Riflettori puntati sulle inquietudini dell’autore dell**’Urlo** e sui suoi colori di sapore espressionista, ma anche sulla natura del Nord, specchio delle emozioni dell’artista. Con prestiti prestigiosi, l’esposizione milanese promette di ripercorrere l’intera parabola del pittore scandinavo, per arrivare fino al cuore della sua arte. L’esposizione dall’eloquente titolo “Munch. Il grido interiore”, è organizzata e prodotta, con il patrocinio della Reale Ambasciata di Norvegia a Roma, da Palazzo Reale e Artemisia, in collaborazione con il Museo Munch di Oslo, che l’ha resa possibile grazie all’ingente prestito di oltre cento opere.
Non solo quadri ma anche taccuini, fotografie e persino filmati, per indagare tanto il Munch artista, quello più famoso e conosciuto, quanto l’uomo, “il Munch privato” per usare le parole di Costantino D’Orazio, curatore, insieme a Patricia G. Berman del progetto. Munch, anche scrittore, era consapevole di quanto emozioni e sensazioni influenzassero la visione, in una continua sinestesia che, nelle sue opere, si traduce in un uso libero dei colori; volti non tanto ad offrire una riproduzione fedele della realtà, quanto piuttosto le impressioni sensoriali da essa suscitate, tra cui suoni e vibrazioni; come nell’Urlo, in cui trasforma cielo e paesaggio in onde sonore.