In una scena del film di Paolo Sorrentino “Youth – La giovinezza”, Harvey Keitel è impegnato a spiegare a una giovane sceneggiatrice come cambia la visione delle cose in gioventù e in vecchiaia. Per farlo utilizza la metafora di un binocolo, mostrando come in gioventù lo si utilizzi correttamente vedendo molto vicino ciò che inquadriamo – il futuro, mentre in vecchiaia lo si usi al contrario, vedendo lontanissimo il passato. Un ragionamento che non fa una grinza se si pensa al caso di Marino Golinelli, imprenditore emiliano 96enne dall’animo giovane, molto più di quello che si riscontra in colleghi di generazioni successive: la sua, infatti, è una visione della vita costantemente rivolta in avanti, proiettata verso un futuro che sa essere imminente e che per questo dev’essere interpretato e compreso.
Perché anche se di strada ne è stata fatta tanta, questo self-made man non sembra intenzionato a riposarsi. Proveniente da una famiglia povera della bassa modenese, Golinelli ha fondato da solo, dopo la laurea in farmacia, la sua prima azienda, inizio di un percorso che l’ha portato a creare quella che oggi è l’Alfa-Sigma, colosso farmaceutico da 900 milioni di euro di fatturato. Appassionato d’arte e di cultura, nel 1988 dà vita a Bologna alla Fondazione Golinelli, esempio unico in Italia di fondazione privata totalmente operativa e ispirata al modello delle fondazioni filantropiche americane. Una vera e propria cittadella della cultura aperta ai giovani che ha visto un ampliamento nel 2015, quando è stato battezzato l’Opificio Golinelli, aperto in quella che un tempo era la Fonderia Sabiem. Ma i cambiamenti non finiscono qui: l’11 ottobre 2017, giorno del 97esimo compleanno di questo imprenditore mecenate, aprirà un’altra ala della fondazione, il Centro Arti e Scienze Golinelli. Questa struttura, progettata da Mario Cucinella, sorgerà sull’area antistante l’Opificio, a completare, con una forte caratura artistica e simbolica, la cittadella che si occupa in maniera integrata di educazione, formazione e cultura per favorire la crescita intellettuale ed etica dei giovani e della società e con l’obiettivo di contribuire allo sviluppo sostenibile del nostro Paese. Un obiettivo che sposa appieno Antonio Danieli, dal 2011 Direttore Generale della Fondazione. Un impegno che porta avanti in maniera sentita e appassionata, forte delle sue esperienze in ambito di imprese sociali, no profit e filantropiche. Con lui abbiamo fatto il punto della situazione per capire cosa aspettarci dalle novità in programma della Fondazione.
Quali saranno le attività in programma nella nuova ala dell’Opificio Golinelli, il Centro Arti e Scienze?
Il tema dell’arte e della scienza è uno dei cardini della Fondazione Golinelli. Ci siamo sempre posti il problema del futuro che avanza, cercando di indagarlo attraverso le connessioni tra arti e scienze. Nell’ambito del piano di sviluppo previsto dal nostro ultimo progetto, l’Opus 2065, era fondamentale trovare un luogo che andasse a completare l’Opificio Golinelli, che dialogasse con tutte le altre aree. Il Centro nasce come contenitore progettuale di iniziative come mostre, laboratori ed esposizioni, ma sarà anche un luogo di ricerca. Quindi da un lato c’è l’attività culturale, che avrà l’obiettivo di coinvolgere personalità a livello internazionale per riflettere sul futuro dell’essere umano (stimolandone anche la creatività), dall’altro lato ci sono sempre l’attività educativa e formativa. Lo scopo che ci prefiggiamo è quello di tracciare in questo Centro i percorsi umani su cui ci stiamo muovendo per stimolare poi le attività formative e i contesti imprenditoriali che svilupperemo nell’Opificio. Un obiettivo dunque evocativo ma anche concreto: cultura di alto livello, istruzione e formazione e stimolo all’imprenditorialità.
La vostra attività è molto focalizzata sul futuro appunto, tesa a immaginarlo e a interpretarlo. In che modo la Fondazione può preparare i giovani che frequentano i suoi spazi ad affrontarlo al meglio?
