di Franco Bruni
Ensemble Faenza
Nell’elegante “salone rosso” della residenza di Catherine Virlouvet, direttrice dell’École française de Rome, istituto ospitato insieme all’Ambasciata di Francia nella suggestiva cornice di Palazzo Farnese a Roma, ha avuto luogo il 5 dicembre 2016 un concerto di musiche inedite del Seicento romano dedicate alla figura di Ercole Bernabei. Quale migliore location per un concerto in cui si è potuta ricreare l’atmosfera di quel “fare musica” dei secoli passati, quando le dimore aristocratiche romane erano il fulcro di una attività culturale di primissimo livello e dove le arti performative giocavano un ruolo di primo piano nella complessa trama di relazioni diplomatiche e politiche. Affidata all’Ensemble Faenza diretto da Marco Horvat, l’esecuzione di musiche di Bernabei ha costituito una vera chicca in quanto per la prima volta sono stati eseguiti brani profani di questo compositore, noto per aver diretto nel corso del XVII secolo la cappella musicale di San Luigi dei Francesi e la cappella Giulia a San Pietro.
Bellissime ed egregiamente eseguite le musiche del “Concerto Madrigalesco” – titolo dato alla raccolta di madrigali a tre voci data alle stampe dal Bernabei nel 1669 in onore di Flavio Orsini – che hanno visto protagoniste le voci dei soprani Olga Pitarch e Bersabée Haas, dei tenori Serge Goubiod e Francisco Mañalich e del basso Marco Horvat. Concepiti per un organico a tre voci, questi madrigali sono stati riproposti dall’Ensemble Faenza con l’accompagnamento del basso continuo, realizzato come era costume dell’epoca da viola da gamba, tiorba, chitarra, arciliuto e clavicembalo. Destinati ad un’udienza colta questi madrigali, genere in auge nel ‘500, mostrano come anche nel corso del Seicento, e oltre, hanno continuato a rappresentare un banco di prova per tanti musicisti nonché un genere particolarmente apprezzato dall’aristocrazia dell’epoca.
Il concerto è stata anche l’occasione per il lancio ufficiale di un interessante programma di ricerca denominato “PerformART”, diretto dalla ricercatrice francese Anne-Madeleine Goulet, che si è avvalso del Consolidator Grant dello European Research Council e del supporto logistico dell’École française de Rome (www.performart-roma.eu); un progetto che attraverso la collaborazione di storici e musicologi ambisce a ricostruire il fenomeno del mecenatismo artistico di alcune delle più influenti famiglie nobile romane tra Sei e Settecento.
Anne-Madeleine Goulet
Chiediamo ad Anne-Madeleine Goulet quale siano le peculiarità del mecenatismo romano, e soprattutto ciò che lo differenzia, eventualmente, dalla coeva realtà francese:
“Nel Sei e Settecento Roma aveva una fisionomia singolare rispetto al resto d’Europa: era il centro della Chiesa cattolica, con a capo un Pontefice Sovrano esercitante il potere temporale e spirituale; era la capitale degli Stati pontificali; era, infine, una città la cui vita politica, economica e sociale era dominata da una ventina di famiglie aristocratiche. Che si trattasse dei suoi palazzi, delle sue ville, o delle chiese e delle confraternite in cui essa era coinvolta, la nobiltà romana, ben cosciente dell’importante ruolo che il mecenatismo artistico aveva, utilizzava i propri spazi di influenza per esibire i suoi artisti. Nella società romana del tempo, dove la corte pontificale coesisteva con numerose altre corti cardinalizie e principesche, il fenomeno del mecenatismo si discostava molto da quello della corte francese: se il policentrismo romano impediva un controllo dall’alto e offriva molteplici spazi di libertà e creatività, al contrario la centralizzazione politica e culturale di Versailles era sotto il diretto monopolio del re”.
Come ha strutturato/organizzato le varie fasi di questa ricerca, tenendo conto della complessa realtà storica romana e la presenza di un notevole numero di archivi storici?
