
Cari lettori,
Questa settimana affrontiamo un tema delicato che, nel periodo post-pandemico e con la crescente diffusione dello smart working, si è purtroppo consolidato in alcuni ruoli dirigenziali e si è rivelato dannoso per le aziende: la totale assenza di comunicazione.
In diversi contesti — multinazionali, enti pubblici e imprese private — capita che responsabili diventino difficilmente reperibili per interlocutori fondamentali come fornitori, consulenti e, talvolta, clienti. Spesso si vuole proiettare un’immagine di grande operosità — riunioni, impegni continui — mentre la mole effettiva di lavoro non sempre giustifica questa impressione.
In un contesto economico in cui molte aziende affrontano sfide e utili in contrazione, è inaccettabile che vengano adottate con facilità strategie di non reperibilità. Nonostante la disponibilità di molteplici canali di contatto (telefono aziendale, WhatsApp, LinkedIn, Facebook, Instagram, Telegram, e-mail ecc.), alcuni responsabili restano irraggiungibili: non rispondono alle chiamate né alle e-mail. Anche assistenti o addetti alla comunicazione si trovano talvolta in forte imbarazzo, senza sapere come giustificare tale comportamento.
È cruciale che chi ricopre ruoli di responsabilità sappia gestire il proprio tempo, rendendo le riunioni produttive e concise ed evitando di prolungare inutilmente i processi. Le aziende necessitano infatti di individuare professionisti che rispettino la posizione ricoperta e i benefici connessi (retribuzioni e vantaggi aziendali non devono essere dati per scontati).
Il lato oscuro del management – Quando le cattive abitudini danneggiano l’impresa: la nuova rubrica di “Uomini & Donne della Comunicazione”
È inoltre fondamentale che chi assume ruoli direttivi sappia relazionarsi con il proprio pubblico, comunicando in modo trasparente e coerente con le politiche aziendali. Agendo per conto dell’impresa, è necessario evitare comportamenti dettati da interessi personali.
Queste cattive abitudini vanno sradicate. Le direzioni risorse umane dovrebbero intervenire con più attenzione, promuovendo un’educazione aziendale al rispetto reciproco, alla responsabilità e al rispetto delle procedure. Responsabili con comportamenti arroganti, prepotenti o reiteratamente scorretti vanno richiamati, supportati con percorsi di miglioramento o, qualora risultino incompatibili con il ruolo, ricollocati o, in extremis, allontanati dall’azienda.
Il problema non è necessariamente circoscritto nel tempo: in diversi casi si prolunga per mesi. Non sono rari i casi in cui fornitori attendono 3–6 mesi prima di poter parlare con il referente, senza ricevere aggiornamenti o scuse. Inviare un SMS o una breve e-mail per indicare i tempi di risposta non è uno sforzo eccessivo: è buona educazione professionale. Quando invece la mancata comunicazione è la regola, si manifesta una dinamica di potere che danneggia relazioni e reputazione aziendale.
Quando è più semplice contattare l’amministratore delegato che un referente operativo, significa che in azienda c’è un problema organizzativo.
Per questo motivo consigliamo investimenti mirati in formazione e percorsi di coaching per chi è caduto in una «comfort zone» che favorisce comportamenti arbitrari. Particolarmente importanti sono i settori che gestiscono budget strategici — acquisti, marketing, comunicazione — dove la presenza e le capacità relazionali dei referenti sono determinanti.
Dedicheremo un’intera rubrica a questo tema e ad altri argomenti emersi dalle esperienze dei nostri lettori. Se avete storie o segnalazioni da condividere, inviatele alla nostra piattaforma: le pubblicheremo volentieri per favorire confronto e crescita professionale.
Potete inviare le vostre esperienze all’indirizzo: redazione@uominiedonnecomunicazione.com.