Era il 1922 quando venne alla luce il capolavoro dell’Espressionismo Tedesco “Nosferatu – Eine Symphonie des Grauens” di Fredrich Wilhelm Murnau. Allora si trattò di un titolo che terrorizzò le platee della Repubblica di Weimar grazie al sinistro potere evocativo della pellicola, capace di raccogliere su di sé tutte le paure della società dell’epoca. Oggi è uno dei capisaldi della storia del cinema, un mostro sacro ancora osannato dalla critica e oggetto di discussione tra cinefili di ogni generazione.
Per Andrea Mastrovito, però, si è trattato di molto di più. Di fonte d’ispirazione, tanto per cominciare. Ma anche di base (concretamente parlando) su cui costruire un proprio, personale discorso filmico. Nasce così, dopo 3 anni di gestazione, “NYsferatu – Symphony of a Century”, il lungometraggio animato e muto presentato all’ultima Festa del Cinema di Roma, di cui il videoartista Mastrovito è stato ideatore e regista. Dal MAXXI di Roma al MAD di New York, dopo aver esposto in tutto il mondo (con personali e installazioni permanenti), Mastrovito esordisce al cinema dunque con una precisa scelta stilistica: quella che lo porta a calcare fedelmente le frequenze di Murnau, a riprendere ogni frame per portare a nuova vita, tramite la tecnica del rotoscoping, la storia del vampiro Nosferatu.
I personaggi sono dunque gli stessi, così come la trama, ma l’ambientazione è cambiata: con un balzo temporale notevole, i protagonisti, i loro abiti e gli oggetti da loro usati sono ora traslati nella New York contemporanea. Non solo: il Conte Orlok, l’inquietante non morto, non vive più in Transilvania, ma nella Siria dilaniata dalla guerra, ed è da lì che sbarca in America portando con sé esclusivamente la propria bara. Un viaggio simbolo che raccoglie su di sé l’odissea che oggi in tanti sono costretti a vivere, in fuga da conflitti, carestie e violenze. Ma anche di chi decide di stabilirsi altrove per cercare fortuna e per portare avanti una carriera, così come successo allo stesso Mastrovito, da anni trasferitosi nella Grande Mela. Ed è lui stesso che ci racconta di più su questa sua interessante creatura.
Oggi i film sono fatti con le più avanzate tecnologie, mentre tu con “NYsferatu” torni al disegno. Come mai questa scelta? Il disegno è alla base di ogni processo artistico, perché è passaggio dall’idea alla realtà. Viviamo in un’epoca in cui c’è bisogno di reinventare i significati del mondo, e il disegno può aiutare in questo. Grazie a esso ho riscoperto i significati nascosti del film “Nosferatu”, i tanti significati nascosti. Ho capito come ricostruire tutto dalle basi e cosa c’era da mettere in evidenza. Dunque, per me, il disegno è un fondamentale strumento per indagare e ricostruire.
Nel film di Murnau, il vampiro Nosferatu dalla Transilvania arriva in Germania, mentre nella tua rivisitazione proviene dalla Siria. Perché questa collocazione geografica?
All’epoca in cui Bram Stoker scrisse il romanzo “Dracula”, la Romania faceva parte di quei posti percepiti come fuori dal mondo civilizzato. Oggi per gli Usa, e non solo, lo è la Siria. L’Isis è, purtroppo, un argomento sempre molto presente in ogni conversazione. Costituisce una sorta di mostro nero, così come la Siria adesso.
E come mai la scelta di far vivere i protagonisti, Hutter ed Ellen, a New York?
Io sono di Bergamo, ma credo che non sarebbe stato poi così interessante ambientare lì il film, almeno non interessante come a New York. Ho scelto poi un luogo specifico della Grande Mela: Ellis Island, nella baia della città, dove sono transitati tutti i milioni di immigrati che sbarcavano negli Usa. Non è un caso che l’agenzia immobiliare per cui lavora Hutter voglia dare al Conte Orlok, uno straniero che viene dalla Siria, l’edificio di Ellis Island come abitazione.
Nel film, oltre alle didascalie che narrano la vicenda e fungono da dialogo, sono visibili anche diversi slogan e scritte. Qual è il significato di questi elementi?
Vivendo a New York, vi assicuro che quotidianamente sono bombardato da tantissime scritte, pubblicitarie o meno. Guardando “NYsferatu”, si nota comunque come gli slogan siano del tutto slegati dalla trama: a volte sono a tema politico, a volte citano frasi di altri artisti… Raccontano una storia diversa, parallela, rispetto a quella contenuta nel film.
Parliamo della colonna sonora che, trattandosi di un film muto, riveste un ruolo particolarmente importante. Com’è stato lavorare con il compositore Simone Giuliani?
Simone è stato molto bravo a centrare dei punti focali di “NYsferatu” e a enfatizzarli con la musica, come ad esempio con il personaggio di Ellen, che rappresenta la libertà: quando viene inquadrata si sente come una sorta di grido, di gemito.
Fonte di ispirazione per lui sono stati i Queen e i Metallica, ma non solo. Si è basato molto anche sul contrasto musicale tra gli Usa e la Siria, chiamando a collaborare con sé alcuni musicisti siriani con gli strumenti tipici del loro Paese.
Ne è uscito fuori un bellissimo lavoro.