Fino al 26 maggio lo spettacolo di Elena Bonelli “Roma in the world” farà tappa al Teatro Eliseo per le ultime due tappe romane. Il tour dura da sei anni e ha portato la ormai celebre cantante ad esibirsi in tutti e cinque i continenti, nei grandi templi della musica mondiale, dagli Stati Uniti alla Turchia, dall’Africa all’Estremo Oriente. In ogni occasione ha emozionato e divertito il pubblico, che l’ha omaggiata con lunghe standing ovation, con i famosissimi stornelli romani nel segno della tradizione musicale romana, contaminati con le atmosfere e la lingua di altri popoli, ma anche con monologhi come “Er fattaccio de vicolo der Moro”, cavallo di battaglia di Ettore Petrolini, interpretato per la prima volta da un’artista femminile.
Oggi è unanimemente considerata l’ambasciatrice della canzone tradizionale romana nel mondo. Ma i suoi primi successi sono legati a due grandi nomi della musica internazionale, Liza Minnelli e Juliette Greco. Perché ha deciso di portare in scena due spettacoli ispirati a queste figure?
La storia di Liza Minnelli era solo un pretesto iniziale per poi raccontare la storia di una ragazza che dal profondo sud va negli Stati Uniti all’inseguimento del sogno americano. Qui viene ingaggiata come sosia della Minnelli per una serie di spettacoli. Grazie a questa esperienza matura ma, sconfitta, ritorna in Italia non avendo appunto realizzato il suo grande sogno. Da questa storia è tratto anche un film che sto per girare e che si chiama “Da Napoli a New York”, la cui protagonista è una ragazza uscita da American Idol. Lo spettacolo su Juliette Greco, invece, nasce dopo un’intervista che mi ha rilasciato quando scrivevo su Prima Fila. Ero rimasta così colpita dalla sua fantastica ed entusiasmante vita che ho deciso di farne un musical, “La douce France di Juliette Grèco”.
Nel 2003 è invece partito il tour Roma in the world.
Sì, sei anni fa è arrivata la canzone romana. Ho deciso di farne una specie di musical per raccontare la città di Roma e la sua musica, non essendoci nessuno che ricantava queste storiche canzoni, in particolare dopo la morte di Gabriella Ferri. Dopo questo tour voglio portare lo spettacolo a livelli ancora più alti, dopo essermi esibita alla Carnagie Hall e al Campidoglio per il Natale di Roma lo scorso aprile, l’evento più importante della mia vita con trentamila romani che sono letteralmente impazziti. È stato un grande riconoscimento che mi ha dato la città: adesso sono veramente la voce di Roma.
Prima della canzone romana però, ha portato in giro per il mondo la canzone napoletana, dal ‘200 ad oggi.
In primo luogo, ho una lontana origine napoletana, poi ho avuto la fortuna di essere stata scelta da Roberto De Simone come protagonista de “La Lucilla Costante”, agli inizi della mia carriera. Quindi ho avuto un debutto importante nell’arte napoletana e da lì ho continuato a muovermi nel mondo partenopeo, ancora con De Simone, con Giuffrè, Scarpetta e Tato Russo.
Solo con la canzone romana, però, si è cimentata in traduzioni dal romanesco al francese, inglese, spagnolo e portoghese. Cosa l’ha portata a fare questa scelta e come ha reagito il pubblico?
Ho pensato di fare le canzoni negli stili e nelle lingue di altri Paesi e così ho trasformato la canzone romana in uno swing americano o in un fado portoghese, oltre a versioni in spagnolo e francese. É stata un’idea che ha avuto un grande risultato perchè ho avvicinato di più la canzone romana ai popoli, ma la cosa più importante è che abbiamo suonato le canzoni con le orchestre nazionali, e nelle lingue del posto, nei più importanti teatri del mondo. Al Teatro romano di Side ho cantato in turco ed è stato un tripudio con il pubblico che cantava con me “Arrivederci Roma”.
Lontano dall’Italia, che tipo di pubblico la applaude nei suoi spettacoli? Sicuramente non solo gli italiani all’estero, visto che si è esibita in posti (Asia e Africa) dove i nostri connazionali sono in numero molto inferiore…
Le comunità italiane non le trovo perchè mi esibisco per lo più nei teatri, al di fuori del circuito tradizionale. Certo, alla Carnagie Hall di New York c’erano anche degli italiani in platea, però se vado in Turchia o in Angola ci trovo al massimo l’ambasciatore con i suoi consiglieri! Il pubblico che mi segue è comunque il pubblico locale, perchè quello che vince non è l’italianità ma la musica e le canzoni romane. La canzone romana all’estero non aveva mai riscosso un così grande successo, a differenza della canzone napoletana, principalmente per via di una emigrazione che da Roma non c’è stata. La canzone romana non è mai stata valorizzata, nemmeno dalla televisione. Adesso, invece, scopro con piacere che sta ritornando in auge la canzone popolare romana, anche grazie al filone inaugurato dai miei spettacoli che hanno avuto grande risonanza su stampa e tv.
Secondo lei, quindi, a cosa è dovuto questo suo grande successo e il successo della canzone romana nel mondo?
Il successo è dovuto proprio a questo nuovo tipo di operazione, per superare gli stereotipi. La canzone romana è sempre stata immaginata come una canzone da trattoria, alla “fatece largo che passamo noi”, il che mi sta pure bene. Però nella canzone romana si sono cimentati anche grandi artisti del calibro di Strehler e Rustichelli. Con il maestro Pippo Caruso ed un’orchestra sinfonica di 60 elementi, abbiamo deciso di dare alla canzone romana una veste elegante, un abito da sera, se vogliamo. E questo il pubblico l’ha gradito moltissimo. In più l’abbiamo portata, con classe e raffinatezza, nei grandi teatri di Roma, nei luoghi in cui mai nessuno l’aveva fatta entrare, dal Teatro dell’Opera al Sistina, all’Auditorium. A ciò aggiungiamo un grande studio alle spalle e la mia personale passione per la musica e il mio divertimento.
Vito Miraglia
(Nella foto la cantante Elena Bonelli)