“La nostra equipe scientifica è composta da 17 ricercatori, 4 archivisti, due supervisori specialisti degli archivi romani con un ambito di azione che raggruppa anche altri sette paesi (Francia, Spagna, Portogallo, Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi e Danimarca. La nostra ambizione è l’esplorazione sistematica degli archivi di 11 famiglie romane: Aldobrandini, Borghese, Caetani, Chigi, Colonna, Lante della Rovere, Orsini, Ottoboni, Pamphilj, Ruspoli e Sacchetti. Il periodo scelto rappresenta, nella storia dell’aristocrazia romana, un momento particolare in cui la competitività mecenatistica gioca un determinante ruolo simbolico nella conferma del suo potere. Il progetto copre un periodo che parte dal 1644, anno di elezione di papa Innocenzo X Pamphilj e si conclude nel 1740 con la morte del cardinale Pietro Ottoboni, grande mecenate, data che segna anche la fine di quello che è chiamato il “piccolo nepotismo” attraverso il quale il pontefice utilizzava la propria posizione per favorire l’ascesa sociale degli appartenenti alla sua famiglia.
I primi tre anni del progetto si concentreranno sulla raccolta di dati e informazioni che verranno poi gestite all’interno di una banca-dati appositamente concepita. Tutto ciò sarà poi messo a disposizione della comunità scientifica attraverso un sito web dinamico. Dodici seminari di ricerca e due giornate di studi costituiranno i momenti in cui l’equipe si riunirà per scambiare dati e informazioni e per fare un punto sulle metodologie seguite. Nel settembre del 2019 un convegno internazionale permetterà infine uno scambio ulteriore con i migliori esperti in campo internazionale.
Altro interessante aspetto, oltre alla ricerca d’archivio, sarà un’analisi scientifica, comparativa e interdisciplinare che possa illustrare l’originalità della “spettacolarità” romana, studiare il mecenatismo e il suo sviluppo, il ruolo delle arti dello spettacolo nel processo di costruzione identitaria, i modi di retribuzione degli artisti e i loro rapporti con il mecenate. I risultati di questa ampia inchiesta saranno infine pubblicati dall’École française de Rome e da altri editori scientifici”.
L’apporto dato dalla ricerca storica rappresenta la condicio sine qua non affinché si possano portare alla luce fonti inedite senza le quali sarebbe impossibile scrivere la “storia” delle arti performative. In questo senso il caso “romano” rappresenta un campo di studi privilegiato per la vastità delle fonti ancora non del tutto esplorate. Il “Concerto Madrigalesco” eseguito a Palazzo Farnese è un ottimo esempio di come la ricerca possa contribuire a far conoscere l’attività musicale di protagonisti della storia musicale altrimenti sconosciuta. In questo progetto da lei diretto sarà dato ulteriore spazio ad eventi miranti a far rivivere i fasti dell’aristocrazia romana tra Sei e Settecento?
Frontespizio del “Concerto Madrigalesco” di Ercole Bernabei
“Lo European Research Council sostiene principalmente progetti di ricerca e il nostro budget è destinato essenzialmente al lavoro dei ricercatori e degli archivisti impegnati nel progetto. Ciononostante ho tenuto molto ad inaugurare il progetto con un concerto per illustrare al meglio l’impatto che la nostra ricerca potrebbe avere su future manifestazioni musicali, teatrali o coreografiche, grazie ai dati raccolti. È durante Le mie ricerche sulla Princesse des Ursins, moglie di Flavio Orsini, che ho scoperto, ad esempio, l’esistenza del “Concerto Madrigalesco” di Ercole Bernabei, musicista legato agli Orsini, tanto da dedicare la sua raccolta madrigalistica a Flavio Orsini, duca di Bracciano. L’Ensemble Faenza ha fatto il resto, proponendoci questo concerto di musiche altrimenti cadute nell’oblio”.
E questo concerto ha reso bene l’idea di come il contributo della ricerca storica costituisca lo stimolo per tanti artisti nel riproporre musiche e repertori che attendono di essere riscoperti.
Ringraziamo Anne-Madeleine Goulet e la sua equipe per l’impegno dedicato allo studio del mecenatismo romano, e le auguriamo un grande “in bocca al lupo” per il proseguimento di questo ricco programma di ricerca che darà senz’altro un consistente contributo alla storia culturale della Roma barocca.
(Traduzione di Franco Bruni)