Vent’anni fa, il 15 luglio 1997, a Miami Beach, la mano di un serial killer spegneva per sempre il bagliore di un talento italiano che con la sua ispirazione aveva cambiato per sempre la storia della moda e del costume. Gianni Versace, il re del Fashion, il personaggio carismatico responsabile dell’apertura delle liturgie dell’Alta Moda al grande pubblico come fenomeno di massa, della creazione delle “modelle icona” e del lancio di uno stile moderno e dirompente rispetto ai canoni vigenti fino ad allora in passerella, cadeva sotto i colpi di pistola di Andrew Cunanan, freddato a tradimento sugli scalini all’ingresso della sua villa in Florida, tempio accogliente per una corte di amici celebri e affezionati.
Aveva solo cinquant’anni Versace e si trovava al culmine della sua carriera e della sua popolarità: di solito era un suo assistente a percorrere il breve tragitto tra la villa e il bar edicola, ma quella mattina lo stilista decise di occuparsi personalmente dell’acquisto dei giornali. Cunanan figurava nella lista dei dieci criminali più ricercati degli Stati Uniti, a causa degli omicidi di quattro uomini compiuti nell’aprile di quell’anno: aveva già ammazzato infatti un ex ufficiale di marina con un martello e un suo ex amante architetto a colpi di pistola, a Chicago un agente immobiliare con un cacciavite e in New Jersey il custode di un cimitero, nuovamente con una pistola. La mattina del 15 luglio, Cunanan esplose due colpi di pistola contro Gianni Versace, colpendolo alla testa e uccidendolo all’istante, per poi scappare su un furgone rubato a una delle sue vittime.
Il caso destò scalpore in tutto il mondo, perché coinvolgeva uno dei più potenti personaggi dello show business: la polizia in un primo momento ipotizzò addirittura che si trattasse di un omicidio ordinato dalla mafia, per via di un uccello morto trovato sul posto, ma in seguito si appurò essere morto per un frammento di proiettile. Nove giorni dopo l’omicidio, in una casa galleggiante a Miami, Cunanan si sparò alla tempia con la stessa pistola usata per uccidere lo stilista. Nessun legame tra lui, cremato senza autopsia dopo il suicidio, e Versace, il cui corpo fu anche cremato e sepolto vicino al lago di Como. Il secondo appuntamento con American Crime Story, la serie antologica di Showtime partorita dalla mente geniale di Ryan Murphy, dopo la fortunata esperienza della prima season, incentrata sul processo al campione di football e attore O.J. Simpson, racconterà proprio il caso clamoroso della morte dello stilista italiano.
American Crime Story si propone di ripercorrere un diverso caso di cronaca in ogni stagione: “The People v. O.J. Simpson”, appunto, ha affrontato il processo mediatico che ha coinvolto l’atleta afro-americano, processato e incredibilmente assolto per gli omicidi dell’ex moglie Nicole Brown e del giovane Ron Goldman, guadagnandosi ben 9 Emmy Awards, 2 Golden Globes e una audience record di 13,2 milioni di spettatori negli Usa. Successo enorme per FX, tanto che sono già state annunciate una terza e quarta stagione, dedicate rispettivamente alla tragedia dell’uragano Katrina a New Orleans (nel cast Annette Bening, Matthew Broderick e Dennis Quaid nel ruolo di George Bush) e al caso Monica Lewinsky. In questo secondo capitolo, il ruolo di Gianni Versace verrà interpretato da Edgar Ramìrez (Carlos, La ragazza del treno), mentre la sorella Donatella avrà il volto di Penélope Cruz (Vanilla Sky, Blow). Darren Criss (Glee) vestirà i panni di Cunanan e ritroveremo anche alcuni dei protagonisti della prima stagione: John Travolta, Sarah Paulson, Cuba Gooding Jr. e Courtney B. Vance, infatti, dovrebbero comparire nel primo dei nuovi episodi, diretto dallo stesso Murphy. Il cast stellare è completato dalla partecipazione del cantante Ricky Martin nel ruolo di Antonio D’Amico, il modello compagno di Versace fino alla fine.
La seconda stagione vanterà un’altra collaborazione molto speciale: l’attore Matt Bomer, volto di White Collar, è infatti un frequente collaboratore di Ryan Murphy, che lo ha voluto come interprete in Glee, American Horror Story (Freak Show e Hotel), The New Normal e The Normal Heart, ma questa volta il coinvolgimento dell’attore americano sarà diverso. TV Line rivela infatti che Bomer dirigerà un episodio della serie, l’ottavo, si tratterà del suo esordio alla regia. Recentemente, Murphy ha spiegato che la serie legata a Versace sarà molto diversa da “The People v. O.J. Simpson”: “O.J. era maggiormente uno show di interni. Abbiamo trascorso molto tempo nell’aula giudiziaria. Qui, invece, attraversiamo il paese. È una caccia all’uomo… vasta e di ampio respiro”. I primi due episodi saranno diretti dallo stesso Ryan Murphy e scritti da Tom Rob Smith, romanziere che ha debuttato come sceneggiatore nella serie London Spy della BBC. Lo show sarà basato su “Vulgar Favors – Andrew Cunanan, Gianni Versace and the Largest Failed Manhunt in U.S. History” di Maureen Orth, giornalista di Vanity Fair che si occupò del caso.
E sempre sulle pagine di Vanity Fair, Penelope Cruz ha svelato alcuni retroscena sul suo ruolo nella serie, il primo così importante per la TV. “Fino alla proposta di Ryan Murphy non c’erano state offerte davvero competitive rispetto al cinema. Mi piace come lavora Ryan anche perché, nonostante le difficili tematiche che affronta, è sempre delicato, mai morboso. Altrimenti, non avrei accettato” ha dichiarato la Cruz, molto coinvolta in questa interpretazione, perché legata da un rapporto di amicizia intima proprio con Donatella Versace. “Forse uno dei ruoli in cui ho sentito di più il peso della responsabilità. Conosco bene Donatella, ho grande ammirazione per lei, è una donna affettuosa e carismatica” – ha continuato l’attrice spagnola – “La prima cosa che ho fatto quando me lo hanno proposto è stato telefonarle. Una lunga chiacchierata, molto personale. Adesso, per me, la cosa più importante è che quando vedrà la serie le piaccia”. “The Assassination of Gianni Versace: American Crime Story” debutterà negli Stati Uniti nel primo trimestre 2018, per poi arrivare successivamente in Italia. L’attesa e le aspettative di critica e pubblico sono altissime: desiderare un nuovo affresco potente e di impatto sulla fine di una delle più importanti icone italiane degli ultimi trent’anni è tutto fuorché un crimine.