“Il mondo del fumetto oggi non ha solo bisogno di bravi disegnatori, ma di nuove visioni”. Parola di Sara Pichelli
Sara Pichelli
Con la fine del 2018, è arrivato nelle sale, in concomitanza del Natale, l’attesissimo Spider-Man: Un Nuovo Universo, lungometraggio animato di Sony Pictures Animation dedicato all’Uomo Ragno… o meglio, a diverse versioni del popolare eroe Marvel, prese di peso dalle tante realtà alternative partorite dalla Casa delle Idee nel corso dei suoi innumerevoli anni di pubblicazioni. Al centro del racconto, dunque, non il Peter Parker classico, ma una delle sue più popolari versioni alternative, ovvero Miles Morales, il giovane Spider-Man afroamericano arrivato in concomitanza del secondo corso della linea di pubblicazioni “Ultimate”, che riscrisse le storie per un pubblico più fresco e con un piglio più attuale.
Scritto da Brian Michael Bendis, Miles Morales è stato concepito, nel suo design, da un orgoglio tutto italiano, quello di Sara Pichelli, artista romana, classe 1983, che dopo un esordio da storyboarder e character designer, ha trovato la sua consacrazione proprio in casa Marvel, dove è attualmente al lavoro sull’attesissimo rilancio dei Fantastici Quattro, la “super-famiglia” per antonomasia del mondo del fumetto americano.
In concomitanza dell’arrivo di “Spider-Man: Un Nuovo Universo” nelle sale, film per altro a dir poco meraviglioso, abbiamo incontrato Sara Pichelli per chiederle qualcosina in più sulla sua carriera, sulle sue ispirazioni e sul lavoro in quella che è l’azienda più ambita da chiunque voglia percorrere la strada del mondo del fumetto internazionale: Marvel.
Sara sono ormai diversi anni che lavori a stretto contatto con il mercato americano, ma dicci, com’è stato approcciarcisi all’epoca del tuo debutto US?
Il mio approccio iniziale, devo ammettere, è stato inconsapevole. Nel 2008 conoscevo quasi per nulla quel mondo, come lo stesso media fumetto e in parte questa “innocenza” mi ha salvata dall’ansia da prestazione iniziale. Ho iniziato a pubblicare con la Marvel dopo aver vinto (insieme ad altri 12) il ChesterQuest, un concorso mondiale indetto dalla Marvel stessa, nella persona di C.B. Cebulski (ora attuale Vice Presidente della casa editrice).
In fondo mi sono fatta le ossa direttamente sul campo, mentre tentavo di capirci qualcosa. È stato divertente e spaventoso allo stesso tempo!
Che cosa significa per un fumettista italiano poter lavorare sui personaggi del fumetto americano e, nel particolare per te, poter lavorare sui supereroi Marvel?
Lavorare sui supereroi, soprattutto per me che non sono cresciuta con loro, è un modo per confrontarmi e conoscere un lato della cultura pop americana.
L’idea dell’uomo con i super poteri nasce appunto oltreoceano, e nel tempo ha portato con sé un mondo articolato e coerente in cui questi super uomini si muovono e crescono.
È un concetto che veicola dei valori, racconta del bene e del male con le loro sfumature e contraddizioni.
Alla fine sono storie sulla natura umana, nelle quali cerchiamo e troviamo un senso di appartenenza che ci fa sentire meno soli con i nostri dubbi e paure.
Ora che il fumetto americano è stato sdoganato con successo al cinema, credi che quegli eroi e quelle storie riescano a mantenere lo stesso fascino delle loro origini?
Inevitabilmente subiranno delle variazioni. Nel passaggio da un medium ad un altro, come per le traduzioni, qualcosa verrà perso, per rendere il film accessibile a chi quel mondo non lo conosce affatto.
Ho sentimenti conflittuali nei confronti di questo nuovo trend dei cosiddetti “Cinecomics”.
Se da un lato sono felice che la trasposizione cinematografica susciti nuovo interesse verso il fumetto, dall’altro temo che la libertà dell’arte sequenziale venga messa a rischio per rendere il fumetto sempre di più simile ai film che, si sa, fanno numeri molto più alti.
Tu, per esempio, come ti poni nei confronti dei supereroi al cinema? Sei soddisfatta della direzione intrapresa dal Marvel Cinematic Universe, o avverti un po’ di stanchezza?
Ammetto che l’ultimo film di supereroi che ho visto al cinema è stato “Spider-Man: Homecoming”. Non mi dispiacciono i Cinecomics, anzi alcuni mi sono piaciuti particolarmente. Ma a lungo andare, mi rendo conto, che quello di cui avverto maggiormente la mancanza, è un taglio autoriale nell’approccio ai personaggi e la loro storia. Per molti dei film sui supereroi usciti ultimamente ho avuto la sensazione che fossero girati dalla stessa persona, insomma un’omologazione che a volte rende prevedibile il prodotto.
