Uno scienziato americano crea un’equazione che confronta il numero di follower della star d’oltreoceano e i suoi (inesistenti) pregi artistici
Sebbene in Italia non abbia raggiunto ancora il livello di notorietà di molti altri vip, negli Stati Uniti – e generalmente nel resto del mondo – Kim Kardashian è una vera e propria star. Il motivo di tanta fama non è del tutto chiaro, ma rientra appieno nelle dinamiche che spesso si incontrano nel mondo dello spettacolo: meriti artistici pressoché nulli ma un ottimo riscontro di pubblico.
Nel caso della Kardashian, il cui compito principale sembrerebbe quello di essere la regina delle socialite, questa equazione porterebbe a dei risultati tali che la avallerebbero senza ombra di dubbio. Così deve aver pensato, almeno, il genetista Neil Hall, l’ideatore del Kardashian Index: si tratta del rapporto tra il numero di follower su Twitter che una persona ha e quelli che dovrebbe avere se il social network fosse un universo meritocratico. Kim Kardashian ha oltre 24 milioni di utenti che seguono i suoi “cinguettii”: troppi secondo Neil Hall, che ha dunque deciso di concepire una tale equazione, per la quale più alto è l’indice, più immeritato è il successo.
Nel mondo della scienza questi calcoli sono stati presi con assoluta serietà, tanto da venire applicati ai suoi esponenti. Così, ad esempio, il biologo Richard Dawkins, i cui tweet sull’aborto hanno sollevato un polverone, ha un indice K pari a 748: numeri che dicono come lo scienziato sia accademicamente produttivo ma mediaticamente sovraesposto, con oltre un milione di follower. All’opposto vi è, per fare un nome, l’ex direttore del Progetto Genoma Francis Collins, con un indice K pari a 19.
Situazioni, queste, che fanno intuire come anche nel mondo accademico si subisca il fascino di quel fattore chiamato successo, sebbene dovrebbe vigere un atteggiamento proteso alla diffusione innanzitutto del pensiero e della conoscenza, e poi, se proprio dovesse capitare, della propria immagine.
Lucia Mancini