Orazio Benevolo e la policoralità romana nel Seicento

Orazio Benevolo e la policoralità romana nel Seicento

Numerosi i tesori musicali del primo barocco che ancora restano celati nei tanti archivi romani e che attendono di essere riscoperti e, soprattutto, riproposti in concerto e in incisioni discografiche. È, dunque, con particolare gradimento che accogliamo l’incisione dell’inedita Missa Si Deus pro nobis di Orazio Benevolo, di recente proposta dall’etichetta Alpha (Alpha 400, 1 CD, www.outhere-music.com). Orazio Benevolo, di origine francese ma naturalizzato “romano” è stato uno dei grandi rappresentanti di quella forma musicale, la policoralità, che ha dato alla storia della musica, in particolare quella del XVII secolo, capolavori assoluti in cui la monumentalità compositiva si sposa in maniera perfetta con le superbe architetture della Roma del Seicento. I nuovi edifici religiosi concepiti dai geni dell’architettura del tempo si vedono arricchititi di cappelle, cantorie, organi che, evidentemente, favoriscono una concezione spettacolare dell’intervento musicale. A dispetto delle rigide regole imposte dal Concilio di Trento in tema musicale, e rispettate esclusivamente – almeno per quel che riguarda il caso romano – dalla cappella sistina, i compositori del Seicento romano si cementano nelle più incredibili architetture policorali, con l’uso, appunto, di ensemble strumentali-vocali organizzati in più cori che trovano spazio nelle cantorie delle chiese barocche. Quest’ultime diventano veri e propri palcoscenici musicali in cui l’elemento sonoro va di pari passo con l’evento liturgico in una simbiosi che non avrà eguali nella musica a venire.

Benevolo ha avuto un ruolo fondamentale nella diffusione del linguaggio policorale e i suoi ingaggi come maestro di cappella in alcune delle più importanti cappelle musicali romane (S. Maria in Trastevere, S. Spirito in Saxia, S. Luigi dei Francesi e la Cappella Giulia di S. Pietro) la dicono lunga sulla sua fama. La Missa Si Deus pro nobis qui proposta, accanto ad altri brani liturgici di altri importanti compositori del tempo come Monteverdi, Palestrina e Frescobaldi, si presenta con un eccezionale organico di 4 cori per un totale di 16 voci accompagnate in questa incisione da 15 strumentisti al basso continuo. Bastano questi pochi dati numerici per farci comprendere la singolarità di questa messa la cui esecuzione fu, evidentemente, destinata ad un evento speciale… E a Roma, erano molte le occasioni solenni in cui le cappelle venivano rinforzate con cantanti e strumentisti esterni per celebrare degnamente un particolare evento.

In questa messa si nota la grande sensibilità di Benevolo nell’assecondare i singoli passi testuali del Gloria, del Credo per, poi, lanciarsi in esplosioni di masse corali dialoganti tra loro nei momenti culminanti come, ad esempio, avviene nel Kyrie iniziale e nell’Agnus Dei. Nello stile di Benevolo, ritroviamo tutti gli stilemi: il contrappunto imitativo, il linguaggio accordale, lo stile antifonale dei cori che si rispondono vicendevolmente, il tutto proposto attraverso una magistrale regia musicale in cui il compositore adegua ogni sua scelta musicale all’esaltazione del testo liturgico.

Per un spettacolo sonoro di tal fatta non potevano mancare interpreti d’eccezione quali sono i componenti del Concert Spirituel diretto da Hervé Niquet che offrono una lettura sublime di queste musiche. L’ensemble vocale è perfettamente calibrato nel gioco dei “soli” e dei “tutti” così come anche l’intervento dell’ampio organico deputato al basso continuo, che si giustifica proprio in virtù delle varie masse corali coinvolte. Il basso continuo è realizzato da vari organi, violoni, tromboni, dulciane, che sostengono armonicamente e si sostituiscono o accompagnano le linee vocali in un continuo cangiare di colori e sonorità. Decisamente calata nello spirito barocco, l’interpretazione di Hervé Niquet è semplicemente eccellente nel suo saper coinvolgere e sedurre l’ascolto con una sapiente gestione della variegata materia sonora.

Postilla

Doveroso, di fronte a questa registrazione, ricordare il lavoro del musicologo Jean Lionnet che nei decenni scorsi ho avuto il privilegio di incontrare durante ricerche condotte tra Roma, Malta e Versailles. Grande studioso della musica romana seicentesca, è grazie anche alle sue trascrizioni – tra cui quella di questa messa – se oggi abbiamo la possibilità di ascoltare questo capolavoro.

Franco Bruni