A teatro il tempo è una misura esatta, te lo suggeriscono l’usuale scansione in atti, lo svolgersi dell’azione scenica tra le parentesi inesorabili di un sipario che si apre e che si chiude. Né troppo presto, né troppo tardi, ma quando deve essere. Nella vita, che eccede sempre la forma che l’uomo tenta invano di dargli, le cose vanno diversamente e così capita che stelle luminosissime si spengano troppo presto, lasciando vuoto il palcoscenico in anticipo rispetto alla risoluzione del dramma. Se ad andarsene, in una clinica romana, poco prima dell’alba, a 71 anni appena dopo una lunga malattia, è una attrice immensa come Mariangela Melato, il senso di stordimento che lascia quanto meno interdetti e confusi è tutt’altro che incomprensibile. Si spegne una delle voci più significative del teatro e del cinema italiano e internazionale, un’artista in grado di interpretare al meglio durante la carriera tutti i registri recitativi, dal comico al drammatico, risultando sempre credibile e convincente, in grado di trascinare il pubblico in un viaggio affascinante e quasi mistico, quello dell’arte che non imita semplicemente la vita ma la completa, la attraversa, la sviscera e la rende affrontabile e più comprensibile.
Un volto, quello della Melato, e una voce, scolpiti per sempre nell’immaginario collettivo, grazie a commedie cinematografiche cult come il celeberrimo “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare di agosto”, in cui i duetti col magnifico personaggio interpretato da Giancarlo Giannini continuano a mantenere a distanza di anni una potenza e una freschezza che nulla, nemmeno un remake flop come quello proposto da una certa signora Ciccone, possono intaccare. Un attore molto dotato può trascendere sé stesso, fino a diventare col tempo bussola e simbolo, assestandosi, grazie al suo genio creativo, in una sorta di “troposfera” culturale, ovvero quella dimensione che ci regala l’ossigeno spirituale quotidiano necessario per sopravvivere e la Melato in questa dimensione ci entra di diritto, la colonizza con la sua personalità, col suo corpo attoriale che la rende giovane per sempre, per sempre viva, eterna.
Nasce a Milano nel 1941 e già nel 1960 comincia a calcare le tavole del palcoscenico entrando a far parte della compagnia di Fantasio Piccoli, poi è la volta di Dario Fo – lavora per lui dal ’63 al ’65, in Settimo ruba un po’ meno e La colpa è sempre del diavolo – poi Luchino Visconti (1967, nella Monaca di Monza) e Ronconi, l’anno successivo, con l’interpretazione magistrale nell’Orlando Furioso. Da qui si srotolano una serie di incredibili successi cinematografici: dopo l’esordio con Pupi Avati in Thomas e gli indemoniati (1969), è la volta di Per grazia ricevuta di Nino Manfredi, La classe operaia va in paradiso di Elio Petri; poi viene diretta da Lina Wertmuller in Travolti da un insolito destino con Giannini, e ancora La poliziotta di Steno, Caro Michele di Mario Monicelli; a fine anni Settanta Casotto di Sergio Citti. Ma è il teatro il suo vero, grande amore: vi lavora con passione, fino alla fine: dal 1993 è stata legata al Teatro Stabile di Genova, per cui ha messo in scena, tra gli altri, Un tram che si chiama desiderio e L’affare Makropulos, ancora con Ronconi. Tra le sue performance recenti più notevoli il one woman show Sola me ne vò (2007), in cui balla e canta. Mariangela non smette mai di esplorare tutte le frontiere artistiche possibili: affronta con passione sfide professionali continue, da Shakespeare alle tragedie greche, proseguendo con Pirandello e mille altri autori, e ancora il cinema e la televisione e molto altro. La ricordiamo di nuovo al cinema, in La fine è nota (1993) di Cristina Comencini, Panni sporchi di Monicelli, Un uomo perbene di Maurizio Zaccaro (1999) e Vieni via con me (2005) di Carlo Ventura. E in tv: da Scandalo, 1990, a Rebecca, la prima moglie, 2008. Pochi giorni fa, a Capodanno, su Rai Uno è stata ritrasmessa la su Filumena Marturano, a fianco di Massimo Ranieri: una trasposizione televisiva del capolavoro di Eduardo De Filippo, girata proprio per il piccolo schermo nel 2010.
Stamattina, a Roma, l’ultimo atto che ancora non eravamo pronti a vedere. Senza di lei, sarà più difficile leggere le mappe dell’esistente. Grazie comunque Mariangela, per averci accompagnato fino ad ora.