La pizza è il simbolo tricolore nel mondo, ambasciatrice non solo del cibo nostrano, ma di una cultura, di una storia e una tradizione che con fierezza in tutto il globo resistono a numerosi quanto azzardati tentativi di imitazione.
“Fatte na pizza c’a pummarola ‘ncoppa, vedrai che il mondo ti sorriderà” cantava Pino Daniele, e l’artista napoletano ben sapeva che la pizza, in Italia, è qualcosa che va oltre l’essenza di mero cibo, è quasi uno stile di vita, un “credo” laico irrinunciabile per milioni e milioni di persone.
Questa volta però non andremo a Napoli per parlare di pizza, lasciamoci alle spalle il Vesuvio e spostiamoci a nord-est, a Mestre, in provincia di Venezia, in un locale diventato un punto di riferimento per i bongustai del territorio. Il titolare Ruggero “Lello” Ravagnan ci apre idealmente le porte del suo “Grigoris” (gestito con Pina Toscani) e ci spiega cosa vuol dire, in mezzo ad un mondo di chef, alta cucina e piatti ricercati, essere autori di un prodotto così tradizionale e condiviso, ma che allo stesso tempo non stanca mai.
Se vi trovate a Venezia in questo periodo così pieno di attività, tra la regata storica, la Biennale di cinema e di architettura, e volete concedervi un gustoso break, Ruggero Ravagnan è pronto ad accogliervi nel suo “tempio” della pizza. Per farvi aumentare ulteriormente la voglia della “regina” dei piatti italiani, parola di chi le mani le ha continuamente “in pasta”.
- La pizza è sicuramente il prodotto italiano più noto all’estero. Quali sono i segreti di una buona pizza? Crede che, nonostante tutto, rimarrà il piatto simbolo del nostro Paese?
Per una buona pizza la prima regola è la digeribilità, quindi in cucina dobbiamo sapere cosa abbiamo in mano e come lavorarlo, che si tratti di grano o farina o del condimento che andrà sopra l’impasto. Da Grigoris, per nostra cultura, usiamo materie prime di altissima qualità e cerchiamo di lavorarle il meno possibile per rispettarle. Credo, però, che la pizza abbia perso un po’ di visibilità, soprattutto all’estero, contaminata da tutta questa alta cucina.
- Recentemente la pizza italiana è stata anche dichiarata patrimonio Unesco…
Non è stata la pizza ad aver ricevuto il riconoscimento, ma il “sistema pizzeria”. Quindi l’Unesco ha premiato concetti come la convivialità, l’arte dei pizzaioli nello stendere la pasta, la cultura che ruota attorno al mondo della pizza, non tanto il pezzo di pizza in sé. Non mi piacerebbe aprire una pizzeria dove il forno è nascosto, non mi divertirei più: il bello è tutto in quei 3-4 metri dove lavoriamo e dove inforniamo, vedere e toccare le materie prime con le proprie mani e a pochi passi dal cliente.
- Non solo pizza… Lei si è dedicato anche a rielaborare il cannolo. Da cosa viene questa idea e come giudica i risultati?
Il cannolo è nato da un lavoro in condivisione con Corrado Assenza (pasticcere siciliano, ndr). Ci siamo trovati davanti ad uno spicchio di pizza, ci siamo messi in discussione e dopo 4 mesi di test e sperimentazione grazie ci siamo resi conto che con l’impasto avanzato dalla pizza, con la pasta da riporto cioè, si riusciva a creare un cornicione particolarmente croccante da poter trasformare in un cannolo, farcito poi con baccalà e pomodorino. Un prodotto che portiamo sempre negli eventi come entrée o come aperitivo. Un piatto molto allegro, che crea entusiasmo e che conquista le persone.
- La pizza è sicuramente un prodotto tradizionale nella nostra cultura, ma dietro al suo lavoro quante sperimentazioni, prove, rielaborazioni ci sono per creare nuovi gusti e nuovi sapori?
È il segreto di un’azienda che fa pizza: mettersi in discussione, creare, essere curioso perché la curiosità innesca l’entusiasmo e tutta quella voglia di creare cose nuove. Contiamo in questa seconda parte dell’anno di dotarci di uno spazio riservato esclusivamente alla ricerca e alla sperimentazione dove poter crescere, creare abbinamenti e impasti nuovi.
- La sua pizza preferita da mangiare? E quella da preparare?
Diciamo che mi piace mangiare una pizza di origine campana: fiordilatte, pomodoro San Marzano, peperone bio pappaccella e salsiccia rossa di Castelporto, un salame eccezionale lavorato a mano. Da preparare, invece, preferisco una che facciamo con prosciutto Joselito e una crema di nocciole e mascarpone, con un cacio ricotta a scaglie sopra. Strepitosa.
Alessandro Creta