Testi e foto di Franco Bruni
Dalla tomba di Ciro il Grande che nella sua solitaria maestosità si staglia sulla piana dove un tempo si trovava l’antica città di Pasargade, all’incontenibile vitalismo caotico della moderna Teheran, la Persia, oggi Repubblica Islamica dell’Iran, offre un campionario incredibile di tracce storiche, di testimonianze ultramillenarie che la rendono una terra tanto affascinante quanto unica
Un paese che a partire dalle lontanissime origini zoroastriane, ha saputo salvaguardare le sue peculiarità e la sua integrità culturale attraverso i secoli, seppur convivendo, oggi, con le non facili contraddizioni di un popolo in bilico tra la ricerca della libertà e il rigore culturale cui è soggetto.
Un ideale itinerario dedicato all’Iran non potrebbe che iniziare con la visita delle antiche vestigia degli Achemenidi che hanno lasciato a Pasargade e, soprattutto nella vicina Persepoli – residenza voluta da Dario I e oggi patrimonio
dell’umanità –, la testimonianza più impressionante della loro arte civile e funeraria: gli immensi portali, le colonne vigorose arricchite da fantasiosi capitelli e gli infiniti bassorilievi descrivono magnificamente la potenza di questa civiltà, che neanche l’incendio causato dall’esercito di Alessandro Magno nel 331 a.C., durante la sua avanzata alla conquista dell’Oriente, ha saputo scalfire. E che dire dell’impressionante complesso di Naqsh-e Rostam con le sue tombe reali, scavate lungo le alte pareti rocciose che ospitano le spoglie di Dario, Serse, Artaserse e Dario II.
Lasciato alle spalle l’antico splendore di Persepolis, proseguiamo verso la città di Shiraz, nota fra l’altro per accogliere le spoglie del grande letterato Hafez, annoverato tra le più alte e nobili espressioni della poesia persiana. A Shiraz, il cui centro storico è dominato dalla cittadella fortificata del Karim Khan, edificata nel XVIII secolo sotto la dinastia Zand, da non mancare è la visita del Narenjestan: una storica dimora che svela in tutto il suo splendore la millenaria cultura dei giardini che, con i loro infiniti canali d’acqua, sembrano piccoli angoli di paradiso profondamente amati e frequentati dal popolo iraniano. Proseguendo la visita, si scopre lo splendore della moschea Nasir ol Molk detta “moschea rosa”, elegantissima architettura del XIX secolo, di cui si ammira in particolar modo la sala della preghiera invernale con le sue splendide colonne scolpite e le vetrate colorate. Ma un’esperienza ancor più sensazionale ce la riserva il santuario di Imamzadeh-Ye Ali Ebn-e Hamze che ospita la tomba del nipote dello scià Cheragh, l’emiro Ali; l’edificio è arricchito da spettacolari volte e pareti interamente rivestite da specchi che creano uno effetto caleidoscopico quanto mai unico.
Spostandoci da Shiraz alla città di Yadz, il paesaggio è costellato da incredibili vette, antiche corrugazioni di una terra in perenne assestamento con cui la sapienza costruttiva dell’uomo ha imparato a convivere nei secoli. A Yadz dove i vicoli e le dimore di fango e paglia del centro storico ci immergono letteralmente in un lontano passato remoto, ci colpisce l’abilità dell’uomo nell’aver saputo adeguarsi a un clima torrido attraverso le originalissime “torri del vento” che caratterizzano lo skyline della città: incanalando le correnti d’aria, queste torri riescono a rinfrescare gli interni delle abitazioni. Yadz è anche la città zoroastriana per eccellenza che riunisce la più grande comunità di fedeli del mondo (circa 7000); ed è qui che ha sede il tempio del fuoco in cui tizzoni ardenti alimentano da 1500 anni, ininterrottamente, la fiamma sacra. Sempre a Yadz sono incantevoli, nella loro solitaria imponenza, le torri del silenzio, poco al di fuori del centro abitato, dove i corpi dei defunti venivano, fino a pochi decenni or sono, lasciati in balia delle intemperie e degli avvoltoi. A queste si oppone la ricchezza della moschea del venerdì che vanta il portale e i più alti minareti – ben 48 metri – di tutto l’Iran.
