Il mercato della cosmetica italiana sembra resistere agli effetti della crisi mondiale. E non c’è trucco. L’incremento della produzione è stato sostenuto sia dal mercato interno (+0,8%) sia da quello estero (+0,4%).
In Italia si produce circa il 65% del trucco che viene distribuito nel mondo, ma solo una piccola percentuale viene immessa nel mercato con marchi italiani. “In Italia il terzismo della cosmetica è sempre stato forte – spiega Maurizio Crippa, direttore generale di Unipro (Unione italiana imprese cosmetiche) - , ma l’estrema frammentazione del settore ha portato all’assenza di un unico, grande brand italiano. Adesso, in tempo di crisi, le aziende produttrici pensano ad investire nella ricerca per migliorare ed innovare i prodotti cosmetici”. Un giro d’affari pari a 9 miliardi di euro, il quarto mercato europeo, che rimane legato ad un sistema d’impresa medio-piccolo: in Unipro 550 imprese di cui 500 sono Pmi.
Per il futuro l’attenzione sarà tutta rivolta al consumatore: “sa cosa vuole, ma lo vuole al più alto rapporto qualità prezzo e senza più fidelizzarsi su un’unica marca”, sostiene Crippa. Non solo ricerca, ma anche personale competente in grado di assistere la clientela: è proprio in virtù della possibilità di fornire maggiore assistenza ed affidabilità che si può spiegare la grande crescita di erboristerie e farmacie negli ultimi anni. Anche il comparto della profumeria dovrà puntare a questo modello per attutire il contraccolpo provocato da questo stato di crisi prolungato.
Sara Macinante