Una lunga vita, una sfida costante a superare i limiti della creatività, un premio che la sorte ha riservato al genio di Ettore Sottsass. Una prova accettata di buon grado e un’esistenza spolpata fino all’osso.
Architetto, designer, e molto altro. Sottsass venne incarcerato in un campo di prigionia in Montenegro, sposò Fernanda Pivano prima e la critica d’arte e giornalista Barbara Radice poi, scrisse e inventò riviste, disegnò gioielli, fotografò qualsiasi cosa. Come pittore, fece parte del MAC (Movimento Arte Concreta), partecipando nel 1948 alla prima rassegna collettiva a Milano e nello stesso anno fu tra i promotori della mostra tenuta a Roma sull’Arte astratta in Italia, per poi aderire allo Spazialismo.
Ceramica, smalto su rame, vetro – come per le forme eseguite nel 1975 in limitata tiratura dalla vetreria muranese Vistosi per Artemide – è impossibile definire una priorità di forme d’arte e supporti che valga la pena ricordare. Di certo, se non altro che per dare giustizia alle sue stesse parole, non possiamo limitarci alla Valentine, una delle macchine da scrivere più famose della Olivetti.
Proprio della rossa portatile con cui nel 1970 vinse il Compasso d’oro disse: «ho lavorato per sessant’anni della mia vita e sembra che l’unica cosa che ho fatto sia quella cazzo di macchina da scrivere rossa».
Fu, in effetti, l’artefice della fortuna di Olivetti, ma non solo. Protagonista dei movimenti radical d’avanguardia del Novecento, Alchimia e Memphis, Ettore Sottsass nella sua carriera disegnò oggetti che scrissero la storia del Made in Italy e che tuttora determinano le tendenze del gusto internazionale.
Una missione: contrastare lo stile minimale dell’epoca. Come negarlo, guardando la sua produzione fatta di colori e linee audaci ispirate
all’art déco, al kitsch e alla pop art, in completo contrasto col design patinato del tempo. Molto più che oggetti, ma simboli portatori di memoria, di affettività, di emozionalità. Alla lampada Tahiti, realizzata nel 1981, con il profilo che ricorda quello di un piccolo uccello dal lungo becco, va il merito di aver riconciliato la produzione industriale con l’arte e la poesia. Forme geometriche primarie (un parallelepipedo bianco decorato con motivi “a bacterio” neri come base, un altro parallelepipedo giallo come fusto, un cilindro rosa come capo, ancora un parallelepipedo rosso come becco) che si mescolano in modo da trasformare la rigorosa astrattezza delle geometrie in un tutto organico e ludico.
Anche Carlton, la celebre libreria disegnata da Ettore Sottsass sempre nel 1981 e prodotta dal gruppo Memphis, con la sua forte identità simboleggia un periodo storico, un oggetto-simbolo del postmoderno oggi conservato in svariate collezioni permanenti dei più rappresentativi musei del mondo. Forme insolite e anticonvezionali, arditi accostamenti di colori che hanno riempito di un significato nuovo la parola design.
CENT’ANNI DI SOTTSASS
Nel 1979 Ettore Sottsass donò allo CSAC – Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma quasi 14.000 materiali progettuali e 24 sculture. Nel centenario della nascita dell’autore, proprio a partire da questa preziosa donazione, lo CSAC ha promosso un importante progetto espositivo ed editoriale. 700 pezzi selezionati all’interno dell’archivio e allestiti secondo una struttura narrativa cronologica (a partire da un disegno infantile del 1922), che fa emergere alcune costanti visive e metodologiche dell’autore interpretando il percorso espositivo dell’Archivio-Museo CSAC. Il titolo della mostra, “Ettore Sottsass. Oltre il design”, rimanda infatti alla pratica di lavoro propria di Sottsass, che travalica la specificità della sua attività di designer verso una visione più allargata, in cui il disegno ha una centralità assoluta, come strumento di progettazione ma prima e soprattutto come momento di riflessione e di verifica formale.
La mostra occuperà fino all’otto di aprile i suggestivi spazi dell’Abbazia cistercense di Valserena, sede dello CSAC. Per celebrarlo e ricordarlo nei cento anni dalla nascita- il 14 settembre del 1917- sono state organizzate molte altre cose in tutto il mondo. Tra queste “There is a Planet”, una monografica a cura di Barbara Radice, moglie del maestro, alla Triennale di Milano fino all’11 marzo. Il titolo della mostra, e del libro è quello di un progetto di Sottsass di inizio anni ’90 per l’editore tedesco Wasmuth, mai realizzato. Il progetto del libro,
ora edito da Electa, raccoglieva in cinque gruppi, con cinque titoli diversi e altrettanti testi, fotografie scattate da Sottsass nel corso
dei suoi viaggi intorno al mondo: foto di architetture, case, porte, persone, situazioni che riguardano l’abitare e in generale la presenza
dell’uomo sul pianeta. Il corpo principale della mostra, in nove stanze, si articola intorno a nove temi individuati a partire dalla lettura dei volumi di archivio che raccolgono gli scritti di Sottsass.
Ogni tema/ stanza e relativo gruppo di opere sono accompagnati da brevi citazioni di scritti per seguire da vicino il percorso del suo impegno e della sua poliedrica, vasta attività: architettura, disegno, design, fotografia, pittura, oggetti, mobili, sculture, vetri, ceramiche, attività editoriale, scritti. Lungo le pareti della Galleria da cui si accede alle stanze, da una parte sono in mostra opere contestuali ai temi delle stanze, dall’altra una scelta di fotografie all’origine del progetto del Maestro. In mostra anche una raccolta inedita di fotografie dei primi anni ’60 intitolata “Le ragazze di Antibes”. La mostra è resa possibile anche grazie alla collaborazione e al prestito di istituzioni e collezionisti pubblici e privati come il Centre Pompidou e la Bibliothèque Kandinsky di Parigi, il CSAC Centro Studi e Archivio della Comunicazione di Parma, la Galerie Bruno Bischofberger di Männedorf e The Gallery Mourmans di Maastricht.