inimitabile spritz veneziano.
Per concludere in dolcezza, dopo ore di file estenuanti tra stand e padiglioni, incontri e proiezioni di film, le “fritole” sono tutto ciò che ci vuole per riprendersi dallo stress della Biennale. Sono molto più che un dolce, sono una colonna portante della cucina veneziana, al punto tale che coloro che le preparavano avevano anche un nome specifico, i “fritoleri”. Perché i veneziani lo sanno, la cucina è una cosa seria. Pur essendo delle frittelle tipicamente di Carnevale, non è difficile trovarle in pasticceria tutto l’anno.
Insomma, a Venezia l’arte viene onorata a 360°, dal red carpet alla cucina, dai celebri monumenti storici agli angoli di natura. Perché mai come durante il periodo della Biennale va rispettata la massima di Giovenale: «mens sana in corpore sano», più o meno.
Beatrice Vecchiarelli