Al futurismo sono dedicate ultimamente molte mostre, ma questa è veramente speciale. Dal 5 dicembre all’11 aprile, in occasione del centenario del manifesto di fondazione del Movimento Futurista, la Wolfsoniana propone nel Museo di Genova “Pubblicità e propaganda. Ceramica e grafica futuriste”, una rassegna che focalizza la sua attenzione sulla presenza della persuasione pubblicitaria e politica all’interno della produzione ceramica e grafica futurista degli anni Venti e Trenta.
Curata da Silvia Barisione, Matteo Fochessati, Gianni Franzone e Maria Teresa Orengo, la mostra intende analizzare la straordinaria stagione della ceramica e della grafica futurista evidenziando come, attraverso le sue peculiari e innovative sperimentazioni linguistiche e iconografiche, queste specifiche ricerche contribuirono alla diffusione di messaggi pubblicitari e alla celebrazione di quei motivi propagandistici.
L’esposizione, oltre a documentare in maniera originale la molteplicità delle esperienze formali che si svilupparono in questo ambito di ricerca, rappresenta un momento di riflessione sulle dinamiche espressive di quella sottile linea di demarcazione che separa la persuasione pubblicitaria e la propaganda politica, a cui i principali esponenti del movimento adattarono i temi precipui della loro originaria poetica: il culto della velocità e della modernità, dell’aggressività e della guerra, l’idolatria della macchina, l’ideale di un uomo nuovo, sportivo e ardimentoso.
La scelta di Genova come città ospitante non è un caso. La Liguria ebbe un ruolo di primo piano nell’avventura della ceramica futurista. Se è vero che esempi di ceramica futurista vennero prodotti a Faenza negli anni Dieci, una vera produzione fu per così dire istituzionalizzata solo intorno al 1927, all’interno della Casa Giuseppe Mazzotti di Albisola, diretta dal celebre Tullio che nel 1938 firmò con F.T. Marinetti il manifesto Ceramica e aeropittura.
Futurismo e dintorni. Accanto al primato abisolese con opere degli artisti più noti (Nicolay Diulgheroff, Farfa, Fillia, Tato, Alf Gaudenzi, Giovanni Acquaviva e lo stesso Tullio), la mostra propone anche esperienze che, pur non potendo essere definite futuriste, presentano affinità, soprattutto linguistiche, con le creazioni del movimento marinettiano. Ne sono esempi la produzione delle Ceramiche Rometti di Umbertide (Perugia), nel momento in cui fu attivo un artista del calibro di Corrado Cagli, o quella poco conosciuta della FACI (Fabbrica Artistica Ceramiche Italiane) di Civita Castellana nel viterbese.
Sempre nel filone della ricerca sulle arti applicate propria del Museo genovese, dal prossimo febbraio la mostra sarà affiancata da una seconda esposizione dedicata alla produzione delle argentiere Arrigo Finzi e, in particolare, al nucleo contrassegnato dal marchio “Sant’Elia”. Depositato nel 1933, il marchio riprende in chiave decò i modelli disegnati prima della guerra dal celebre architetto futurista Antonio Sant’Elia, con cui Finzi aveva stretto amicizia a Milano nel 1909.
Eleonora Bracalenti