Venezia, Mostra d’Arte Cinematografica, edizione numero 66. Riparte la macchina festivaliera più prestigiosa d’Italia, con ben 71 lungometraggi in prima mondiale e il dichiarato intento di proseguire, come Godard insegnava, lungo l’impervia strada di “definire i cineasti attraverso quello che hanno di più profondo”. Alla guida sempre Marco Müller, coadiuvato da un’equipe di selezionatori e critici e sostenuto dal Presidente della Biennale Paolo Baratta. Nome di punta, dopo ben due Leoni d’Oro, di nuovo Ang Lee, stavolta Presidente della Giuria. Vecchia regola, quella della squadra che vince e non si cambia, e che tuttavia può e deve tentare di rinnovarsi, soprattutto se, con il settantesimo all’orizzonte, vuole ancora tentare il colpo di scena. E quest’edizione ne propone diversi, ad iniziare dalla logistica: una nuova sala da 450 posti, la Perla 2, destinata ai film della Settimana della Critica e delle Giornate degli Autori; un nuovo accesso, unico, dal lato Darsena; la riqualificazione dell’area del Garden e, soprattutto, niente più PalaLido. L’ex PalaGalileo, ormai nominato in ogni modo, viene infatti ri-definito Sala Darsena e dedicato principalmente alla sezione Orizzonti, quest’anno potenziata (24 lungometraggi, 22 in prima mondiale) con tanto di red carpet a sé.
Poker d’italiani in concorso, grandi nomi fuori concorso
La selezione migliore degli ultimi anni, questa la promessa del Direttore della Mostra, che apre con l’atteso “Baaria” di Giuseppe Tornatore. E’ solo il primo del poker di film italiani in concorso: oltre a Francesca Comencini con “Lo Spazio Bianco” e Michele Placido con “Il grande sogno”, anche l’opera prima di Giuseppe Capotondi, “La doppia ora”, con due fra gli attori più convincenti applauditi di recente, Filippo Timi (era Mussolini in “Vincere”) e Ksenia Rappoport (fu “La Sconosciuta” per Tornatore). Seguono opere internazionali, dal tedesco “South Kitchen” di Akin ai francesi “Persécution” di Chéreau e “36 vues du Pic Saint Loup” di Rivette (nel cast anche Castellitto), fino ai maestri Tsukamoto con “Tetsuo the Bullet man” e Romero con “Survival of the Dead”. Spiccano Tom Ford, che esordisce alla regia con “A single man”, il nuovo film di Herzog “Bad Lieutenant: Porto of Call New Orleans” e, rullo di tamburi, Michael Moore con un nuovo, sorprendente, documentario: “Capitalism: A Love Story”. Grandi nomi fuori concorso: da Joe Dante a Steven Soderbergh, da Abel Ferrara a Citto Maselli, da Oliver Stone a John Turturro. Non manca un pensiero ai più giovani e ai fan dell’animazione: il Leone alla Carriera, quest’anno, andrà dritto nelle mani di John Lasseter, di cui verrà proiettato “Toy Story – 3D”. La motivazione? Risponde Müller: “E’ una Mostra attenta a non dimenticare che il cinema è una delle arti che sa risvegliare il bambino che è in noi”.
Proteste in Mostra
Che tirasse aria di protesta, nell’anno dei tagli al FUS, era chiaro sin dalla presentazione, quando non solo i ragazzi della Global Beach hanno promesso una sorta di ‘contro-Mostra’ per costruire insieme momenti di dibattito e movimenti di protesta fra studenti precari e lavoratori dello spettacolo, ma anche questi ultimi si sono mossi, leggendo una lettera per voce di Castellitto e Verdone. “Il governo ha deciso che in questo gravissimo momento di crisi economica, mentre gli altri paesi investono su progetti di ricerca e sviluppo, l’Italia può fare a meno del potenziale dei propri talenti creativi”, denuncia il primo. Il secondo, che siamo abituati a vedere in vesti comiche, se la prende contro “la chiusura delle sale cinematografiche in Italia: nella prossima stagione ne perderemo altre 300 , facciamo qualcosa. O non avremmo più ricambio generazionale, perderemo quel pubblico che non va solo a vedere film dei multiplex, ma anche piccole opere d’autore”. Quale miglior modo di dare visibilità a una protesta che portarla alla Mostra di Venezia, in quei giorni al centro dell’attenzione mondiale? Ma c’è chi non è così d’accordo: “Un programma della Mostra non prevede di dar spazio a ciò che è altro da essa – dichiara inizialmente il Presidente Baratta, poi corregge il tiro – Se la protesta non si isola in corporativismo, ma diventa approfondimento sul cinema, siamo pronti a riflettere insieme, è pur sempre un luogo di confronto”.
Colpi di scena musicali… e non.
La prima domanda sulla bocca di tutti quando uscirono i nomi dei membri della giuria di quest’anno (con Sandrine Bonnaire, Liliana Cavani, Joe Dante, Anurag Kashyap), suonava pressappoco così: ma Luciano Ligabue, esattamente, che c’entra? A scanso di equivoci, Progress ha preferito chiederlo direttamente a Müller: “Era un appuntamento nel nostro destino, tutti ricordano l’emozione della prima veneziana di Radiofreccia, noi che amiamo il cinema di Ligabue sappiamo fino a che punto la sua arte sia impregnata di cinema e quanto conti per lui. Sarà un giurato in grado di fare un ingresso in campo con la forza di un mediano, capace di sparigliare le carte e regalarci il risultato meno prevedibile possibile”. Detto questo, spunta un altro outsider, anche lui cantante preso in prestito dalla Mostra del Cinema: Vinicio Capossela, insieme a Isabella Ragonese e Michele Riondino nel cast di Dieci Inverni di Valerio Mieli, selezionato nella nuova sezione, italianissima nel bene e nel male, “Controcampo italiano”. Nella stessa troviamo anche “Il compleanno”, di Marco Filiberti, con Alessandro Gassman e Piera degli Esposti, e “Il Cosmonauta”, film d’esordio di Susanna Nicchiarelli che, con Claudia Pandolfi e Sergio Rubini, racconta lo “spettro” del comunismo, filtrandolo attraverso gli occhi di una bambina curiosa. Last but not least, un ritorno da segnalare: dopo 42 anni, il Lido riaccoglie Tinto Brass, “bandito” dalla Mostra nel 1967 per Nerosubianco e quest’anno pronto a rifarsi con Hotel Courbet, non senza porsi una doverosa domanda: “Sono cambiato io o Marco Muller e i suo esperti? Comunque sia sono contento”. Questa è l’Italia, paese di contraddizioni e amore sfrenato per gli happy end.
Claudia Catalli
(Nella foto il regista Giuseppe Tornatore)