La maggior parte delle persone che amano l’inverno al freddo, in alcuni casi anche circondati da ghiaccio e neve, non pensa spesso che una buona parte della popolazione mondiale che celebra questa tradizione, lo fa in tutt’altro scenario.
Ma tutti coloro che, per esempio, hanno in Australia o Nuova Zelanda parenti od amici, sanno bene che da quelle parti è normale, durante la notte dell’Avvento, ritrovarsi a cantare tipici canti natalizi sotto uno splendido cielo stellato, magari in maglietta e pantaloncini!
Nell’altro Emisfero, come tutti sanno, il Natale capita nel bel mezzo dell’estate, quando si raggiungono le temperature più alte. A causa di questo, gli abitanti dell’emisfero australe, da sempre attaccati alle antiche tradizioni dei paesi d’origine, hanno dovuto riadattare alcune abitudini tipiche dei loro avi europei.
Conformi ai riti del vecchio continente, quindi, gettonatissimo rimane quello della cena in famiglia, ed anche l’usanza di adornare la casa e la tavola della festa con le decorazioni tipiche di questo periodo. Laddove, però, nei rispettivi paesi di provenienza europei, le dimore e le tavole imbandite abbondavano di rametti di pungitopo, vischio, e non mancava mai la presenza di un abete natalizio illuminato in casa, gli abitanti della Nuova Zelanda hanno dovuto prendere spunto, per le stesse cose, dalla vegetazione locale: l’albero di Natale che le famiglie neozelandesi addobbano è anch’esso una pianta locale, ha bellissimi fiori viola ed un nome quasi impronunciabile: Pohutukawa.
Il passato di colonia inglese, inoltre, cha creato qui singolari commistioni con alcune tradizioni invece tipicamente neozelandesi, per cominciare con la gastronomia: i piatti inglesi per le feste vanno per la maggiore, ma d’altra parte a questi se ne aggiungono altri di origine locale. Uno di questi è la famosa Pavlova, una specie di torta di meringa composta di fragole e kiwi.
Ma in questo paese ci sono ben altre tradizioni che si incrociano con il Natale cristiano: quelle degli indigeni maori. Intorno al 15 dicembre infatti il calendario di questo popolo prevede l’arrivo del mese di Hakihea. Questa sovrapposizione ha creato fra i due ceppi culturali ibridi curiosi: i neozelandesi-europei, per esempio, hanno cominciato ad usare a Natale l’hangi. Il termine (che significa “festa tradizionale”) sta ad indicare un grande buco nella terra che viene riscaldato grazie ad alcune pietre arroventate poste al suo interno. Questo poi viene riempito di cesti colmi di cibo e ricoperto di nuovo, in attesa che sottoterra si compia la cottura delle pietanze (principalmente carni, frutta e verdura). Questa parola indica anche, più genericamente, la tipica cena delle feste maori.
Gli indigeni Maori, invece, hanno preso spunto dalla figura leggendaria più rappresentativa di questa festa, Babbo Natale, per attribuire ad Papatuanuku, (la Madre Terra, una delle dee più importanti della loro cosmogonia) una nuova caratteristica: quella di dispensatrice di doni. Ovviamemente per i bambini.
Conosciamo la Nuova Zelanda
Si comincia da Auckland… anche se per la maggioranza dei visitatori la città (la più grande nonostante non sia la capitale) rappresenta il punto di arrivo. È il centro commerciale e industriale della nazione, con circa un milione di abitanti, e offre molte attrazioni turistiche sebbene non valga la pena di spendervi più di tre giorni. Da non perdere: l’Auckland Museum, il Kelly Tarlton’s Underwater World, una visita al pittoresco quartiere Parnell e il giro turistico del porto e delle isole dell’Hauraki Gulf.
Northland, Bay of Island, I Maori e Waitangi
Il mezzo per eccellenza con cui esplorare il paese è sicuramente noleggiare un’automobile, in quanto i trasporti pubblici sono ancora un pò rari e transitano solo lungo le direttrici principali: è meglio essere indipendenti, così da raggiungere i punti di accesso a escursioni, colonie di animali, ecc… senza dipendere da orari o altro.
Dunque, da Auckland in soli 45 minuti di viaggio si raggiungono tranquille spiagge o foreste solitarie.
