Marcato accento romagnolo, capello lungo da rocker e una passione, quella per la musica, che lo ha portato a creare qualcosa di unico, inimmaginabile. Qualcosa in cui solamente un sognatore avrebbe potuto credere.
Fabio Zaffagnini, fondatore di Rockin’1000.
Ph: Andrea Bardi
Fabio Zaffagnini sognatore lo è stato, lo è, perché ha dato vita ad un progetto che in breve tempo è diventato famoso, e seguito, in tutto il mondo. Un progetto, per dimensioni e visione, che ci aspetteremmo sia uscito da qualche garage, azienda o startup statunitense, ma che invece è nato nella nostra Cesena.
Per scoprire la storia di Rockin’1000 dobbiamo partire dal nemmeno troppo lontano 2015, quando a Fabio Zaffagnini venne un’idea folle. Radunare via web 1000 musicisti per dar vita a un mega concerto, il tutto per convincere i Foo Fighters a esibirsi a Cesena. Un piano che nella sua consapevole follia si è rivelato follemente geniale, e che ha cavalcato l’onda della viralità data dal web per arrivare alla band statunitense. Invito impacchettato, spedito, raccolto e aperto dai Foo Fighters che, di fronte a un appello simile, non hanno potuto dire di no. Doveva essere un’iniziativa one-shot, si è rivelato l’inizio della storia di una mega band che, in 4 anni, si è già esibita a livello globale.
Dopo aver conquistato in estate Parigi e Francoforte, facendo registrare oltre 70.000 spettatori negli stadi delle due città, Rockin’1000 si è recentemente esibita a Linate e, nel 2020, sarà protagonista di un film-documentario sulla storia della band.
La storia di questo folle progetto, però, facciamocela raccontare direttamente dalle parole del suo creatore, Fabio Zaffagnini.
Ph: Chiara Arrigoni
Fabio, parliamo del recente evento di Linate: come è nata questa idea e come vi siete preparati?
Siamo stati contattati dal gruppo che gestisce le iniziative per la riapertura dell’aeroporto per sapere se fossimo interessati a fare un evento sul posto. La possibilità di esibirci a Milano, una città così centrale e importante, ci ha subito attratti, anche perché già da tempo pensavamo a Milano come location per un nuovo evento. È stata una fortunata combinazione di coincidenze.
Tecnicamente come funziona la selezione per entrare a far parte della band?
Le candidature sono aperte tutto l’anno e chi vuole partecipare deve iscriversi al sito e inviare un video dal quale ci è possibile capire se ci sono le capacità minime per partecipare. Le selezioni non sono rigide e una volta superate le audizioni online il musicista ha la possibilità di partecipare agli eventi. Tramite una piattaforma diamo tutte le info necessarie, calendari, mappe, tutorial, spartiti che servono per prepararsi al meglio. Quando lanciamo il concerto poi i musicisti danno adesione tramite la nostra app, i primi mille entrano a far parte di coloro che suoneranno all’evento, gli altri finiscono in attesa. Sin dal primo momento in cui l’evento è ufficializzato i partecipanti hanno materiale col quale esercitarsi da casa. A ridosso del concerto poi facciamo due giorni di prove tutti insieme, dalla mattina alla sera per coordinarci al meglio.
Ci sono delle caratteristiche che rendono un brano più o meno adatto per essere suonato da 1000 persone?
La scelta è tutt’altro che semplice, ci sono alcune caratteristiche che devono essere rispettate. Non devono esserci grandi virtuosismi, dove presenti li andiamo a semplificare quanto possibile, il tempo dei brani deve essere possibilmente dritto, niente assoli particolari, nulla di troppo complicato.
Ph Andrea Bardi
Avete musicisti da ogni parte del mondo. Non solo divertite e vi divertite ma siete anche un esempio di integrazione e multiculturalismo. Forse anche qui si nasconde il vostro successo …
Questa è una cosa alla quale teniamo molto, e un aspetto di cui ci siamo accorti strada facendo. Man mano che continuavamo nel percorso ci siamo resi conto che nasceva tra i musicisti un’amicizia vera, un rapporto solido dato da un progetto sano che riesce a includere centinaia di persone di tanti paesi diversi. Tramite la musica rock abbiamo trovato un linguaggio comune che ha saputo mettere d’accordo tutti, permettendo alla gente di divertirsi e dar vita a risultati incredibili che individualmente nessuno di noi riuscirebbe a ottenere. Ognuno mette a disposizione il suo contributo senza dar spazio ai protagonismi.
Ora siete abbastanza rodati e conosciuti in tutto il mondo, ma come ricordi i primi momenti di questo progetto?
Ci sono state tante difficoltà, di ogni tipo. Gli inconvenienti tecnici paradossalmente sono stati i più semplici da affrontare perché tutto è dipeso dalla nostra capacità di risolverli. Le difficoltà più grandi sono state senza dubbio legate al finanziamento del progetto e al reperimento delle risorse economiche per metterlo in piedi. Quando siamo partiti poi non avevamo una grande credibilità, eravamo in una condizione in cui nessuno ci conosceva e nessuno credeva nelle nostre capacità. Eravamo dei signor nessuno che andavano in giro a proporre un’idea apparentemente folle, per fortuna però abbiamo trovato persone e sponsor che hanno creduto in noi.
Come è cambiata la tua vita dopo Rockin’1000?
È cambiata tantissimo: ho avuto molti riconoscimenti, per un breve periodo anche una discreta popolarità che è una cosa, per uno che non è abituato, che ti scombussola la vita. È stato strano passare dal totale anonimato al camminare per strada circondato da persone che ti chiedono una foto, è stato importante riuscire a non montarsi la testa. Per fortuna sono circondato da persone che mi permettono di tenere i piedi per terra e la testa sulle spalle, questo mi serve tantissimo. Dall’altra parte è cambiato molto l’aver trovato una missione: un motivo per cui portare avanti un progetto simile, non lavorativo, che mi permette di riunire così tante persone comunicando valori in cui credo profondamente. Ho trovato una vera ragione di vita.
Siete nati grazie al web e attraverso i social fate tornare le persone al mondo reale, alla partecipazione, alla condivisione vera, non virtuale. Alla vita vera. È forse questo uno dei vostri pilastri?
Voglio promuovere un utilizzo più sano dei social e del web. Un utilizzo delle tecnologie che abbiamo a disposizione inteso come mezzo attraverso cui riuscire a raggiungere un obiettivo, più o meno ambizioso che sia. Il web, e con esso i social, non deve essere il fine ultimo di un’attività, ma uno strumento da sfruttare per arrivare a realizzare quella stessa attività. La vera condivisione, per me, è incontrarsi nel mondo reale e fare qualcosa di tangibile e pratico. In questo senso sì che i social sono uno strumento utile e tutto da valorizzare. Cerchiamo di evitare l’isolamento in cui siamo tutti collegati, ma solo virtualmente, per avere un mondo in cui siamo collegati effettivamente per fare delle belle cose.