Affresco di bellezza: le colline del “Conegliano Valdobbiadene”

Una storia che inizia con “C’era una volta”, con le ere geologiche e gli scontri con le zolle della Terra: le colline del “Conegliano Valdobbiadene” sono un libro da leggere e da assaporare poi in un bicchiere.
Affresco di bellezza: le colline del “Conegliano Valdobbiadene”

Solenni filari di viti che si arrampicano fieri sulle colline, talvolta dolci, talvolta aspre e ripide; boschi che con disinvoltura si alternano alla viticoltura; piccoli centri abitati che conservano un’anima intima; strade che, curva dopo curva, disegnano in modo accattivante il territorio del “Conegliano Valdobbiadene”, in provincia di Treviso. Grazie a questo mosaico stupefacente di forme e colori, “Conegliano Valdobbiadene” è stato inserito nel 2019 nel Patrimonio UNESCO.

Difficile rimanere indifferenti alle colline chiamate hogback, ovvero un insieme di strati rocciosi che, sospinti dal movimento della zolla africana, si sono mossi tutti assieme e, scontrandosi con il massiccio delle Prealpi, si sono sollevati come un’onda contro gli scogli. Un’immagine poetica che rende l’idea della scenografia che si respira visitando questo angolo di Veneto, caratterizzato dalla speciale conformazione geologica unita all’elemento antropico: la presenza dell’uomo legata all’agricoltura. Le colline si estendono** tra Conegliano e Valdobbiadene, da est a ovest**: sui versanti esposti a sud risplendono i vigneti, sui versanti esposti a nord, e quindi in ombra, regna la natura boschiva, permeata di un alone selvaggio. L’alternanza, si sa, non annoia. La vista dapprima si posa sulle geometrie dei vigneti, poi viene catturata dal profilo irregolare dei boschi per finire a posarsi sulle rare costruzioni rurali che strappano un sorriso e scaldano l’anima. Il pensiero corre al lavoro duro dei viticoltori che da secoli coltivano in modo eroico questi pendii per produrre vino; la viticoltura qui ha origini antichissime e i confini dell’area storica di produzione sono rimasti invariati sin dagli Anni ‘30. Il clima mite e ventilato e la giusta escursione termica abbracciano questo luogo e lo rendono la culla perfetta dove far crescere l’uva: i frequenti acquazzoni estivi non ristagnano grazie alla naturale pendenza che drena l’acqua e alla brezza che asciuga in fretta.

Questa è la terra del Prosecco Superiore DOCG, tutelata con numerosi progetti per valorizzare e salvaguardare la biodiversità dei vigneti, della flora spontanea, dei piccoli anfibi e dei microrganismi endofiti nel vigneto; progetti per il recupero, valorizzazione e utilizzo di biomasse da attività viticola verso le energie rinnovabili; progetti per la difesa ecosostenibile con la riduzione dell’inquinamento nella viticoltura. Dal 2022 il Consorzio del Prosecco Superiore Docg Valdobbiadene e Conegliano ha aderito al progetto “ENO BEE API IN VIGNA”, con lo scopo di inserire le api in vigneto controllando in questo modo l’ecosistema che ospita l’alveare: l’obiettivo è quello di monitorare la salubrità del territorio attraverso un insetto estremamente sensibile all’inquinamento da fitofarmaci quali le api. Gli alveari sono dotati di una serie di sensori che da remoto registrano lo stato di salute delle api (volo, api morte al giorno, dimensioni della colonia, produzione, etc.). Info: www.collineconeglianovaldobbiadene.it

I VIGNETI COLLINARI: LE RIVE E IL SUPERIORE DI CARTIZZE

Da tempi immemori, uomo e paesaggio si sono plasmati a vicenda: il vignaiolo ha coltivato le colline assecondandone le forme naturali, decorandone gli scoscesi pendii, mentre la ripidità delle colline ha imposto alle famiglie contadine una viticoltura “eroica”, fatta di perizia manuale e fatica. Per ogni ettaro di vigneto collinare sono necessarie circa 600 ore di lavoro annue, a differenza delle 150 medie della pianura. Esistono due versioni di Prosecco Superiore volte ad esaltarne le differenze territoriali, rappresentano i cru della Denominazione e l’apice della piramide qualitativa: le Rive e il Superiore di Cartizze. Il termine “Riva” indica, nella parlata locale, le pendici delle colline scoscese: il Rive infatti è prodotto esclusivamente con uve provenienti da un unico Comune, per esaltare le caratteristiche che il territorio conferisce al vino. Al vertice qualitativo, il Cartizze proviene da una sottozona disciplinata fin dal 1969 di soli 107 ettari di vigneto, a forma di pentagono, compresa tra le colline più scoscese di San Pietro di Barbozza, Santo Stefano e Saccol, nel comune di Valdobbiadene. La combinazione tra microclima dolce e terreni molto antichi, formati da morene, arenarie ed argille, dona al vino caratteristiche uniche. L’approccio olfattivo è caratterizzato da una complessità di profumi, che richiamano frutti dalla polpa bianca come la mela e la pera, gli agrumi, l’intensità della pesca e dell’albicocca, toccando sentori di rosa, con una nota di mandorla nel retrogusto. Info: www.prosecco.it

Di Alessandra Fusè

Foto credits Arcangelo Piai e Beatrice Pillotto