“Studiare senza pensare è inutile, pensare senza studiare è pericoloso” – Confucio
Torno al mio paese natale per il fine settimana. Un piccolo borgo arroccato sui colli Sabini, immerso nel verde degli uliveti e circondato da altri paesini gemelli, sparsi sulle colline, tutti intorno alla valle del Tevere e del Farfa. All’orizzonte intravedo la Cupola di San Pietro, a ricordarmi che Roma è vicina. Mentre lo sguardo si perde nei ricordi d’infanzia, tra i vicoli medievali in cui sono cresciuta, sento un suono fin troppo familiare. Qualcuno sta parlando cinese, o forse io ho lavorato troppo nell’ultima settimana…
Provo a seguire il suono familiare della lingua che amo tanto e scopro che non mi sono sbagliata, dietro l’angolo trovo un gruppo di ragazzi cinesi, tra i venti e i trent’anni, che scattano foto tra i vicoletti del mio borgo d’origine.
Non posso non trattenermi e mi fermo a parlare con i ragazzi, tanto colpiti da un ambiente così distante e diverso da quello tipico cinese al quale sono abituati. Staranno forse stanno attuando una sorta di “fuga” o evasione dalla Cina caotica e pulsante? Il dubbio è presto sciolto: vengono da Shanghai, sono in cinque e hanno dai 20 ai 25 anni. Due di loro stanno studiando a Roma, all’Accademia di Belle Arti, gli altri tre sono venuti a trovarli, sono due ragazze e tre ragazzi.
“Come siete finiti qui, in un paesino sperduto nell’entroterra?” domando io in cinese, con curiosità quasi scientifica, lasciandoli di stucco. Dopo qualche secondo di choc iniziale, una delle ragazze, Lin, mi risponde: “Volevamo scoprire l’Italia vera. Le grandi città sono belle, piene di arte e storia, ma noi vogliamo vedere dove e come vivono gli italiani”.
“Tu hai da fare oggi?” mi chiede, invece, uno dei ragazzi, con il pragmatismo che li contraddistingue. “Se non hai da fare, perché non ci accompagni in giro? Così puoi spiegarci le cose”. La mia domenica a casa dai nonni diventa, così, una giornata di quasi lavoro, a far da cicerone per le vie del mio paese, a raccontare aneddoti e storie di loro interesse. Non è nemmeno la prima volta che mi capita una cosa del genere, a dirla tutta.
Il turismo cinese in Italia è cresciuto del 30% nei primi sei mesi del 2018, ma sta cambiando. I grandi gruppi sui pullman interessati solo a scattare una foto ricordo davanti al Colosseo, che visitano 5 Paesi europei in 8 giorni, stanno lasciando il passo a un turismo diverso. Quello dei giovani che vogliono conoscere “l’Italia vera” e che vogliono entrare nelle nostre case, vedere come si fa la pasta e ridere a un racconto tipico di queste piccole realtà. I giovani cinesi cercano avventure create su misura per loro, angoli nascosti che li portino oltre le grandi città che hanno già visitato, magari coi genitori, durante un viaggio di gruppo.
I turisti cinesi ora organizzano i loro viaggi in modo molto autonomo, usando il web e si basano sui racconti delle esperienze di altri viaggiatori e sui consigli degli influencer del web cinese. Sono alla ricerca di una immersione vera e propria nella realtà del Paese che visitano, di esperienze nuove e uniche da poter raccontare, a loro volta, sui social.
Questo nuovo tipo di turismo fatto di esperienze da cucire su misura per i nuovi turisti cinesi sempre più informati e demanding porta con sé la necessità obiettiva e impellente di avere figure professionali in grado di accoglierli e, soprattutto di aiutarli a comunicare nella loro lingua e a vivere al massimo queste esperienze. Se è immaginabile che nelle grandi città i giovani cinesi possano comunicare in inglese, è impensabile che ciò avvenga in un borgo medievale. E ciò che i turisti cercano è proprio un contatto vero e diretto con la cultura più profonda – e popolare, se vogliamo – dei luoghi che incontrano, che riesce a rimaner loro nel cuore più dei monumenti.
È impellente, per soddisfare questi turisti 2.0, formare figure professionali che conoscano la lingua cinese e che siano in grado di fare da ponte tra la cultura italiana e quella cinese e di accompagnare, prendendoli quasi per mano, questi giovani cinesi in una full immersion nell’Italia profonda, quella “più vera”, per dirla con le parole di Lin.
Autrice: Ilaria Tipà
dal 2012 consulente e collaboratrice esterna di ECTarget, è la prima madrelingua italiana specializzata nell’interpretazione simultanea dal cinese all’italiano, sinologa appassionata, docente universitaria e fondatrice della Élite China Academy.