La prima tappa di un possibile itinerario di viaggio è senz’altro il Northland e la Bay of Island; in questo caso il viaggio in auto è di una mezza giornata, 250 km circa via Whangarei.
Clima subtropicale, sconfinate spiagge di sabbia argentata, mare incredibilmente blu e un paio di località storiche riguardo la cultura dei nativi Maori ed i primi pionieri bianchi, i cosiddetti “pakeha”: Russell, Paihia e Waitangi sono i centri principali da visitare; a Waitangi, in particolare, dove è stato firmato lo storico trattato fra Maori e pakeha, da non perdere la Treaty House con l’adiacente luogo di assemblea Maori, le sculture nel Marae e il Kanu da guerra lungo 37 metri che conta più di 150 remi!
Da Cape Reinga a Rotorua e Whakarewarewa
Da Waitangi, una escursione giornaliera a Cape Reinga per gioire di una vista fantastica all’estremità’ dell’Isola del Nord. Sempre nella zona, scendendo verso Kaitaia, si estende la Ninety Mile Beach che come dice il nome è una spiaggia infinita non percorribile con il proprio mezzo a noleggio in quanto questa zona è esclusa da ogni assicurazione. Ci si può aggregare a “Tours” specializzati, gli unici che hanno l’autorizzazione a transitare con un mezzo meccanico.
Spostandosi verso sud, senza ritornare a Auckland e mantenendosi lungo la costa est, si giunge alla Coromandel Peninsula: la spettacolare Mercury Bay è uno stop obbligato, con le spiagge di Cathedral Cove e Hot Water Spring, il cui nome deriva dalle sorgenti termali che ribollono sotto la sabbia.
Nella cittadina di Whitianga si può nuotare con i delfini (bisogna, al solito, aggregarsi ad un tour operator) oppure si possono noleggiare kayaks e andare per conto proprio. Proseguendo verso sud, ma addentrandosi nel centro dell’isola, si arriva alla famosa Rotorua, il luogo per eccellenza della cultura Maori: acque termali, attività geotermica molto interessante a Waiotapu e Whakarewarewa con geysers e terrazzamenti colorati.
Nella zona termale di Whakarewarewa si trova il Maori Arts and Crafts Institure, dove si possono vedere gli intagliatori di legno all’opera e acquistare bei pezzi di artigianato (purtroppo, vivendo quasi esclusivamente sul turismo, i prezzi aumentano di anno in anno….).
Dal Lago Taupo al Vulcano Taranaki
Per chi ha almeno un mese di vacanza da spendere nel paese, è consigliabile uno stop al lago Taupo e in particolare alle grotte di Waitomo, grotte calcaree dove brillano miriadi di “lucciole” o almeno così sembrano: in realtà sono dei vermi luminosi che vivono sul soffitto di queste grotte e fanno un bellissimo effetto “cielo stellato” riflettendosi nell’acqua del fiume sotterraneo.
Anche in questo caso ci sono tours operators che portano in queste grotte con una barca.
Per gli escursionisti accaniti, è d’obbligo fare il Tongariro Crossing nel Tongariro national park, anche solo un’escursione di un giorno e da lì spostarsi al Taranaki (Mount Egmont), il famoso vulcano ancora attivo.
Qui si può scegliere fra un’escursione giornaliera oppure di più’ giorni pernottando in una delle cosiddette “capanne” (huts) che sono come dei grossi bivacchi (non ci sono in genere in Nuova Zelanda rifugi custoditi come siamo abituati a trovare in Europa).
Il monte dalla tradizionale forma conica si staglia in pieno contrasto con il terreno a pascolo che lo circonda; le montagne del parco sono coperte dalla foresta pluviale fino al limite della vegetazione arborea (linea della neve) e lo spettacolo, se non piove, è veramente fantastico!
Da Wellington allo Stretto di Cook
Dalla natura incontaminata la prossima tappa è nella capitale, Wellington: in una bella insenatura diventata naturalmente porto, si estende questa città ancora molto vivibile; infatti, pur essendo la capitale, è molto più piccola di Auckland (circa 400.000 abitanti) e “raccolta”.
L’unico lato negativo è il clima che può essere molto ventoso e piovoso. Da visitare il nuovissimo museo “Te Papa”, una sorta di museo interattivo per grandi e piccini; il giardino botanico è molto bello e raggiungibile tramite una “monorotaia” con scompartimenti vecchio stile in legno, molto pittoreschi, direttamente dal centro città.
