Claudio Baglioni, dopo quarant’anni di carriera come cantante, ha deciso di mettersi in gioco sviluppando un nuovo lavoro per raccontare la sua vita artistica e umana, ma anche del tempo che fu. E’ un progetto ambizioso, prodotto da Medusa, che esprime le ambizioni ed i sogni di una generazione, la sua, quella che negli anni ’70, riusciva a sognare tutta assieme in una sorta di coscienza collettiva.
“Ho messo in “essere” questo progetto per rischiare, per andare controcorrente - chiosa Baglioni - Oggi c’è meno coraggio. Il vero lavoro dell’artista è quello di saper giocare d’azzardo e di non ritirasi mai, anche a costo di perdere tutto. Purtroppo ormai siamo troppo omologati per poter rischiare di più. QPGA è in fondo un modo per riscattarmi dalle antiche accuse di essere stato un autore di “pianura”, un conformista”.
Il film, di cui Baglioni è co-sceneggiatore, racconta una grande storia d’amore. Una di quelle che non durano tutta una vita, ma che te la cambiano per sempre.
Il film rappresenta un esperimento mai tentato prima…
Credo che in Italia non ci sia mai stato nessun film realizzato partendo da un album musicale. Tutte le pellicole tratte da opere rock, come Quadrophenia e Tommy e volendo anche The Wall, sono nate a partire da un musical per il teatro. Il film che ho scritto è invece un lungo racconto, la vorrei paragonare ad un’opera pop molto ambiziosa…
Questo piccolo grande amore è un omaggio al ‘68?
Non ho fatto la rivoluzione del ’68, perché ero un ragazzo di periferia! Per me la rivoluzione era poter comprare un vestito color prugna e riuscire ad andare ad una festa ai Parioli. La vera rivoluzione per i ragazzi come me era il volo, il riscatto da una vita meno avvantaggiata. La mia ambizione è quella di raccontare un’epoca che credo non verrà più ripetuta. Nella scena iniziale del film, ho messo un lacrimogeno che vola sulla testa della gente riunita in una piazza. E’ immagine evocativa: quel lacrimogeno vola sulla testa di gente che sognava… e che non si trovava lì per andare contro le istituzioni. Quel volo diventa l’emblema di qualcosa che spegne tanti sogni. Voglio parlare di un’epoca in cui i giovani hanno avuto la dignità di essere tali ed hanno potuto sognare. E’ triste ma questo non è più accaduto. Infatti, in seguito, tutti i sogni si sono infranti con la politicizzazione degli ideali.
Come nasce l’idea di osare qualcosa in più?
Qualche anno feci conoscenza con Peter Gabriel, parlandoci, concordammo sul fatto che gli artisti “veterani”, ad un certo punto dilagano e si ritrovano a fare per le quali, forse, non sono neanche competenti. In un momento come quello odierno, dove tutto si è fermato, ho pensato che quelli come me devono prendere il coraggio di osare di più. Con Gabriel intendevo proprio questo: dopo quarant’anni non si può competere con le classifiche dei dischi, con le cifre dei concerti… Per andare oltre bisogna confrontarsi con le proprie capacità. Avere il coraggio di lanciare lo sguardo da un’altra parte. Mettersi in competizione con la propria voglia di volare per superare certe barriere. Nel libro e nel film ho cercato di raccontare proprio questo: i miei protagonisti alla fine cercano di oltre…
Roberto Leggio
www.questopiccolograndeamore.it
(Nella foto il cantautore Claudio Baglioni)