Una domenica mattina calda e assolata. Una passeggiata nel cuore di Roma, tra monumenti, storia e tradizione. Un tuffo nel passato per rivivere le atmosfere del massimo splendore della vita imperiale, quando generali, soldati e pretoriani avevano potere di vita e di morte sul popolo. Camminando sui sanpietrini di basalto, è possibile perdersi nei ricordi dei libri scolastici o di pellicole epiche come “Cleopatra” o “Il gladiatore”, dove le reminiscenze degli scontri tra Cesare e Pompeo, Augusto e Marc’Antonio, Teodosio ed Eugenio, prevalgono sugli ultimi fatti di cronaca o le notizie provenienti dagli esteri. Romolo, Scipione l’Africano, Cicerone, personaggi diversi di epoche diverse che, ognuno a modo suo, ha contribuito a rendere grande la storia di una città che è diventata un impero. Le cospirazioni, i complotti, le trame criminali erano all’ordine del giorno e l’esercito sceglieva direttamente l’imperatore per acclamazione. Mentre il cristianesimo stava soppiantando gli dei pagani, i cristiani si trasformavano da perseguitati ad assoluti protagonisti delle strade di Roma caput mundi. Gli imperatori, eccezion fatta per i più avveduti come Marco Aurelio e Traiano, erano più interessati a crogiolarsi nel lusso dei quartieri ricchi e delle proprie dimore che a proteggere i confini dell’impero, sempre più minacciati dalle incursioni delle popolazioni barbariche provenienti dalle terre dell’est. Una situazione che in breve tempo ha portato all’inglorioso epilogo della più grande potenza mondiale della storia antica, nel 476 dopo Cristo quando il capo barbaro Odoacre depose l’ultimo imperatore Romolo Augustolo.
Una storia illustre che è ancora il simbolo dello splendore e della potenza militare. I segni sono tutt’ora visibili e basta una rapida occhiata per le vie del centro per rendersi conto di quanto tale potenza sia ancora viva nel cuore dei romani. Un esempio su tutti sono le mura di Porta Metronia, quartiere ancora oggi famosissimo per aver dato i natali a Francesco Totti, campione del mondo nel 2006 e stella indiscussa del calcio italiano. Una zona umile, stretta tra le vecchie entrate della capitale, appena un semaforo tra San Giovanni e la Cristoforo Colombo.
Per tutta la settimana una zona congestionata dal traffico, dove i gas di scarico si fondono col sole annacquato di fine dicembre. Non la domenica, però. La situazione è calma, le auto lungo la via rarefatte, ed è possibile incontrare comitive di turisti che si mischiano ai romani che ancora una volta vogliono godersi uno scorcio della città eterna. L’asfalto si è mangiato gran parte della zona circostante, quell’appezzamento di terra che gli antichi chiamavano “pomerium”, ma le mura sono ancora lì, immortali nel loro fascino e nella loro bellezza. Quel perimetro tutt’intorno una volta era considerato sacro, appositamente lasciato sgombro da costruzioni o attività. Porta Metronia era un semplice avamposto, niente di più che un’entrata presidiata da soldati di vedetta su una rozza torre merlata. Eppure era un punto magico, da lì si entrava a Roma, nella culla della civiltà. Tutto intorno il nulla, una zona paludosa, focolaio di numerose epidemie che colpivano gli abitanti del Celio.
Oggi è il fulcro del centro, terra di snodo per gli angoli più disparati della città. Tappa quasi obbligata nelle giornate frenetiche dei romani che, sempre di corsa, tutte le mattine raggiungono il posto di lavoro.
Osservandola con calma, però, Porta Metronia riserva grandi sorprese e bellezze inaspettate. Se si ha la pazienza di scostare le fronde di un platano troppo cresciuto, per esempio, è possibile ammirare un’iscrizione marmorea di grande importanza. Non si tratta del sigillo dell’autorità di un imperatore o di un papa, ma del Senato del popolo romano. La lapide fu collocata in quel punto nel 1157 su iniziativa di dieci senatori che stabilirono di restaurare le mura intorno alla porta crollate a causa della loro anzianità. Sasso, Giovanni di Alberico, Rieri Biccacane, Pinzo, Filippo, Giovanni di Parenzo, Pietro Diotisalva, Cencio di Ansoino, Rainaldo Romano, Nicola Mannetto. Nomi che non dicono nulla ai più, ma che sono impressi in quell’angolo di storia del centro di Roma. Per Nicola Mannetto, poi, il restauro delle mura era una vera tradizione di famiglia. Basti pensare che oltre quattro secoli dopo, nel 1579, un suo discendente prese di nuovo in mano la situazione di degrado e finanziò un progetto di recupero dei monumenti più antichi della zona.
Camminando all’interno delle mura, lungo la via Ferratella dove si sposano antico e moderno con il supermercato che si affaccia su via dei Laterani, troneggia una ripida mole di mattoni, esempio lampante delle antiche tecniche di costruzione dei romani. Un effetto per nulla sgradevole ancora oggi. Un tratto di strada in cui fanno bella mostra ambienti, camminamenti e posti di guardia che ormai hanno assunto le sembianze di grotte naturali, macchie verdi di vegetazione.
Giunti a piazzale Ipponio il nostro percorso si interrompe. Impossibile seguire il perimetro delle mura che punta verso i fianchi della monumentale basilica di San Giovanni che incombe sul panorama circostante con le sue statue di Cristo e dei santi appollaiate sulla sommità come uccelli predatori. Con un minimo di senso d’orientamento o l’ausilio di un navigatore gps, si torna in via Sannio, oggi sede di uno dei mercatini più battuti del rione. Attraversato un breve vialetto all’interno del parco si arriva a Porta Asinara, circondata da due coppie di torri, quadrate e circolari, che ancora oggi la fanno sembrare una fortezza inespugnabile. Persi nell’imponente spettacolo davanti ai nostri occhi pare quasi di sentire il rumore della marcia, lo scalpiccio degli zoccoli dei cavalli delle truppe di Belisario. Era il dicembre 536 e la guerra gotica di Procopio di Cesarea entrava nel vivo. L’eroe bizantino entrò a Roma alla testa dell’esercito proprio dalla Porta Asinara, mentre i Goti guidati da Vitige si ritiravano verso nord, dalle parti della Porta Flaminia. Era solo l’inizio di una guerra che avrebbe riservato molti colpi di scena improvvisi, tra intrighi e congiure che l’hanno mantenuta in bilico più degli scontri tra soldati.
Purtroppo, sia dal lato interno che da quello esterno, la porta è più bassa rispetto al livello stradale. Un interramento che segnò il declino di questa entrata. Nel 1574 il colpo di grazia. Papa Gregorio XIII decise di aprire una nuova porta, intitolata a San Giovanni, a poche decine di metri da lì. Tante le critiche, forse troppo eleganti e rinascimentali le forme della nuova porta disegnata da Jacopo del Duca, accusata da più parti di scarsa solennità. Oggi questo punto ha assunto la sua veste strategica, come principale via d’accesso verso piazza dei Re di Roma, ma, per secoli, molte generazioni di romani l’hanno attraversata diretti ai Castelli. Un gita in campagna, pranzo a base di cacciagione, un buon vino rosso frizzantino per trascorrere una domenica diversa tra Frascati, Albano e Genzano. Ma questa è un’altra storia, oggi vogliamo godere ancora per qualche minuto dello spettacolo di Roma antica.
Walter Astori