Oggi si fa un gran parlare di innovazione, si aspira all’eccellenza in ogni azione quotidiana, dallo scrivere un post sui social al farsi il caffè e si venera il simbolo di tutto ciò che rappresenta il progresso, il cambio della guardia, il comando delle nuove leve: la start-up.
Siamo abituati a sentire nomi e notizie provenienti da tutto il mondo. I pessimisti pensano “Questo in Italia non si farà mai”, gli ottimisti “Magari si potrà fare anche in Italia”. Entrambi avrebbero torto: si fa e qui in Italia.
Il nome dell’innovazione italiana è Riccardo Donadon, classe 1967, trevigiano, sposato con 3 figli.
Ribelle e irrequieto, cambia pelle come i serpenti: qualche anno a Psicologia a Padova, collabora con il padre all’attività di famiglia, poi si fa tentare dal Gruppo Benetton per guidare la creazione di un gruppo di lavoro che racconti online la realtà sportiva del gruppo, a patto di poter realizzare una propria idea di vetrina virtuale per le aziende, il progetto che diventerà “Mall Italy Lab” (www.mall.it – ceduto con successo nel 1999 a Infostrada e ancora oggi presente come area commerciale nel portale Libero.it).
Dopo Benetton inizia la rincorsa del sogno digitale: con le 8 persone che lo avevano accompagnato nell’avventura Mall, fonda la società di servizi via internet E-TREE (www.e-tree.com), che raggiunge i 26 miliardi di lire di fatturato già nel terzo bilancio con un ottimo utile netto e 160 dipendenti, per poi essere ceduta al 100% al gruppo Etnoteam nel 2001.
Nel gennaio 2005 Donadon fonda H-FARM, collocandola di proposito in alcuni casali nell’immensa tenuta di Ca’ Tron di fronte alla laguna di Venezia: H-FARM è il primo venture incubator privato italiano nato con l’obiettivo di trasformare idee innovative in investimenti di successo, e la prima idea di successo sembra essere l’azienda stessa: in 9 anni ha investito circa 15,4 milioni di euro in 54 startup, ma il fatturato aggregato delle aziende supera i 30 milioni di euro.
La “fattoria di Ca’ Tron”, come la chiamano, ha chiuso il bilancio 2016 a 32,6 milioni , con una crescita di 7,5 milioni rispetto all’anno precedente.
Con lo stile poliedrico e mutaforma che lo caratterizza, Donadon ha trasformato anche il suo prodotto più famoso: da società d’investimenti in start-up e incubatore, infatti, H-Farm si è trasformata oggi in provider di servizi alle aziende e società di formazione.
E se la cardiode oscilla, è un effetto collaterale atteso. Tutto previsto. «L’ Ebitda negativo di 3 milioni di euro è in linea con le attese della società e le aspettative del mercato e coerente con il piano di investimenti presentato in sede di quotazione che prevede investimenti di quasi 6 milioni all’anno nel triennio 16/17/18». Diceva l’amministratore delegato di H-FARM a fine 2016.
Previsioni a parte, qui sono i numeri a parlare: le imprese ad oggi finanziate sono 92, per un valore complessivo di oltre 25 milioni di euro. «Ormai valutiamo solo soluzioni B2B, al fine di ampliare i servizi nuovi e interessanti che i clienti ci chiedono».
Notevoli anche i numeri relativi ad alcune delle partecipazioni del portafoglio di H-Farm: solo Depop, nel corso del mese di giugno, ha perfezionato un aumento di capitale, sottoscritto da parte di partner internazionali, che ha portato alla società 7,4 milioni di euro e ad oggi la partecipazione della società fully diluted è pari al 8,27%, con una valorizzazione della quota detenuta di 3,2 milioni; H-art, di cui H-Farm detiene una partecipazione del 9%, ha chiuso il 2016 con un fatturato superiore ai 22 milioni di euro e un utile ante imposte di 2 milioni; Travel Appeal (di cui Hfarm possiede il 25,96%) nelle scorse settimane ha concluso un importante aumento di capitale con alcuni “angel investors” stranieri che ha determinato una valutazione post-money della società di 6 milioni di euro.
Oggi H-Farm è una delle realtà più conosciute nell’ecosistema delle startup italiane, una “fattoria” dove si produce innovazione e si creano nuovi modelli di impresa. Pioniera tra le aziende, è stata la prima iniziativa al mondo che, in un’unica struttura, assimilava incubazione e accelerazione per le startup e aiutava le imprese tradizionali a digitalizzarsi. E’ un modello tutto italiano che è diventato per le altre aziende del territorio anche per la conquista di mercati internazionali, attenta alle realtà giovani, ma anche alle tradizioni, ha ospitato l’European Accelerator Summit, il più grande appuntamento internazionale del settore: l’azienda trevigiana, del resto, offre numerosi esempi di startup diventate imprese internazionali e di startup più recenti avviate verso una crescita conclamata.
Un modello dunque, un esempio, ma soprattutto una dichiarazione, più che di intenti, di successi: la dimostrazione che anche in Italia le cose si fanno. E possono riuscire bene.