Stua Noa è un connubio tra tradizione e innovazione, unite ad un briciolo di follia. Andrea Fugnanesi ama descrivere la sua cucina come “essenziale”, visto il suo particolare rispetto del prodotto dalle primissime fasi di lavorazione fino all’impiattamento. Dopo la partecipazione a Top Chef Italia, la sua popolarità come chef è cresciuta esponenzialmente e ha permesso al giovanissimo chef di fare esperienze significative in Italia e all’estero: tra queste si distinguono importanti strutture alberghiere valtellinesi, come il Grand Hotel Bagni Nuovi di Bormio e il Grand Hotel della Posta di Sondrio. A Livigno, Stua Noa Fine Dining rappresenta l’evoluzione naturale della sua ricerca continua della materia prima, proveniente da tutto il mondo ma che ben si sposa col territorio valtellinese: ancora una volta tradizione e innovazione si fondono insieme per dare vita ad esperienze culinarie memorabili e fuori dagli schemi.
Lo Chef Andrea Fugnanesi sorprende gli ospiti con un menu a mano libera oppure con la rivisitazione degli ingredienti del territorio di Livigno. Abbiamo parlato col giovane chef, umbro di origine, della sua cucina e della sua esperienza in Valtellina.
Come giudichi il tuo percorso professionale fin qui?
Percorso assolutamente soddisfacente, perché comunque tuttora dà soddisfazione. È importante l’appoggio che c’è da parte della proprietà e questo è un plus per il futuro, per lavorare bene, perché se c’è qualcuno che ti appoggia poi è tutto più facile. Abbiamo una bella coesione, è un dare-avere reciproco.
Hai modelli di riferimento tra i tuoi colleghi più esperti?
Stimo molto la famiglia Cerea, sia da un punto di vista imprenditoriale sia ovviamente culinario e gastronomico, senza dimenticare il concetto di ospitalità che è sempre fondamentale nel nostro mondo. Per me loro sono gli unici che fanno davvero la differenza in Italia riuscendo a coniugare tutti questi aspetti della professione, da imprenditori e da ristoratori.
Come descriveresti la tua cucina?
Noi facciamo una cucina basata su pochi ingredienti. Per questo la definisco essenziale, in una ricetta al massimo inserisco 4 diversi ingredienti. Ciò che valorizziamo noi è la materia prima, in primis, e poi portiamo nel piatto il nostro territorio, quello di Livigno, quello della Valtellina. Questo è un po’ il nostro focus del lavoro. Sul territorio ci punto molto per quanto riguarda l’origine della materia prima, ci regoliamo in base a quello che la montagna offre. Dai pesci di lago alle carni, formaggi ecc. Un pizzico di contaminazione “esterna” c’è ma è tutto a supporto dell’ingrediente locale. Poi per coinvolgere ulteriormente il cliente spesso esco in sala a completare il piatto a tavola, per rendere tutto ancor più vivo e vero.
Sei l’unico membro dell’associazione Ambasciatori del Gusto a Livigno, cosa significa questo per te?
È davvero un piacere far parte di questo gruppo. Sono entrato nell’associazione da circa un anno e ne sono molto felice. Dal punto di vista di apertura di porte, di possibilità di fare conoscenze, di creare contatti e legami, è davvero utile. Poi è spunto di confronto con gli altri colleghi, tanti più grandi e con più esperienza di me, quindi c’è anche la possibilità di imparare.
La Brigata di cucina di Stua Noa
Segui tutta la linea di cucina all’hotel Concordia. Sia la Stua Noa sia il ristorante più informale della struttura, senza dimenticare il bistrot. Come differenzi le proposte dei locali?
Al bistrot abbiamo una proposta smart, tra taglieri, pizzoccheri, smashed burger, tutto di gran qualità ma comunque è un’offerta più snella. Al ristorante centrale abbiamo una proposta molto lunga, una decina di primi in carta, sette/otto secondi, tutto che rispecchia il lavoro che facciamo alla Stua. Poi la Stua è un discorso a sé, facciamo proprio un servizio di fine dining, con piatti diversi, mise en place diversa, un tipo di servizio adeguato al livello del locale, con appena 12 coperti.
La tua Regione di origine, l’Umbria, negli ultimi anni si è tolta tante soddisfazioni per quanto riguarda la ristorazione fine dining. Da esterno come vedi la crescita di questo territorio?
Sono contento del recente exploit a livello di ristorazione e imprenditoria legata al fine dining. Diciamo che, conclusi gli studi, uno dei motivi per il quale lasciai l’Umbria era che, fuori magari dai centri principali, c’era poco spirito imprenditoriale, percepivo poca voglia di fare, c’era un po’ di chiusura mentale, che ancora in alcune situazioni purtroppo percepisco. Mi fa piacere però il successo della mia Regione perché significa che qualcosa anche lì si sta muovendo, e credo che la situazione non possa che migliorare. Purtroppo però ci sono fin troppe realtà in cui si propone la cucina “tradizionale” ma fatta male, non a verso, utilizzando materie prime non del territorio, quello è un danno per tutti.
In chiusura, tre piatti che un nuovo cliente deve assolutamente provare venendo qui?
I piatti forte che abbiamo ora sono l’uovo, il galletto e lo spaghettone. Aggiungo poi anche la crepe suzette. Sono quelli che per me rappresentano in pieno ciò che vogliamo comunicare.