Il Museo Cappella Sansevero, all’interno del quale è custodito il celebre Cristo Velato, è uno scrigno prezioso, custode di suggestioni esoteriche e ricchezze artistiche inestimabili
Nel cuore più antico e profondo di Napoli è incastonato un mistero suadente che da oltre duecentocinquant’anni palpita sotto la superficie immobile e candida del marmo e vibra spandendo un canto silenzioso di bellezza irresistibile, di suggestioni immortali e di eccezionali aspirazioni umane. Si tratta dell’incantesimo ineffabile custodito all’interno della Cappella Sansevero, luogo mistico e profano al tempo stesso, in cui si concentrano alcuni dei gioielli più preziosi del patrimonio artistico internazionale, primo fra tutti il celeberrimo Cristo Velato, capolavoro di Giuseppe Sanmartino, sul cui corpo la dura pietra assume l’impalpabile delicata morbidezza di un velo trasparente. Il Gran Maestro Orchestratore, artefice della partitura ideale delle opere custodite nella Cappella, è un Principe “maledetto”, Raimondo di Sangro, primo Gran Maestro della massoneria partenopea, il quale nell’epoca dei Lumi seppe vestire senza timore i panni di alchimista, stregone, scienziato, visionario, restituendo ai contemporanei e ai discendenti un’eredità di mito e leggenda, unita alla magnificenza di capolavori assoluti di creatività barocca. Sfidare la morte, vincerla, umiliarla e farsene padrone: questo il sogno proibito di Raimondo, novello diabolico Faust nel sentimento popolare, tanto che anche il suo trapasso, avvenuto nel 1771, è offuscato dai fumi di una leggenda nera, riportata da Benedetto Croce, secondo la quale il nobile si fece fare a pezzi da un servo per risorgere a tempo debito, pericolo scongiurato però dai suoi stessi familiari che ne aprirono la tomba prima che il macabro rituale potesse avere effetto. E ancora nei vicoli di Napoli c’è chi si segna con timore sentendo pronunciare il nome di Raimondo, intorno al quale è ugualmente solido il “mito colto” di mecenate, autore di opere letterarie e scientifiche e inventore di mirabili opere come la macchina idraulica e il lume perpetuo.
Gli interni della Cappella Sansevero
Cappella Sansevero, luogo mistico e profano al tempo stesso, in cui si concentrano alcuni dei gioielli più preziosi del patrimonio artistico internazionale, primo fra tutti il celeberrimo Cristo Velato, capolavoro di Giuseppe Sanmartino
Negli occhi del Principe di Sangro alloggiava senza dubbio, ben vivida e dinamica, la visione del futuro e nel suo petto ardeva senz’altro il desiderio di sorpassare le Colonne di Ercole, i limiti imposti all’uomo dal tempo e dalla natura, sperimentando coraggiosamente in tutti campi, dalle arti alle scienze, per essere sempre oltre, rivoluzionario e all’avanguardia, consapevole di regalare alle generazioni a venire una grandeur invidiabile e a suo avviso ineguagliabile. La sua ossessione di stupire i posteri trova il culmine massimo nel progetto della Cappella Sansevero, un mausoleo in grado di celebrare la grandezza del suo casato e di essere un autentico tempio massonico impregnato di simbologie e significati esoterici: il settimo principe di Sansevero sconfiggerà la morte ideando e facendo realizzare un apparato artistico senza precedenti, che trova nel mirabile Cristo Velato, posto al centro della navata della Cappella, il suo nucleo magnetico e ipnotizzante. Lo scultore Sanmartino seppe riprodurre così perfettamente la sottigliezza e la trasparenza del velo che avvolge il corpo di Gesù da alimentare ulteriormente il mito del Principe alchimista, il quale avrebbe addirittura compiuto un complesso processo di “marmorizzazione” del tessuto.
Cristo Velato
Raimondo di Sangro, primo Gran Maestro della massoneria partenopea, nell’epoca dei Lumi seppe vestire senza timore i panni di alchimista, stregone, scienziato, visionario, restituendo ai contemporanei e ai discendenti un’eredità di mito e leggenda
Ovviamente non è così, ma la malìa esercitata dalla personalità carismatica di Raimondo è enorme e si riverbera anche nelle inquietanti ed enigmatiche Macchine anatomiche, custodite nella cavea sotterranea della Cappella: due scheletri, di un uomo e di una donna, ancora avviluppati dalla rete dell’apparato circolatorio, conservato in perfette condizioni. Le Macchine furono realizzate da un medico siciliano, Giuseppe Salerno, sotto l’egida di Raimondo di Sangro: ancora oggi il procedimento utilizzato resta un ulteriore mistero a carico della nefasta fama del Principe. A esaltare e riassumere l’epopea della meraviglia racchiusa nella Cappella Sansevero, in una triade ideale di eccellenza artistica che ha sempre nel Cristo Velato il suo punto focale, spiccano senz’altro la statua del Disinganno, opera di Francesco Queirolo e dedicata al padre di Raimondo, lo scavezzacollo Antonio, e la statua della Pudicizia, anch’essa mirabilmente velata e frutto della maestria dello scultore veneto Antonio Corradini, dedicata alla madre del Principe, Cecilia, morta nel darlo alla luce. Cappella Sansevero è dunque la vittoria ultima e definitiva di Raimondo sulla caducità dell’esistenza: la magia di un luogo immobile che conserva vita e bellezza al di là del tempo.
Elisabetta Pasca