Seychelles: 250 anni e non dimostrarli

Seychelles: 250 anni e non dimostrarli

Quest’anno si celebrano i 250 anni dal primo insediamento sull’isola di Ste Anne e le Seychelles si riconfermano una delle mete esotiche più desiderate al mondo

Per la maggior parte della storia del mondo, le isole Seychelles sono rimaste celate, intatte e incontaminate, avvolte nel mistero, fino a quando non sono state svelate agli occhi increduli e ammirati degli esploratori. Custodito nel bel mezzo dell’Oceano Indiano, l’arcipelago fa la sua prima “apparizione” nel 1503, quando l’esploratore portoghese Vasco da Gama, durante il suo viaggio dall’India, individua le vette di alcune nuove isole. Poco tempo dopo, queste isole finiscono per dare sempre più spesso ricetto a navi in difficoltà e presto divengono persino un popolare rifugio dei pirati, cominciando a sedimentarsi nell’immaginario collettivo quale luogo senz’altro mirabolante e leggendario. La storia delle Seychelles come nazione vera e propria inizia però appena 250 anni fa, quando alcuni coloni francesi, più precisamente 15 coloni bianchi, 7 schiavi, 5 indiani e 1 donna nera, stabiliscono il primo insediamento sulla minuscola isola di Ste Anne: il 27 agosto 1770, quando i 28 approdano con la nave “Telemaque” sull’isoletta, il paese stabilisce i suoi effettivi natali. Sebbene l’insediamento originario abbia dato in realtà pochi frutti, ha aperto comunque la strada agli insediamenti successivi, che hanno contribuito a creare le basi di ciò che oggi costituisce la cultura e la popolazione creola delle Seychelles. Il 27 agosto 2020, mentre le Seychelles commemorano il traguardo del 250° anniversario, la storia dei primi coloni risuona ancora nei volti della sua gente, nel ritmo delle sue danze e della sua musica e persino nei sapori della sua cucina.

Image courtesy of Michel Denousse – STB

La cultura creola è un esempio perfetto di sincretismo virtuoso, in quanto risultato originale e innovativo del contributo collettivo dei primi coloni con le loro variegate origini etniche, dai coloni europei agli schiavi africani. La lingua madre delle Seychelles, il creolo, deriva infatti da una miscela eterogenea di lingue europee, principalmente francese e inglese, profondamente “impastate” con alcune declinazioni dei dialetti africani. In prima battuta, il creolo parlato dagli isolani può assomigliare molto al francese e certamente i coloni francofoni importarono la lingua che divenne la base del creolo, ma, se il creolo è di certo per il 75% francese, non possono sfuggire a un orecchio ben allenato le potenti influenze delle lingue malgasce e africane, che lo arricchiscono di sfumature differenti e ammalianti. Senza dubbio, alcuni aspetti dell’eredità europea e africana restano inconfondibilmente visibili, ciascuno nel suo modo unico e inequivocabile, a rendere ben più complesso e affascinante il quadro d’insieme. D’altro canto, anche la musica stessa degli isolani custodisce in sé il suo ritmo peculiare, sia africano che europeo. A tal proposito, il movimento della tradizionale danza moutya racconta la storia degli antenati africani che ballano intorno al fuoco al ritmo dei tamburi, per sfuggire alle loro preoccupazioni dopo una giornata di lavoro, mentre altre danze conosciute e diffuse sul territorio, come “kontredans” e “valz”, attingono direttamente dalla tradizione europea e ancora, a ben guardare, si dice che la danza chiamata localmente “kotis” discenda direttamente dal ceppo delle frenetiche danze folkloristiche scozzesi. Il sincretismo creolo permea ogni aspetto della vita dell’isola: grandi case in stile coloniale con ampie verande richiamano l’architettura europea, mentre la deliziosa cucina locale esplode di gusti intensi, grazie ai sapori derivanti dalla tradizione degli antenati africani. La squisita cucina delle Seychelles è ricca, saporita e diversificata, pienamente creola in ogni sua declinazione, un’eccellenza fusion che accarezza il palato e conquista i cuori dei visitatori. L’influenza dell’India in questo caso è la nota più vivace di un’allegra sinfonia di gusto: il riso, l’alimento base originario dell’India e non coltivato in loco, divenuto un must per gli isolani, si sposa felicemente con una varietà incredibile di spezie, dal profumato curry al celebre “masala”, fino al caratteristico murunga, utilizzato per preparazioni come brodi e zuppe.

Image courtesy of Michel Denousse – STB

L’anniversario dei 250 anni ci ricorda che le Seychelles sono una nazione relativamente giovane, ma nel frenetico mondo moderno non si può ignorare il pericolo che il suo patrimonio vada perso a causa dei fenomeni sempre più incalzanti di globalizzazione e occidentalizzazione. La missione dei suoi abitanti resta quindi quella di mantenere viva l’eredità degli antenati, attraverso tradizioni e pratiche tramandate da una generazione all’altra, continuando a tenere fede al senso più profondo della cultura creola, che si arricchisce e si rafforza in virtù della condivisione e della commistione. Festeggiare i 250 anni delle Seychelles significa per gli autoctoni abbracciare più forte e con maggior convinzione il proprio patrimonio e preservare di conseguenza la propria cultura, onorando le radici che hanno permesso ai rami del futuro di prosperare. A causa della pandemia non ancora sconfitta, però, le commemorazioni di quest’anno hanno dovuto assumere un tono abbastanza pacato, con varie piccole attività organizzate per l’occasione: in primo luogo, una commemorazione simbolica per celebrare la giornata sull’isola di Ste-Anne, seguita da una commemorazione ufficiale in uno dei villaggi del patrimonio delle Seychelles, il Domaine Val De pres. Questa emergenza non ha scalfito in ogni caso l’orgoglio e la vitalità del popolo delle Seychelles e, anche se il volume della festa è stato smorzato, non potrà mai diminuire l’emozione che il mare, la natura incontaminata e le spiagge da favola generano nel cuore dei suoi abitanti e dei viaggiatori di tutto il mondo. Le isole Seychelles saranno sempre un giovane paradiso in terra, un angolo di meraviglia incastonato nelle acque più pure, un tesoro dalle infinite sfumature che non smette mai di stupire.

Credits Foto Copertina: Torsten Dickmann

Image courtesy of Michel Denousse – STB