Secondo una ricerca sul consumo di oli extravergini d’oliva, condotta presso l’Università della California, la motivazione principale che spinge gli americani al consumo del prodotto è quella relativa alla salute. Questo fenomeno “salutare” è stato messo in moto principalmente dalla macchina promozionale condotta da diverse istituzioni negli ultimi dieci anni. Nel 2004, per esempio, la Food and Drugs Administration, l’ente statunitense che effettua i controlli sulla sicurezza alimentare e sui farmaci, ha riconosciuto ufficialmente le proprietà salutiste dell’olio d’oliva, autorizzando che sulle etichette delle bottiglia ci sia scritto: “mangiare due cucchiai di olio d’oliva al giorno può ridurre il rischio di danni coronarici grazie all’azione degli acidi grassi monoinsaturi dell’olio d’oliva”. Dopo la salute, la seconda spinta al consumo di olio d’oliva è data dall’utilizzo del prodotto in cucina: l’olio è presente nelle ricette mediterranee come ingrediente da utilizzare per preparazioni tipiche. In questo caso il grande merito va all’Unesco che recentemente ha riconosciuto la dieta mediterranea patrimonio dell’umanità, contribuendo a incrementare la sua conoscenza e diffusione nel mondo. Scendendo la classifica, solo al quinto posto si colloca il gusto del prodotto.
L’amaro e il piccante, determinanti per stabilire la qualità dell’olio d’oliva, vengono percepiti dagli statunitensi sgradevoli e addirittura tossici. Gli americani preferiscono caratteristiche del gusto tipicamente considerate difetti e alterazioni come: il rancido, l’ammuffito e l’avvinato. Anche le modalità di acquisto del prodotto differiscono molto rispetto a quelle dei Paesi mediterranei, dove spesso l’olio viene acquistato sfuso direttamente dai piccoli produttori. Negli USA, il 68% dei consumatori acquista il prodotto al supermercato, il 50% lo compra in negozi specializzati, mentre il 43% nei mercati agricoli. Per indirizzare gli americani verso un consumo dell’olio d’oliva più consapevole e corretto bisognerebbe effettuare una campagna di informazione precisa riguardo alle caratteristiche intrinseche del prodotto, ai suoi effetti benefici (dovuti principalmente ai polifenoli tipici del gusto amaro) e, inoltre, andrebbe presa in considerazione l’idea di promuovere, educando, l’utilizzo dell’olio in cucina secondo quelli che sono gli usi e i gusti mediterranei.
Sottolineare la correlazione tra qualità del prodotto, proprietà sensoriali e salutistiche è essenziale. Si tratta di una sfida difficile, non solo culinaria ma anche storica e culturale, ma necessaria, in quanto gli Stati Uniti rappresentano un mercato in costante crescita e l’export italiano ha un ruolo chiave e strategico, essendo l’Italia il principale fornitore di olio d’oliva per l’America.
di Laura Saggio