Dopo questo lungo viaggio di 50 anni nella storia non solo astronomica, ma anche sociale, cerchiamo di proiettarci verso quel che ci riserva (o potrebbe riservarci) il futuro con il direttore dell’Osservatorio Astronomico di Roma, dott. Lucio Angelo Antonelli.
Dir. Lucio Angelo Antonelli
Le “strade spaziali” del domani sembrano già tracciate, con Marte individuato come prossima destinazione dell’uomo. Il Pianeta Rosso è già stato raggiunto, negli ultimi anni, da numerose sonde che ne hanno studiato e analizzato il terreno, la superficie e il clima. Ma quando vedremo davvero un essere umano camminare, e perché no colonizzare, il quarto pianeta del sistema solare? Quanto siamo lontani da scene di film come quelle con Matt Damon in The Martian? Quando potremo trasformare, nuovamente, la pura fantascienza in realtà?
Abbiamo parlato di questo, ma non solo, con il direttore del centro astronomico di Roma Lucio Angelo Antonelli, che ci ha aperto le porte dell’Osservatorio di Monte Porzio Catone.
1969 la Luna, quando prevede che Marte possa essere una destinazione raggiungibile per l’uomo?
I presupposti ci sono così come la tecnologia e lo sforzo da parte della comunità scientifica di arrivare alla conquista di Marte. Si tratta di un passo importante, già immaginato da von Braun (il capostipite del programma spaziale statunitense, ndr) quando aveva pensato alla conquista lunare. Questo, secondo lui, era il passaggio intermedio da compiere per arrivare poi un giorno su Marte. Oggi quest’impresa è ancora più vicina. Si sta lavorando in maniera attiva per arrivare a questo obiettivo ambizioso ma perfettamente in linea con quelli che sono gli sviluppi astronomici moderni.
Il nuovo colonialismo è quello che interessa la conquista dei pianeti? L’uomo un giorno avrà basi sulla Luna o Marte?
Dipende da quale concetto si vuole collegare alla parola colonialismo. Nella nostra cultura ha un’accezione abbastanza negativa, nel caso dello spazio parlerei più di colonizzazione spaziale che rappresenta una grande sfida tecnologica, legata a un interesse futuro legato all’ottenimento di risorse che sulla Terra non sono presenti o difficili da ottenere. Lo sfruttamento, chiamiamolo così, spaziale in questo momento presupporrebbe un grande investimento economico, ma quando diventerà un’attività frequente avremo un’economia di scala che ci permetterà di sostenere tali spese.
La conquista della Luna nel ’69, oltre all’indubbio peso in campo scientifico e astronomico, ebbe anche una grande valenza sociale/politica, avvenuta in piena guerra fredda tra Usa e Urss. Un eventuale sbarco su Marte crede possa avere lo stesso peso?
In questo momento non è facile a dirsi. Il concorrente degli Stati Uniti non pare più la Russia ma la Cina, ma non credo che uno sforzo tecnologico come quello di mandare un uomo su Marte, creare lì degli insediamenti stabili, possa passare per il lavoro di una sola nazione. Le tecnologie sono sempre più complesse, costose e non si può pensare che un unico Paese possa farsi carico di una missione così articolata e dispendiosa. Credo si vada verso una collaborazione internazionale finalizzata all’obiettivo comune. Al giorno d’oggi questo già succede, tanto che Usa e Europa già collaborano in campo spaziale.
Recentemente l’Osservatorio è stata la sede del raduno del CNAI, chiamato “Base Luna chiama Marte”. È questa la direzione che stiamo prendendo, la Luna sarà la “base” per le missioni su Marte?
Questa è una possibilità concreta, che tra l’altro segue anche la visione di von Braun. È sicuramente un’opzione, perché far partire una missione spaziale direttamente dalla Luna, o dalla sua orbita, ha una serie di vantaggi che si perderebbero con un lancio terrestre. I tempi si dilaterebbero ma questo è nelle corde di un progetto così ambizioso. Non credo comunque che prima degli anni ’30 di questo secolo potremo progettare concretamente una missione umana verso Marte.
Uno dei più grandi traguardi raggiunti quest’anno è stato quello di aver riprodotto fotograficamente un buco nero. Cosa ha rappresentato questa “scoperta” per la comunità scientifica e astronomica?
Questo è un grande traguardo. Relativamente ai buchi neri, fino a ieri erano stati osservati ma in modo indiretto, vedendo gli effetti che causavamo sull’ambiente e sugli oggetti celesti circostanti. Quest’anno siamo riusciti a fotografare il buco nero, che è questa regione scura che vediamo circondata dalla luce. È una foto che ci dice esattamente quello che ci aspettavamo, che esiste una zona dalla quale non sfugge la luce, in quanto talmente massiccia e pesante che tutto ne è attratto. È stato veramente un passaggio fondamentale nello studio dell’Universo.
Come Osservatorio siete promotori anche di alcune iniziative per l’informazione e la divulgazione scientifica sul territorio. Ce ne vuole parlare?
Un Osservatorio di ricerca come il nostro deve offrire alle future generazioni un ampio spettro di interessi scientifici. Portiamo avanti un’attività di divulgazione ed educazione astronomica alle scuole e al grande pubblico, organizziamo visite guidate, abbiamo infrastrutture dedicate a questo tipo di attività didattica. Organizziamo serate divulgative e almeno due volte all’anno siamo promotori di eventi che catalizzano l’attenzione di centinaia di curiosi che sono guidati dalla passione del voler capire l’Universo. Da parte nostra ovviamente c’è altrettanta passione nel volerlo raccontare.
Concludendo, qual è il mistero dell’Universo che più l’affascina, la domanda alla quale vorrebbe avere o trovare una risposta?
Domanda difficilissima, soprattutto da porre a un astronomo. Si fa questo mestiere per curiosità e proprio perché curiosi vorremmo conoscere tutto. Quando si iniziano ad affrontare le proprie ricerche ci si concentra su argomenti molto specifici e la nostra curiosità ci fa rendere conto che la nostra conoscenza è veramente limitata. Da parte mia, mi piacerebbe vivere 1000 anni per poter arrivare a conoscere quanto più possibile dell’Universo.
A cura di Alessandro Creta