I ragazzacci di Edimburgo tornano a far danni. Vent’anni dopo non sono più i treni a far “passare” la droga, ma il porno. Come l’antesignano cult del trip di fine secolo, «T2: Trainspotting» riparte da quei quattro balordi, invecchiati ma con ancora la voglia di essere “fuori” dalle regole e dal mondo. Li ritroviamo brizzolati, ma sempre infantili e pronti a lanciarasi in un nuovo businness, quello del sesso, che adesso sembra più appagante di un flash di eroina.
Danny Boyle, il regista di un film di culto che andò contro tutte le regole e che fece la fortuna di Ewan McGregor e Robert Carlyle – e con minore intensità di Ewen Bremner e Jonny Lee Miller – lo incontriamo in una caserma abbandonata a pochi passi dal MAXXI di Roma. E’ giovanile nonostante i quasi sessanta anni. Il sorriso e la voglia di raccontare la sua nuova avventura sono gli stessi di vent’anni fa. Chiacchiera con piacere di “T2: Trainspotting”, un titolo imposto dalla produzione per dare continuità al suo famoso film. “Già dieci anni fa ebbi l’idea di dare un seguito a Trainspotting, ma non mi pareva fosse all’altezza del romanzo «Porno» di Irvine Welsh… la trama che avevo in testa sapeva di stantio e non avrebbe retto il confronto”. Esordisce ricordando un periodo frenetico di scrittura che poi si arenò del tutto. “Così ho aspettato che i tempi maturassero e assieme allo sceneggiatore John Hodge ho cercato un’altra strada: l’invecchiamento, la nostalgia e l’amicizia che in questi vent’anni, dopo tutto, non è cambiata.” Sottolinea specificando inoltre che “Le donne invecchiano meglio. Gli uomini restano sempre bambini, hanno una dipendenza sconfinata dai bei tempi”. Ed è proprio su questo piano che il film trova il suo plot. Renton (McGregor) torna ad Edimburgo dopo un lungo “esilio”. Qui ritrova Spud (Bremner), Sick Boy (Miller) e sfortuna sua, anche Begbie (Carlyle) uscito di prigione e ancora in cerca di vendetta. Ma il quartetto, nonostante tutto, forma una sorta di vecchia fratellanza. Durerà?
Mister Boyle, due decadi sono tante. Cosa è cambiato nella vita di questi “ragazzi”?
Sostanzialmente nulla, tranne il fatto che sono più grandi d’età, ma lo spirito fanciullesco è quello di sempre. A ben vedere gli uomini sono più lenti ad accettare il passare del tempo e per loro, oggi, il vero oggetto di dipendenza è la giovinezza. Forse per questo, ad un certo punto, quasi come un quadratura del cerchio, il rapporto tra nonni e nipoti è sempre più forte.
Considera “T2: Transpotting” un film sulla nostalgia?
No, anche se la nostalgia tende sempre a ritornare. Quando abbiamo pensato a questa seconda parte avevamo ben presente cosa avrebbe detto il pubblico che in parte è invecchiato come i protagonisti. Il tema del film è proprio questo: l’età adulta che entra di prepotenza nella maturità.
Come è stato lavorare di nuovo con Renton e compagni?
Ho scoperto che tutti avevano voglia di fare un sequel di Trainspotting. Erano talmente entusiasti di tornare a lavorare assieme che si è ricreata la magia del primo film. Istinto e coraggio hanno prevalso sulla tecnica. Lo stesso è accaduto a me e devo dire che fare un salto indietro nel tempo è stato salutare per tutti, ma al contrario di vent’anni fa, questo film è davvero corale. Renton non è protagonista assoluto come l’altra volta, adesso tutti i personaggi hanno pari rilevanza.
Nel 1996 Traispotting era un film sullo sballo, la realtà era vissuta in maniera lisergica. Oggi, questo film, ai tempi della Brexit e forse più realista…
Sì, certo. In sottotraccia si parla della condizione degli uomini di mezza età che oggi, al contrario di ieri, si sentono “fottuti”. L’originale non aveva pretese alla Ken Loach. I quattro ragazzi vivevano in una bolla di tossicodipendenza, mentre oggi con la Brexit tutto è più complicato e il vero “sballo” è tirare a campare come meglio si può.
Quindi è d’accordo che il futuro dei giovani inglesi è in bilico?
Come padre devo confessare che sono molto preoccupato del futuro lavorativo dei miei figli. La crisi della classe operaia negli anni Ottanta è nulla a confronto di quella che si affaccerà presto sul mio Paese. Trent’anni fa la meccanizzazione fece perdere un mucchio di posti di lavoro e la working class venne in parte decimata. Oggi a farne le spese è , invece, la classe media.
Anche per lei sono passati vent’anni. Da regista cosa è cambiato?
Professionalemente mi sento appagato. Dai tempi di Trainspotting ho fatto salti da gigante, ma non mi sento migliorato, anche perché sono convinto che i miei primi film sono e resteranno i migliori, spinti dalla freschezza e da quell’incosapevolezza che è andata in parte perduta con la maturità artistica. Direi che erano più innocenti, audaci e molto coraggiosi.
Roberto Leggio