Mercoledì 24 luglio, “GLAMOUR AND RAGE OF AMERICA” in Prima a Roma, l’ultimo progetto della diva UTE LEMPER, per la quarta volta ospite del Festival dai suoi esordi ad oggi.
Ute Lemper è un’artista dotata di un’incredibile versatilità che è stata universalmente applaudita per le interpretazioni delle canzoni del cabaret berlinese, delle opere di Kurt Weill, della canzone francese e per le sue performances a Broadway e nel West End di Londra.
In Prima a Roma porta il suo ultimo progetto che unisce due mondi apparentemente incompatibili: tra le canzoni dei film di Hollywood e dei palchi di Broadway e le ballate di Tom Waits e Bob Dylan, troviamo un universo di differenze sia nei fini che nel modo in cui riflettono la società americana.
Il puro intrattenimento a confronto con l’espressione di una dura opposizione alla politica e al sistema, l’eroe a confronto con l’anti-eroe o l’emarginato.
Mondi distanti eppure adiacenti, che oscillano tra rabbia e fascinazione: i due volti d’America si riflettono in una personalità artistica già leggendaria, quella Ute Lemper che – dopo aver ridato vita alle eroine della canzone mitteleuropea – interpreta i poli opposti di un Paese in cui l’unica certezza è la distruzione beffarda dei desideri e la loro immediata riedificazione. D’altra parte Ute Lemper, nata a Munster ma trapiantata a Manhattan, è stata spesso definita la “nuova Dietrich” e, proprio parlando del proprio rapporto con la divina Marlene, ha sottolineato “sono sradicata come lo era lei, un’espatriata con una relazione complicata con la Germania e innamorata di tanti altri Paesi…”.
Quale guida migliore per attraversare lo sconfinato paesaggio musicale americano? Da brani con cui si sono misurate voci sacre come quelle di Marlene Dietrich, Frank Sinatra e Nina Simone, a canzoni immortalate in musical e film che hanno segnato intere generazioni, firmate da Kurt Weil o da Cole Porter; ma anche canti di protesta legati al volto più oscuro degli Stati Uniti.
Ute Lemper
In breve, angeli e demoni d’America, non ultimo quel Charles Bukowski di cui Ute Lemper sottolinea: “la sua poesia è sempre legata alle circostanze, assolutamente non pretenziosa e onesta fino all’osso. Mette a nudo un’anima perduta, perduta in una vita e in una società a cui la sopravvivenza non interessa, e la rabbia di un uomo che trova salvezza nelle parole che scrive”.
Nessuno infatti ha dipinto lo sdegno verso il sistema più crudelmente e violentemente di Charles Bukowski. Come nessuno è riuscito a condensare l’apparente spensieratezza della high society americana meglio di Cole Porter.
Nessuna voce ha incarnato la sofferenza, d’amore ma anche a causa del razzismo, meglio di quella inconfondibile e unica di Billy Holiday. E così via, repertori apparentemente lontani accomunati da tracce di straordinaria bellezza.
In “Glamour and Rage in America”, Ute Lemper si muove tra la celebrazione dell’intrattenimento e l’espressione della protesta e del disprezzo nell’America di ieri e di oggi, tra i suoi angeli e i suoi demoni.