Sidney

Sidney

Probabilmente il primo a stupirsene fu proprio il Capitano Cook, James Cook, approdato nella baia di Sydney, allora Botany Bay, oltre due secoli fa, nel 1770.

Lo scopritore “ufficiale” certamente si guardò a lungo intorno domandandosi dove mai fosse finito con il suo “Endeavour” e dove mai potesse finire questo lungo e spettacolare fiordo che penetra in profondità nel territorio per circa venti chilometri, dividendosi in decine d’improvvise ramificazioni: migliaia di anse, spiagge, recessi della costa dove l’onda lunga del Pacifico si distende e si placa e intorno alle quali l’incontro tra terra e mare ha dato vita ad una delle baie più belle del mondo.

Chissà quanti marinai avrà mandato in avanscoperta a forza di remi, il Capitano; quante volte avrà fatto saggiare la profondità delle acque, annotato con scrupolo ogni anfratto nel quale s’era avventurato prima di decidersi a dar fondo all’ancora una volta per tutte.

Oggi Sydney si specchia in questa sua baia per ogni lato, con i centenari quartieri portuali, i grattacieli lucidi, i giardini perennemente fioriti, le cupole bianche e splendenti dell’Opera House: immaginifiche vele di un veliero in rotta verso i mari del Sud.

Sydney racconta il mare, le radici moderne; ed è più di ogni altra città australiana lo specchio di una civiltà giovane, vivace; delle 140 diverse etnie che la compongono, del mito tutto australiano della easy way of life, la vita spensierata degli impiegati della City che non appena messo il naso fuori dall’ufficio raggiungono la spiaggia, la vivacissima Bondi Beach, per tuffarsi tra i frangenti con la tavola da surf.

Impensabile non spendervi qualche giorno prima di avventurarsi in visita alla Grande Isola, dove tutto è enorme, distante, infinito: lo è il mare, inevitabilmente, lo sono le ferrovie che impiegano giorni per attraversare il paese da una costa all’altra, lo sono le differenze tra un’Europa intima e affollata e un territorio dove, al contrario, la densità abitativa è di appena due abitanti per chilometro quadrato.

Lo sguardo spazia leggero in un autentico miraggio naturalistico, una natura così presente e preservata da far quasi pensare alla presenza dell’uomo solo come accessoria.

“Synney”, allora, come la chiamano i suoi abitanti con quel gusto tutto “aussi” di storpiare i nomi e di affibbiare un nomignolo affettuoso a qualsiasi cosa, un gattino domestico, una persona, oppure una città.

Per darle un’occhiata panoramica e farsi un’idea della metropoli e del suo mare visti dall’alto, di come Sydney si sviluppa intorno al suo polmone d’acqua, vale la pena di raggiungere l’Harbour Bridge, il ponte che sovrasta la baia cittadina collegando i quartieri residenziali nord alla città vera e propria, e di affacciarsi dal classico outlook, il belvedere, una di quelle piazzole che in Australia si trovano ovunque ci sia qualcosa da ammirare da una certa altezza.

Eccolo, allora, il fiordo: da una parte quasi si intravede la bocca che dà sull’oceano; dall’altra, alle spalle, l’entroterra e la Homebush Bay. Sotto i piedi, lo spettacolo unico della città e della baia dove decine di barche veleggiano in un mare calmo e tranquillo come un laghetto di montagna.

La vista ripaga del fiatone accumulato su per le scale che salgono dritte da Cumberland Street, dal quartiere dei Rocks, il borgo antico del vecchio porto storico della città.

Era proprio qui, ai Rocks, che appena diciotto anni dopo l’arrivo del Capitano Cook cominciavano a sbarcare i primi detenuti spediti in questa nuova colonia penale dell’Impero britannico, piuttosto lontana dalla terra madre.

Una città sempre più diversa dal resto del paese, in gran parte spopolato al punto da far dire ai suoi abitanti: “O Sydney o l’outback”, ovvero la vitalità cittadina, oppure la vita uguale e ripetitiva degli sconfinati orizzonti dell’immenso territorio australiano dove pascolano milioni di pecore e i canguri saltellano liberamente.

Nel centro della città ci sono i grattaceli della city e il Botanic Garden: il contrasto è molto particolare, con alberi giganti provenienti da tutta l’Australia dietro ai quali si innalzano i grattacieli.

Passeggiare in questo parco lo consiglio a tutti: troverete alberi stranissimi come il “bottle tree” (l’albero bottiglia), la versione australiana del piccione, e le volpi volanti. Questi ultimi sono degli strani pipistrelli vegetariani che di giorno affollano, appesi a testa in giù, i rami di pochi alberi prescelti dove schiamazzano e litigano per i posti migliori, mentre al tramonto si alzano in volo e girano per tutta la città (come da noi i rondoni).

La City ed il Botanic Garden si incontrano su un promontorio che si affaccia sulla baia di Sidney, qui è stata costruita l’Opera House, l’edificio che è diventato il simbolo della città.

Un’ultima curiosità: l’organo dell’Opera House (purtroppo non è consentito fotografare l’interno) ha 10.000 canne ed è il più grande del mondo, l’artigiano che l’ha fatto ha impiegato 20 anni per completarlo.

Dall’altra parte del porto di Sidney rispetto all’auditorium si trova il piccolo quartiere di “The Rock” (La Roccia), il primo insediamento della città, che ha questo nome perchè tutti gli edifici sono in pietra. Oggi le costruzioni in pietra sono state vietate per salvaguardare le montagne che in Australia non sono poi molte…

Oggi questo quartiere è una zona molto commerciale, ma merita una visita, così come il gigantesco ponte che collega la parte sud a quella nord della città. A fianco della city si trova l’ipermoderna area di Darling Harbor, un po’ troppo americana forse, ma si trovano l’acquario di Sidney e l’I-max (il cinema tridimensionale) più grande del mondo.

Molte guide turistiche dichiarano Kings Cross il quartiere più “alternativo” della città, ma i nostri amici autoctoni ci hanno avvisato che si tratta di un’area per spennare i turisti con un po’ di negozi a luci rosse e locali costosi: la vera Sidney alternativa si trova nel quartiere degli studenti: “Glebe Point”. Casette basse all’inglese con gente seduta fuori, ragazzi a studiare nei bar, negozi alternativi di dischi e libri usati, di prodotti biologici e vestiti strani, decine di posti dove mangiare a basso costo, il tutto in un clima molto solare e rilassato.

La sera, nel parco del quartiere, si può assistere a spettacoli di giocolieri improvvisati, centinaia di persone, molte guardano, alcune suonano, altre giocano.

Per visitare la parte nord di Sidney, invece è meglio affittare dei kayak, per esplorare i fiordi della città: è impressionante come si passa dalla foresta di mangrovie a quartieri abitati e ville lussuose nel giro di poche pagaiate, avere tutti questi parchi nella propria città dev’essere molto piacevole…

A.P.

Ente per il turismo Australia - www.australia.com