A Bagdad la libertà si conquista a piccoli passi o, in questo caso, a ritmo di pedalate: Marina Jaber è il volto del nuovo Medio Oriente, quello che abbraccia il progresso
Lunghi capelli castani, leggings e sneakers ai piedi, un filo di trucco, molte foto sui social: Marina Jaber ha 25 anni, è laureata in Scienze dell’alimentazione, ma ha preferito seguire la sua naturale vocazione per la pittura. Fin qui una storia che non racconta nulla di diverso rispetto alle abitudini delle sue coetanee in tutto il mondo, se non fosse che Marina è nata a Bagdad, in una città dove i divieti posti alle donne rasentano il ridicolo.
L’Iraq, che secondo uno studio della Thomson Reuters del 2013 sui diritti delle donne nei Paesi arabi era in penultima posizione insieme all’Arabia Saudita e dietro soltanto all’Egitto, vede le donne come le principali vittime delle condizioni di povertà, violenza e discriminazione. Il loro ruolo in una società spiccatamente maschilista si limita alla cura dei figli e della casa, con la mancanza di formazione (la maggior parte delle donne è analfabeta) che si riflette nell’educazione che trasmettono ai propri figli.
Anche questo è il prezzo di una guerra che ha costretto gli abitanti a continui spostamenti e ha esposto ancora di più le donne ai traffici e alle violenze sessuali.
Così sono all’ordine del giorno i casi di donne aggredite per aver avuto atteggiamenti “moralmente scorretti”, tra cui rientrano anche pratiche quotidiane e banali come l’andare in bici.
Una pratica che costituisce da sempre un tabù per le donne, in primo luogo per vecchi luoghi comuni legati alla simbologia del sellino (che potrebbe portare a una perdita della verginità) e, in secondo luogo, per quel moto ondulatorio che troppo attirerebbe l’attenzione degli uomini.
Un veto che per Marina era diventato insopportabile «Quando ero piccola avevo una bici e passavo la maggior parte del tempo in giro — racconta —. Poi a 10 anni la mia famiglia me l’ha vietata. Al tempo non capivo perché. Poi più tardi ho intuito che me l’avevano tolta perché ero in procinto di diventare una donna». Così ha sfidato i pregiudizi contro le donne, gli sguardi esterrefatti degli anziani, il disappunto dei passanti e ha organizzato passeggiate in bicicletta, diventando la «piccola regina di Bagdad» che in pochi giorni ha conquistato più di 30 mila follower su Instagram grazie al suo coraggio.
È salita in sella e ha cominciato a percorrere sempre più chilometri lungo le strade della capitale, accompagnata da decine di giovani, donne ma anche uomini, che credono nella sua missione.
«Abbiamo incontrato tanta gente che ci ha fatto i complimenti — ha dichiarato Marina—. Sono molto felice, ho capito che la nostra società non è arretrata, la gente ci incoraggia».
Questa rivoluzione su due ruote non interessa, però, solo l’Iraq, che è l’ultimo paese incluso nelle rotte delle pasionarie della biciletta: dalle ragazze egiziane di “Go Bike”, al gruppo siriano “Yalla Let’s Bike”, il mondo arabo pedala verso l’uguaglianza.