Finalmente, si salta sul traghetto che dal porto di Wellington attraversa il famoso Cook Strait, dove il capitano Cook ebbe non pochi problemi di navigazione (a causa dei forti venti) e si sbarca sull’Isola del Sud, dopo una bellissima panoramica sui Marlborough Sounds (sorta di fiordi verdeggianti). La prima sosta è a Picton, grazioso villaggio che vive grazie all’arrivo/partenza dei traghetti. Per chi ha tempo, c’è un bellissimo “tramping” di più giorni, tre o quattro, che si chiama “Queen Charlotte Track” nel cuore di questi fiordi.
Golden Bay e Tasman National Park
Altrimenti, da Picton, con circa due ore di macchina si arriva alla famosa (turisticamente parlando) Golden Bay. Il clima della zona è straordinariamente mite, essendo questa grande baia protetta da una catena di monti che bloccano, in genere, il maltempo e le tempeste.
Il nome stesso, Baia Dorata, sta a simboleggiare le spiagge del lato est della baia che sono veramente “dorate”, in quanto la sabbia è formata da particelle di un bellissimo granito rosa che nell’insieme fanno un effetto ottico dorato. L’estremità nord della baia è caratterizzata da una lingua sabbiosa che si estende per 24 km ed è popolata da colonie di uccelli. Per i birdwatchers ci sono speciali tours a cui aggregarsi, in quanto è proibito approcciare la zona dove sorgono queste colonie. Vi sono però altre escursioni a piedi accessibili al pubblico dove si possono incontrare foche e altri uccelli migratori. Dal villaggio di Motueka, c’è l’accesso ad uno dei parchi più frequentati dai turisti: l’Abel Tasman national Park.
Un sentiero costiero di 3-4 giorni di cammino con pernottamento nelle capanne attende gli amanti delle spiagge e del mare. Chi non vuole pernottare con il sacco a pelo può usufruire di un bellissimo servizio di “taxi” acquatici con cui visitare le varie parti del parco senza dover pernottarci. Noi stessi, organizziamo gite guidate in lingua italiana a carattere botanico, geologico, o altro, a richiesta dei nostri ospiti.
Il nome del parco deriva dal primo scopritore olandese della Nuova Zelanda; gran parte delle numerose insenature sabbiose incuneate fra le rocce, la foresta nativa e le acque verde giada (pounamo) possono essere anche visitate in kayak.
Balene e West Coast: Montagne, Ghiacciai, Grandi Laghi
Da Motueka l’itinerario di viaggio si può indirizzare verso est o verso ovest; lungo la costa est l’unico posto di particolare interesse è Kaikoura, dove tutti i turisti convergono per vedere le famose balene, capodogli nella fattispecie. Lì, un’organizzazione di Maori, con barche specializzate porta ad un incontro ravvicinato con questi grossi mammiferi che è veramente molto emozionante.
In genere, però, l’itinerario si volge verso ovest, verso la selvaggia “west coast”; questa è una stretta lingua di terra, compresa tra le alpi meridionali che si innalzano ripide, e il mare di Tasman.
Qui la natura ha compiuto un enorme lavoro: le montagne più alte di tutta l’Australasia, circondate da tappeti sempreverdi di un’impenetrabile foresta pluviale; e poi imponenti ghiacciai, torrenti, grandi laghi. Ovunque si trovano memorie del tempo della corsa all’oro, avvenuta intorno agli anni 1860. La west coast è diversa da tutto ciò che la NZ ha da offrire. L’isolamento geografico dà agli insediamenti un’atmosfera unica e alla popolazione un carattere mutevole! In ogni caso troverete una grande ospitalità e tipici “pubs” con rappresentanti della popolazione locale.
Andando verso sud inizia il panorama incomparabile dei ghiacciai in mezzo a verdi foreste pluviali. Dalla vetta del Monte Cook, il più alto del paese (3.750 m. circa), si estendono fin quasi alla costa.
Il Franz Josef e il Fox Glacier terminano a soli 200m sul livello del mare! Dalle omonime località ai piedi del ghiacciaio sono possibili visite guidate con elicotteri, aerei, ecc….ma detto tra noi, non ci piace questo tipo di turismo “rumoroso”, oppure c’è una miriade di piccole escursioni da poter fare da soli.
A.P.
Ente turismo Nuova Zelanda - www.govt.nz