Emmanuel Macron è stato definito “un quarantenne figlio del nostro tempo”, la risposta tutta francese all’ondata populista che rischia di dividere sempre di più l’Europa.
Trentanove anni, una carriera di enfant prodige e poca esperienza politica. Emmanuel Macron è il presidente più giovane della storia della repubblica francese ed è riuscito ad arrivare all’Eliseo senza il sostegno di partiti, ma con la sua creatura dal suggestivo nome ‘En Marche!’.
In pochi mesi Macron ha mandato a casa un sistema che sembrava immutabile e fondato su una scandita alternanza “destra gollista-gauche socialista”.
Ex banchiere Rotschild, ex consigliere di Francois Hollande all’Eliseo, ex ministro dell’Economia, è, insomma, l’uomo che ha decretato la rottamazione del bipolarismo.
Quella che ‘En Marche!’ ha promosso è una Francia “forte e solidale”, che punta sull’Europa, come realtà non da rinnegare, ma da rafforzare dandole centralità anche nella campagna politica per farla diventare un’unità reale nelle leggi di spesa e di sviluppo.
Del resto, la scelta di comparire la sera del 7 maggio sul palco del Louvre, a Parigi, dopo la sua elezione, sulle note dell’Inno alla gioia di Beethoven, l’inno ufficiale dell’Unione europea, non è di certo casuale, come non lo è stata quella dello slogan, dietro cui si cela la mente di Adrien Taquet, cofondatore dell’agenzia pubblicitaria Jésus et Gabriel.
Un messaggio chiaro è inequivocabile, con un mandato orientato verso una maggiore integrazione europea che, evidentemente, non è così temuta dai francesi.
Superando il dibattito tradizionale tra destra e sinistra e cambiando le regole del gioco, le forze scese in campo hanno regalato al Paese la possibilità di una nuova prospettiva, con nuovi equilibri all’interno di un mondo politico tradizionale sempre più distante dalla base e vittima di popolarità al ribasso, soprattutto a sinistra.
Nel frattempo abbiamo assistito anche ai primi passi del presidente sulla scena diplomatica.
Dal preannunciato ripristino dell’asse Parigi-Berlino a sostegno di un’alleanza rivitalizzata con la Germania a un primo approccio alla gestione delle operazioni militari nel mondo.
Il suo stile in fatto di politica estera è già stato ribattezzato con il nome di “diplomazia pragmatica”, di cui il migliore esempio è la serenità con cui ha detto in presenza di Vladimir Putin che i giornalisti di Russia Today e di Sputnik – due testate dipendenti direttamente dal Cremlino – hanno agito durante la campagna elettorale come “agenti di propaganda” diffondendo “controverità infamanti”, motivo per il quale le ha escluse dal quartier generale della sua corsa elettorale.
Il marchio EN MARCHE
Il segreto dell’entourage di Macron è stato quello di guardare al di là delle realtà nazionali, spingendosi verso una visione globale. Da qui l’ispirazione non poteva che essere quella dell’ascesa di Justin Trudeau, il premier canadese eletto nel novembre del 2015, che nel suo governo ha dato la priorità alle competenze e non alle logiche politiche: non è un caso che Agnès Buzyn, medico di professione, sia stato nominato ministro della Salute in Francia nel governo guidato da Edouard Philippe, andando a completare quell’ esecutivo che, secondo Taquet, “è fatto per andare oltre le legislative”, programmate per l’11 e il 18 giugno prossimo.
Con il premier canadese, del resto, le similitudini non mancano, a cominciare dall’età. Anche Macron è un uomo brillante, in grado di sedurre e far sognare e questo, al di là del puro gossip, è un aspetto che ormai abbiamo capito giocare un ruolo fondamentale anche in politica.
“In molti paesi d’Europa c’è una vera volontà di cambiamento del mondo politico. Lo dimostra il successo di Emmanuel Macron e quello di Pedro Sanchez in Spagna che ha sconfitto i ‘baroni’ del proprio partito. Le cose si muovono in Grecia ma anche in Italia”, rileva Taquet che ora è candidato alla carica di deputato nella seconda circoscrizione del dipartimento degli Hauts – de – Seine (regione Ile de France) con il ‘marchio’ che lui stesso ha contribuito a creare nel 2016.
La corsa accelera in vista delle elezioni legislative a cui il movimento del neo-eletto presidente partecipa con la lista ‘République En Marche’. La maggior parte dei candidati (52%) viene dalla società civile nel rispetto della piena parità tra i sessi: “214 uomini e 214 donne”, tutti con la “fedina penale pulita”. “Oltre la metà di loro – ha aggiunto il segretario Richard Ferrand – non ha mai esercitato un mandato elettivo”. L’età media “è di 46 anni, contro quella di 60 anni dei deputati uscenti”.
Una realtà che anche a distanza ha suscitato curiosità per un programma particolarissimo rivolto alle pensioni, al lavoro, ai sussidi, all’economia, alle imposte, all’ambiente, con le eccezioni di sanità e sicurezza. Uno sguardo molto attento alla dimensione economica, insomma, senza orizzonti di larga scala. Un programma innegabilmente convincente – lo conferma il 66,10% dei suffragi – che però non esclude gli interrogativi sul perché di un simile successo: è stata premiata la concretezza delle sue parole, oppure il mix di accenni di solidarietà (vedi pensioni o l’accoglienza dei profughi) e attenzione alle imprese?