Derivante dal latino Natalis (relativo alla nascita), la festività del 25 dicembre non è sicuramente, in chiave religiosa, la festa più importante per il mondo cristiano – la è invece la Pasqua. Tuttavia, negli ultimi due secoli, il Natale ha assunto un’importanza da più punti di vista, investendo anche il mondo laico. Ritrovo dell’affetto familiare per eccellenza, il 25 dicembre ha perso un po’ quei connotati religiosi e dediti ai valori della nascita del Salvatore, per porre l’accento sui consumi e le tradizioni popolari, estremamente sponsorizzati nelle televisioni e sui cartelloni pubblicitari: l’avvento di Gesù viene tuttavia rimembrato attraverso fiction o lungometraggi veri e propri che puntualmente arrivano intorno al 24 dicembre – e finiscono il 6 gennaio – al cinema e in televisione. L’aspetto popolare del Natale, tuttavia, non può e non deve sostituire quella particolare magia liturgica e rituale – affascinante anche per il mondo laico – che si respira nelle quattro Messe natalizie – la vespertina della vigilia, la Messa di mezzanotte, la Messa dell’aurora, e la Messa del giorno – che vengono celebrate tra il 24 e il 25 dicembre e che restituiscono al Natale quella funzione celebrativa relativa all’aspetto cristiano. In sintesi, più Babbo Natale in versione Coca-Cola che Gesù Bambino nella mangiatoia.
Come vivono Roma e Gerusalemme, le due principali culle della cristianità, il Natale? In modo estremamente diverso. Roma appartiene per lo più al mondo occidentale, e come tale, sotto le feste, diventa un centro culturale-religioso, indossando vesti di altissimi abeti addobbati lungo le principali vie o piazze della città, o mostrando presepi (anche viventi) nelle maggiori attrazioni turistiche della capitale – popolare e puntuale come sempre anche il Presepe in piazza San Pietro, accanto al maestoso Albero di Natale, che da quest’anno ha “rivaleggiato” per la prima volta con quello del Campidoglio voluto dal sindaco Alemanno – ma anche offrendo concerti e numerosissime richiami a livello commerciale-consumistico, luoghi dove girare al fine di trovare l’idea per qualche regalo. Basti pensare ad esempio a Piazza Navona, che dall’8 dicembre in poi si trasforma in un vero e proprio mercatino all’aperto, con numerose bancarelle che vendono classici oggetti di decorazioni natalizie (per l’albero e per il presepe), giocattoli, vestiti e altre idee per i consueti doni: Piazza Navona, sotto le feste, diventa così un fiume di gente che si lascia distrarre dai vari stand, ma anche dagli artisti di strada che lì intorno si riuniscono per dare vita a vari spettacoli d’intrattenimento per adulti e bambini.
Una moda che con il tempo sta scemando, ma che tuttavia non è ancora morta, è quella di sentire lontano suoni di zampogne, esercitate da uomini vestiti da pastori che intonano i classici canti di Natale. Ma Roma non è solo questo. Un fascino particolare è dato dalle diverse chiese e basiliche che vi sono nella capitale, a partire dalla Basilica di San Pietro, nella quale una particolare suggestione la provoca la Messa di mezzanotte, un fascino unico nella “casa” della religione cristiana. E respirare l’atmosfera liturgica in una tra le numerose dimore ecclesiastiche romane è sicuramente un’esperienza da provare, per quella strana sensazione di magia che solo una città come Roma può offrire. E poi ancora, concerti, spettacoli, cori gospel: tutto il resto si dimentica. È un giorno di festa. Tutta la città sembra fermarsi e partecipare ad un unico coro.
Di tutt’altro respiro è il Natale a Gerusalemme. Città che detiene il secondo posto al mondo come maggiore densità episcopale (basiliche, patriarcati, monasteri, conventi, quattordici diocesi…), il Natale non è addobbi e decorazioni, bancarelle e annunci di festività, espliciti rimandi ad un Natale illuminato e commercializzato. Il gusto è ancora quello dell’antico. Sussurrato, flebile, semplice, tipicamente e puramente religioso. Chiese orientali e occidentali. Riti latini, riti orientali, riti ortodossi, frutto di scismi e dispute cristologiche che si tengono da quasi venti secoli. Diversificazione delle celebrazioni.
I cristiani di Gerusalemme sono diversi gli uni dagli altri: indossano vesti diverse, celebrano le Messe in modo diverso. Assumono la forma di un variegato groviglio che ritualizza in modo diverso nel nome di un’unica festività. Che può avere date diverse: la notte del 24 dicembre per quei cattolici che seguono il calendario gregoriano; il 6 gennaio per gli ortodossi che guardano al calendario giuliano; il 17 gennaio per gli armeni che praticano ancora il rito orientale. Al Santo Sepolcro – luogo di devozione per antonomasia per i cristiani, sito nella città vecchia – non ci sono cimeli o simboli che ricordano che è Natale. Le Messe sono celebrate per piccoli e sparuti gruppi di fedeli, ma soprattutto turisti, ai quali le diverse funzioni religiose risentono ancora degli antichi rancori, insistendo sulle piccole differenze non istituzionali, o sulla lingua (l’aramaico) veramente parlata da Gesù. Si stima che su 750.000 abitanti, solo 8.500 siano cristiani. Un declino vero e proprio nella Terra Santa. E a Natale un silenzio tipicamente orientale, antico, dove si respira ancora la diversità culturale dei vari gruppi che la abitano. Il Natale a Gerusalemme non è uno sfavillio di luci e colori, non sono le risate di una famiglia assiepata attorno ad una tavola imbandita e nemmeno una frenetica corsa all’ultimo regalo. Il Natale a Gerusalemme è fatto di quella stessa sacralità che investe i luoghi dove è accaduta la Storia più famosa del mondo. È celebrazione. È rispetto. È la parola di Dio. È il valore autentico dell’Avvento. Un’esperienza anch’essa, diversa, nuova, pura, in linea con il vero spirito del Natale.
Daniele Sforza
(Nella foto Gerusalemme)