In un condominio, la parabola discendente della società contemporanea.
Quattro famiglie distribuite in tre piani di un condominio romano vedono la loro esistenza trasformarsi radicalmente grazie ad una serie di “inaspettati” eventi. Ogni personaggio verrà messo alla prova, scoprendo la propria fragilità nella difficoltà di essere genitori, fratelli, mariti, mogli, o vicini di casa in un mondo arido dove il risentimento, il sospetto e la paura sembrano avere la meglio.
Nel più antimorettiano dei suoi film (il primo a non essere stato scritto da lui stesso, ma tratto da un romanzo di Eskol Nevo), “Tre piani” parla di noi, delle nostre paure e dei nostri sospetti verso gli altri. Una perdita di coscienza (come la mente che svanisce a due personaggi del film) che ci impone di guardarci con occhi estranei, in quanto spesso tutto accade agli altri e mai a noi stessi. Il dramma che ingloba quattro famiglie in un bel condominio in un bel quartiere di Roma é la metafora dell’oggi con le sue ipocrisie e le sue contraddizioni. Il film inizia con una morte (non tanto accidentale) mentre come in un teorema di Jung una nuova vita viene alla luce. L’incipit non è da poco, in quanto analizza come le cose, gli eventi, abbiano sempre due facce. Ed è su questo assioma che il film di Nanni Moretti si rapprende.
Il bell’imbusto con una famiglia dell’apparenza felice, é talmente convinto che la sua piccolina abbia subito violenza sessuale da un anziano con la sindrome di Alzheimer, che rovinerà la sua e la vita altrui. Come anche la giovane donna con il marito spesso assente per lavoro, lascia che la sua vita scivoli via prima di mettere in atto una scelta definitiva. Il giudice conscio che il figlio finirà in galera per omicidio stradale, invece di portare a lui conforto lo allontana per sempre. “Tre piani” mette in luce la disgregazione della famiglia che é anche, e purtroppo, lo specchio della società contemporanea. Nella parabola tratta da un’opera letteraria, Moretti invoca il castigo ed il perdono che dovrebbe farci riappropriare della nostra umanità, e in parte ci riesce con un finale fin troppo buonista. “Tre piani” non é un capolavoro ma é un buon film di ‘coscienza’, dove l’infelicità sottolinea il mal di vivere dell’oggi. Giunto ad una svolta epocale… giunto al capolinea.
Roberto Leggio