Ci sono due dimensioni: quella della ricerca e quella della formazione. Per noi sono strettamente interconnesse. La Fondazione ha una serie di attività che riguardano dai più piccoli ai giovani universitari. Cerchiamo di accompagnare la crescita di questi ragazzi. L’attività di ricerca che facciamo ha per noi quasi l’obiettivo di codificare una nuova disciplina. Nel campo dell’arte e scienza stavamo aspettando il tempo giusto per creare un dottorato di ricerca in questo settore: non c’è una disciplina oggi che ci permetta di creare una scuola di questo tipo, ed è per questo che stiamo impostando un percorso di approfondimento con alcune personalità che un domani possa portarci alla fondazione di un’accademia di pensiero, qualcosa che possa essere simile a un centro di ricerca di stampo culturale. Tutto ciò si lega al lavoro di educazione che portiamo avanti, che unisce le esperienze teoriche a quelle di laboratorio, più concrete. Questa nostra visione è abbastanza nuova in Italia, nuova e necessaria.
Secondo lei c’è una lacuna da parte dell’istituzione scolastica nella formazione dei nostri giovani?
Fondazione Golinelli ha 30 anni di vita. Per tanto tempo, fino al 2015, la Fondazione ha avuto un approccio che si può dire sussidiario, tipico delle realtà filantropiche italiane. Dalla creazione dell’Opificio, però, la Fondazione ha deciso di non essere più sussidiaria, quindi di non dare più risposte alle lacune presenti nel sistema scolastico ma di sedersi a un tavolo con le istituzioni e di condividere con loro protocolli di lavoro per costruire percorsi concreti nel rispetto dei reciproci ruoli. Per noi ciò è fondamentale perché riteniamo di poter agire positivamente nel rispetto della dialettica pubblico-privato per lo sviluppo del nostro Paese. Inoltre, come Golinelli dice da 30 anni, ci si è resi conto che era necessario far evolvere il modo di insegnare che viene portato avanti da decenni. Entro nel merito dei contenuti più che altro: penso ad esempio all’importanza di divulgare la cultura digitale. Anche gli insegnanti devono evolvere, sebbene ce ne siano tanti meritevoli, che devono essere supportati e aiutati. Forse direi che l’approccio scolastico tradizionale è un po’ troppo teorico: bisogna unire il saper fare al fare. I contenuti cambiano rapidamente, l’essere umano invece, con le sue peculiarità e la sua immaginazione, no: dobbiamo lavorare molto su questi aspetti.
Cosa possiamo aspettarci dalla struttura del Centro Arti e Scienze ideata dall’architetto Mario Cucinella?
Mario ha capito sin da subito quali erano i nostri obiettivi. La sua cifra stilistica si combina da sempre alla sostenibilità sociale, ambientale ed economica. Quando parliamo di futuro, pensiamo a un futuro sostenibile, e quindi culturalmente parlando ci siamo rivolti a lui in automatico. Il centro doveva unire una semplicità strutturale con una potenza evocativa dell’intera realtà della Fondazione. Il luogo da ideare doveva essere flessibile e adatto alle più diverse funzioni. La metafora di un cuore interno contenuto in una struttura reticolare esterna è sicuramente molto forte ed è la cifra simbolica della nostra Fondazione: un continuo work in progress perché la nostra missione è quella di una perenne tensione verso un rinnovamento e verso la ricerca. Siamo davvero soddisfatti del concept proposto da Mario.
Tra le ultime novità c’è anche la nascita del Fondo Utopia. Di cosa si tratta?
Questo Fondo nasce con un obiettivo specifico: quello di sostenere le nuove attività imprenditoriali nell’ambito di salute e benessere, con alcune particolarità che speriamo possano aprire nuove strade rispetto a quelle percorse finora. Da un lato quindi è uno strumento finanziario, ma dall’altro una dimensione formativa di queste startup, startup che non sono solo di ambito digitale, ma che parlino anche di ricerca scientifica. Inoltre vorremo cercare non solo di trattenere in Italia i nostri “cervelli”, ma anche di attrarne altri dai vari Paesi, costituendo una sorta di Silicon Valley Made in Italy. Abbiamo trovato in Principia Sgr un partner ideale e molto attento a questo tipo di visione. Sogniamo che nell’Opificio Golinelli ci sia sempre più un humus culturale che si contamini e che crei un ambiente abilitante per accelerare lo sviluppo.