Roma – Una commedia con venature horror che racconta di due proto serial killer, William Burke e William Hare, che tra il 1827 ed il 1829, uccisero per “povertà” diciassette persone per poi rivenderne i corpi all’Università di Edimburgo, dove venivano sezionate durante le lezioni di anatomia. Il film, che era stato già presentato all’ultimo festival di Roma, con un incredibile successo, arriva nelle sale italiane venerdi 25 Febbraio distribuito dalla Archibald. Anche in quell’occasione Landis si trovava a Roma per presentare la sua ultima opera. Così, sull’onda di quell’entusiasmo, Landis è nuovamente tornato nella capitale per incontrare i giornalisti per una conferenza stampa, tramutasi ben presto in una vera e propria lezione di cinema. Da uomo erudito sulla settima arte (americana, europea e non solo) ha strabiliato con la sua sincerità è freschezza, due qualità che lo ritraggono una persona semplice e strepitosa. La sua verve ha infatti incantato anche gli studenti di due licei romani, invitati per l’occasione.
Tutti i suoi film sono una commistione di commedia e altri generi che hanno creato delle opere a se stanti, sempre molto intelligenti. Questa volta fonde la commedia con l’horror realizzando un film però molto inglese…
Non credo che esistano commedie nazionalistiche. La commedia è una sola. Ci comprende tutti. Già il fatto di morire all’improvviso fa parte della commedia umana. Però parlando di questo film, ne ho fatta una molto british, anche se nella traduzione tutto è andato perduto. Essendo ambientata a Edimburgo, tutti parlano in scozzese, mentre i due “ladri di cadaveri” recitano in irlandese.
Nel film ha badato molto alla ricostruzione storica. Anche le luci “naturali” fanno la loro parte…
Essendo ambientato nel 1828, la luce era molto importante. John Mathieson è un direttore della fotografia eccezionale. E’ stato molto bravo a farci tornare indietro nel tempo. Qualcuno ha fatto dei paragoni con Barry Lyndon, ma non è vero. Mi sono ispirato alla pittura Fiamminga: tutto candele e chiari/scuri.
Il film è stato girato totalmente ad Edimburgo. Ma non la si riconosce…
Abbiamo filmato in un unico set, nei presi del Castello, dove qualcosa è rimasto come duecento anni fa. Ci sono scale che scendono nel buio, vicoli stretti. E’ stato molto interessante filmare in quei luoghi. Naturalmente, girando un film d’epoca si imparano molte cose. Ad esempio, dato che tutto era illuminato da candele e le candele erano praticamente ovunque, la cera colava dappertutto. Così a fine giornata ci ritrovavamo ricoperti di cera… ma questo, per fortuna, nel film non si vede.
Nei suoi film molto spesso lei prende dei registi e li utilizza in simpatici cameos…
Già. E’ una cosa divertente. In questo ho utilizzato la famiglia Gravas al completo; Micheal Winner, conosciuto come “lo stronzo” in quanto nei suoi set tiranneggiava la troupe; Harry Harryhausen, il famoso mago degli effetti speciali; Christhoper Lee e Terry Gillam. Mi piace “spalmarli” nei miei film in una sorta di gioco con il pubblico. Alcuni vengono riconosciuti subito, altri meno. Però fanno la loro figura. Fino ad adesso credo di essere arrivato a 150 partecipazioni… e dato che ho molto davanti, il numero aumenterà considerevolmente.
L’atmosfera è molto Hammer Film.E’ d’accordo?
Non lo so, anche perché non è un film horror e la Hammer non c’entra per niente. Magari ci sono delle inquadrature che ricordano quella casa di produzione, ma oltre la presenza di Christopher Lee è totalmente un mio film.
Lei ha fatto un film d’altri tempi limitandosi negli effetti speciali. Cosa pensa delle nuove tecnologie?
Le nuove tecnologie sono solo degli strumenti. Il cinema è giovane con solo cento anni di attività. Il cinema è fatto di inquadrature che vengono unite una all’altra. Infatti se prendiamo un film del 1909 e uno di oggi, non ci sono diversità sostanziali. Si posiziona la macchina da presa e si filma. La computer grafica serve a realizzare dei movimenti complicati e per rendere più fluidi dei passaggi. Il problema è che adesso se ne sta facendo un abuso che a lungo andare stanca. Onestamente non mi piacciono gli effetti speciali e la computer grafica, in quanto smorzano la magia del film.
Quanto conta il cast in un film?
Tantissimo. Il cast è l’ossatura del film che vuoi realizzare, anche perché fa la differenza. Quello dell’attore è un mestiere difficile. Deve rendere sullo schermo quello che il regista ti chiede per essere credibile nel ruolo che gli viene assegnato. Quindi quando fai un film devi ingaggiare quel “quel qualcuno” che possa vestire il personaggio che solo tu hai in testa.
Cosa è per lei il “mercato” del cinema?
Questa è solo una questione giornalistica. Il pubblico fa la differenza. Sempre. La gente va a vedere solo i film che piacciono di più. I soldi, quelli veri, li danno ai registi “famosi” perché i produttori vanno all’inseguimento dei profitti. Pensate solo ai western. Sono morti perché nessuno li andava più a vedere. Poi arriva Sergio Leone che reinventa il genere e per dieci, quindici anni ne hanno realizzati milioni, per poi finire nuovamente nell’oblio. Ora vanno forte i film con gli Zombies. Macinano soldi e palate e i produttori investono su questo genere. Però quando nessuno li andrà più a vedere, anche gli Zombies finiranno nell’oblio.
Quindi tastare il polso al pubblico è molto difficile?
I produttori lo sanno e ne approfittano. Ecco perché in giro ci solo film massificati. Fare film di cassetta è gratificante, ma anche triste. I produttori ti tengono gli occhi addosso e ti permettono di farne altri, sempre con il peso di sperare di guadagnare di più. Ma appena i “tuoi” film non tirano più, ti lasciano in mutande. A me è successo. Ho fatto film molto diversi, radicali. Alcuni sono piaciuti, altri meno. Però posso permettermi di avere ancora un barlume di credibilità…
John Huston diceva che i registi, le prostitute e gli edifici diventano dei classici con il passare del tempo. Per lei ed i suoi film è accaduto lo stesso?
Questa battuta l’ho capita col tempo. Adesso che ho appena compiuto sessanta anni ho scoperto che quei miei film considerati merda, adesso sono diventati dei classici. Quindi ora come ora John Landis è un classico…
Tornando alla commedia. Quella italiana ha fatto scuola, adesso perfino in campo politico. Cosa ne pensa lei della politica del Bunga-Bunga?
Essendo americano non posso capire cosa sia “veramente” Berlusconi. Lo trovo buffo. Una maschera “tragicamente” comica, come quella di George W. Bush. La differenza che qui non c’è una opposizione che possa sbattere via un personaggio come lui. Pensando a Berlusconi, mi viene in mente Citizen Kane (Quarto Potere), perché come Hearst ha tutto. E chi ha l’informazione dalla sua parte ha il potere in mano. Però, Berlusconi, come Bush e come Kane, è solo un pupazzo con molto potere che prima o poi si sgretolerà.
Pensa che si potrebbe fare un film comico su Berlusconi?
Tutto il potere si può dileggiare. L’ha fatto Chaplin prendendo in giro Hitler con Il Grande Dittatore. Il problema che in Italia chi finanzierebbe un’opera del genere?
Lei è considerato un genio….
Genio è un parolone. Geni non ne conosco!
Roberto Leggio