Parliamo di Miles Morales, quando uscì all’epoca sulle pagine di Ultimate Spider-Man che reazione ti aspettavi, o temevi, da parte dei fan, essendo Miles un personaggio completamente nuovo e afroamericano?
Quando eravamo in procinto di fare uscire il numero uno la pressione era alle stelle. Nessuno di noi, né la Marvel né Brian Michael Bendis (l’autore delle storie ndr) poteva immaginare la reazione del pubblico. Eravamo sicuri che saremmo andati incontro a polemiche, ma questo era tutto. L’unica cosa che ci ha fatto tenere duro era la certezza di aver realizzato al meglio quella storia, ci avevamo messo tutti noi stessi e il massimo delle nostre professionalità, per cui alla fine eravamo impazienti di fare conoscere Miles ai lettori.
Perché un nuovo Spider-Man?
Perché no? La bellezza di Spider-Man è che è un supereroe non per diritto di nascita, ma per un caso del destino. L’idea di Stan Lee che chiunque può indossare quella maschera è il concetto più bello che ci poteva regalare.
Per cui tanti Spider-Man, tante storie diverse non sono una mera imitazione della storia originale, ma un’evoluzione, un passaggio di testimone ed eredità alle nuove generazioni.
Quest’anno hai potuto vedere Miles in due diverse reinterpretazioni, prima come personaggio del videogioco “Marvel’s Spider-Man” in esclusiva per PlayStation 4, poi come protagonista del recentissimo film animato “Spider-Man: Un Nuovo Universo”. Com’è vedere che un proprio personaggio raggiunge una tale popolarità da trascendere il media su cui è stato concepito?
Vedere la mia creazione debuttare nel mondo del cinema e dei videogiochi è stato emozionante.
Io ho ancora il ricordo di me chiusa in una stanzetta a cercare di trovare una faccia a quel personaggio, inventarmi un modo di vestirlo, di farlo muovere. Ecco, sapere che gli sforzi di rendere Miles unico e capace di creare affezione abbiano funzionato mi rende fiera del mio lavoro e di aver potuto partecipare al progetto.
C’è stato un tuo coinvolgimento, o una consulenza, nella realizzazione di questi prodotti?
Ho avuto modo di partecipare al film “Spider-Man: Un Nuovo Universo” collaborando con la Sony Pictures Animation. Nello specifico ho realizzato un pezzo che potrete vedere proprio nel film, si tratta di una delle chiusure dei vari atti in cui è suddiviso il film.
Sei soddisfatta del modo in cui Miles è stato riportato al cinema? Pensiamo ad esempio al modo in cui Miles si muove o combatte a differenza dello Spider-Man originale, lo trovi in linea con quello che immagini ogni volta che lo disegni in movimento?
La Sony ha fatto un prodotto perfetto dal mio punto di vista. Non ha tradito minimamente il Miles dei fumetti pur avendo apportato delle modifiche. E sì, Miles si muove esattamente come me l’ero immaginato, nel modo in cui lo facevo muovere io nelle pagine.
Da un personaggio iconico ad un altro, ora sei al lavoro sui nuovi Fantastici Quattro. Senti il peso, o una qualche responsabilità, nel dover disegnare la famiglia supereroistica per eccellenza? Qual è la direzione che vorresti dare a questo rilancio del team?
Stavolta, sarà perché sono invecchiata, la pressione è molto minore. So che la prima famiglia storica dei fumetti è nel cuore di tantissimi fan e che ne attendono da anni il ritorno, e il mio approccio sarà molto rispettoso della tradizione come è nel desiderio della Marvel e dello sceneggiatore Dan Slott.
Il mondo del fumetto americano è certamente tra i più ambiti per chi ha il sogno di diventare un illustratore o un fumettista professionista. Quali sono i maestri a cui, secondo te, le nuove leve dovrebbero guardare? Ma soprattutto cosa ti senti di consigliare a chi muove oggi i primi passi?
I capi scuola dell’arte sequenziale sono innumerevoli. Nominarli sarebbe noioso e quasi arrogante da parte mia dover scegliere tra questi. Di solito è il cuore che ti spinge verso questo o quell’altro maestro durante il percorso di formazione. Il consiglio che invece do alle nuove leve è cambiato rispetto a quello che avrei dato qualche anno fa. In passato mi premeva raccomandare ai ragazzi di leggere tanti fumetti e disegnare tanto. Ora quello che invece vorrei proporre a chi in questo mondo vuole emergere è quello di esporsi a più stimoli possibili. Non solo stimoli artistici quali la fruizione di fumetti o artbook. Ma concedersi la possibilità di arricchirsi artisticamente tramite la musica, le mostre, i concerti, un buon libro, visitare parchi, nuove città, etc. Accrescere il proprio bagaglio esperienziale dona freschezza alla visione del mondo e l’arte lo riflette. Secondo me il mondo del fumetto oggi non ha solo bisogno di bravi disegnatori, ma di nuove visioni.
Raffaele Giasi