Lasciate alle spalle le silenziose vie del centro storico di Yadz, l’impatto con l’eleganza di Isfahan, divenuta capitale sotto la dinastia dei Safavidi nel XVI secolo, costituisce una esperienza grandiosa, che ci permette di scoprire ed apprezzare ancor più da vicino le raffinatezze della produzione architettonica che ha lasciato, tra il XVI e il XVIII secolo, testimonianze di straordinario livello. Sede del Maidan-e-Naghsh-e-Jahan (“modello del mondo”) una delle piazze più grandi e impressionanti del mondo su cui si affacciano palazzi e moschee che sembrano scrigni a cielo aperto, Isfahan ci ripropone, intatto, tutto lo splendore del regno safavide. Una magnificenza che ritroviamo nel padiglione reale di Chehel Sutun con i suoi interni fantasticamente affrescati, nell’imponente palazzo reale di Ali Qapu che domina la piazza di Naghsh-e-Jahan, nella grandiosità della Moschea del Venerdì, fondata nell’XI secolo, e di tanti altri edifici religiosi e civili che impressionano per la loro ricchezza architettonica, l’infinita varietà geometrica delle decorazioni e i caratteristici motivi a stalattite (“muqarnas”) che adornano le volte di edifici religiosi e civili. Una città che colpisce anche per i numerosi e curatissimi giardini, nonché per i bellissimi ponti che attraversano il fiume Zayandè: impressionante quello seicentesco di Si-o-se Pol con le sue 33 arcate, e anche il ponte Khaju che, durante le torride calure estive, si riempie all’inverosimile di una popolazione festante… Sempre sperando che il fiume non sia in secca, come spesso accade nei mesi più caldi. La città nasconde, infine, anche un “cuore” armeno con una propria cattedrale, un proprio centro museale e una nutrita comunità di fedeli.
Se Isfahan costituisce il lato più appariscente del potere civile e religioso dell’impero persiano, a Kashan, lungo la strada diretta a Teheran, troviamo le più belle dimore private di epoca qagiara (XVIII-XIX secc.) di tutto l’Iran: un tripudio di raffinatezze architettoniche di geniale inventiva, dove, celati da portoni che nulla lasciano intravedere dall’esterno, si trovano splendidi palazzi riccamente decorati e impreziositi dalla presenza di cortili, fontane, portici in una continua e mutevole serie di prospettive di grande fascino.
Il nostro viaggio sta per completare ma vorremmo, davvero, disporre di molto più tempo per visitare i tanti altri volti nascosti, e le bellezze artistiche e naturali che questo paese offre. Decidiamo dunque, prima di giungere a destinazione, di soffermarci nell’isolato quanto pittoresco villaggio di Abianeh, a 2200 metri di altitudine; un luogo che colpisce per l’armonia delle sue semplici case di fango e paglia, e dove le donne vestono tipici costumi dai colori sgargianti, mentre gli uomini indossano singolarissimi calzoni simili a gonne. Stranezze e usanze tra le più variegate che persistono nei secoli stimolando la nostra curiosità.
Dominata dai 4000 metri della catena dell’Elburz, giungiamo infine a Teheran attraverso l’ardita Torre Azadi, voluta dall’ultimo scià Reza Palhevi, costruita nel 1971 dall’architetto Hossein Amanat per celebrare i 2500 anni dalla fondazione del regno achemenide. Una città di nove milioni di abitanti, succube di un traffico oceanico che riesce, suo malgrado, a serbare alcune sorprese: i suoi ricchi musei, i rari ma alquanto affascinanti giardini, le ricche dimore dei Palhevi che si scontrano con l’estrema semplicità degli ambienti abitati dall’ayatollah Khomeini nel suo ultimo decennio di vita. Aspetti stridenti di una città in continua espansione, aperta alla modernità ma rigorosamente fedele alle sue tradizioni.