La formula è semplice ed efficace, ci si iscrive gratuitamente ad uno dei numerosi siti per ricevere quotidianamente le offerte proposte con forti sconti. Si trovano ristoranti, alberghi, centri benessere e tanto altro con sconti fino al 90%. Si acquista on line un coupon e, in alcuni casi, raggiunto il numero minimo richiesto, si contatta il fornitore per avere la prestazione acquistata.
Un’idea semplice ed efficace come dice lo stesso Andrew Mason, trentenne ex musicista di Chicago e inventore di Groupon, leader indiscusso dei social shopping oggi presente in soli due anni in oltre 40 paesi nel mondo, che ha aperto la strada ad altri competitor mondiali come Groupalia, Lets Bonus, Living Amazon e alle italiane come Poinx, Jumpin e Prezzo Felice.Il successo del fenomeno e-commerce più importante degli ultimi anni risiede su un posizionamento semplice ed efficace: l’azienda che si propone sui questi portali con un’offerta a forte sconto, ha l’obiettivo di acquisire un nuovo cliente utilizzando un nuovo e innovativo canale di comunicazione. Per accedere all’inserzione non si paga nulla. Solo sui coupon venduti la piattaforma di social shopping trattiene una commissione. Ma a questo punto il cliente ha già comprato ed il costo della commissione per la pubblicità avuta è certamente ben speso dall’inserzionista. L’azienda venditrice non deve far altro che accogliere il nuovo cliente con la massima attenzione ed offrire il miglior livello di servizio possibile per poterlo fidelizzare: il cliente soddisfatto tornerà certamente dal fornitore non più come “couponista occasionale”, ma come cliente abituale al quale verranno inevitabilmente riservati trattamenti di favore.
La formula “social” di questi gruppi di acquisto alimenta le accelerazioni vertiginose del passaparola; i “mi piaci”, i “condividi”, i “taggati” e i “linkati” non fanno altro che premiare le offerte migliori, ma possono annullare in un attimo quelle peggiori, come è nella tradizione “democratica” dei fenomeni social di internet.
Fin qui tutto bene, ma come spesso accade in Italia, qualcosa potrebbe anche andare storto: può succedere, infatti, che l’esercente tratti malissimo i nuovi clienti che si presentano con i coupon o peggio ancora che il servizio promesso non rispetti quanto dichiarato.Può verificarsi, cioè, l’esatto contrario della chiave di successo e convenienza del mercato che ha portato i social shopping ad occupare posizioni mondiali di servizio. Ma come può accadere che alcuni esercenti scelgano di usare uno strumento di marketing e pubblicità locale così efficace per farsi male da soli? La colpa sta nell’ingordigia delle piattaforme di social shopping che crescono troppo velocemente in un mercato che si affolla sempre di più. Sono due i fattori che generano queste inefficienze: un customer care inadeguato e una appiattita rete di vendita degli operatori social shopping non formata e specializzata.
La finalità del servizio, ossia la ricerca e fidelizzazione del cliente, non è più “spiegata” dalla forza vendite (ormai la più numerosa in italia): questa risponde alle richieste spontanee di tantissime imprese locali che vogliono imitare il loro concorrente, semplicemente presentando un contratto standard da sottoscrivere, senza curarsi di raccogliere gli elementi distintivi dell’impresa, senza illustrarne le finalità del servizio, senza valutare l’impatto che quell’esercizio potrebbe avere ove venissero collocati troppi coupon rispetto alle dimensioni dell’impresa venditrice.Tutto questo standardizza il servizio ed il povero consumatore non sa più distinguere le offerte buone da quelle cattive. Se a ciò si aggiunge che il customer care è spesso incapace di fornire adeguata assistenza alla propria clientela, si arriva alla dispersione delle opportunità e dei vantaggi di mercato.Per fortuna i big stanno già provvedendo ad eliminare queste distorsioni di sistema e ciò genererà un adeguamento anche da parte degli altri competitor. Anche perché, val la pena ripeterlo, internet è uno strumento democratico, veloce ad esaltarti e micidiale se vuole distruggerti.
Altra problematica emersa di recente è quella sollevata dagli ordini professionali che ritengono deontologicamente non corretto lo scavalcamento dei minimi tariffari sulle professioni protette offerte tramite i coupon. I più arrabbiati sono i rappresentanti dell’albo dei camici bianchi, ma anche altri ordini attaccano il sistema non accettando di buon grado le logiche della pubblicità applicata all’esercizio delle professioni (questione ormai antica), anche per il timore che le prestazioni siano erogate da personale non specializzato (i NAS fanno continuamente controlli a campione). Gli ordini professionali, in definitiva, sono arroccati a difendere una posizione corporativa (tema di grande attualità, anche secondo le proposte dell’attuale Governo Monti, fortemente orientato alle liberalizzazioni).
Sta di fatto che, nel bene e nel male, siamo “tutti pazzi per i social shopping”!!!Un esempio di innovazione tutta italiana è la nascita di un social shopping dedicato esclusivamente al mondo delle imprese e liberi professionisti, un vero e proprio B2B (business to business) dei coupon: su www.giraffare.it , affari tra le imprese, si trovano offerte per il mondo delle aziende e liberi professionisti, dove il vantaggio non sta solo nel prezzo scontato ma nella ricerca e selezione di servizi e prodotti innovativi che giraffare fa per i propri utenti. Giraffare non è solo la risposta ai già quotati Groupon, Groupalia e LetsBonus, che si rivolgono al mercato consumer, ma è anche un modello di marketing mix e creatività evidenziati fin dalla scelta del nome del dominio. La semantica è chiara con Giraffare faccio girare gli affari, ti giro un affare, più siamo più affari facciamo. Il riferimento immediato va alla giraffa, animale simpatico e benvoluto da tutti, che con la sua fisicità rappresenta la maggiore visibiltà per l’inserzionista di mettersi in mostra nella “giungla” delle offerte indifferenziate.