Il mio nome Bond

Il mio nome   Bond

Il mio nome è Bond, James Bond”. Una frase che è diventata cult come il personaggio che la pronuncia. L’agente segreto con licenza di uccidere 007 ha ormai 56 anni ma è ancora tremendamente di moda. Ed ora sugli schermi ecco Quantum of Solace, il nuovo capitolo della saga. In questo episodio James Bond avrà di nuovo il volto di Daniel Craig.

Era il 1952 quando lo scrittore inglese Jan Fleming, per “sconfiggere la noia della vita coniugale”, si sedette davanti alla macchina da scrivere rivoluzionando il mondo della letteratura e del cinema. Dopo il primo “Casinò Royale”, Fleming prese l’abitudine di rifugiarsi nella sua villa Goldeneye, in Giamaica, per scrivere il capitolo successivo della saga. Il passaggio dalla letteratura al grande schermo fu breve. La coppia di produttori Albert R. Broccoli e Harry Saltzman fiutarono l’affare e acquistarono i diritti del romanzo “Licenza di uccidere. Il Dottor No”. E dopo pochi mesi uscì

il primo film della serie. I produttori scelsero per rappresentare l’agente 007 lo scozzese Sean Connery, l’attore che maggiormente è stato identificato come l’icona del personaggio fleminghiano.

Il film costò un milione di dollari (che nel 1962 non erano affatto pochi) e incassò addirittura 59 milioni e 600 mila. Un successo quasi insperato che spinse la produzione a replicare immediatamente. In sei anni furono prodotti cinque film ed il box office mostrò un interesse crescente intorno a 007 tanto che, già nel terzo episodio “Missione Goldfinger”, gli incassi erano quasi triplicati rispetto all’inizio. Altre figure si affacciarono prepotentemente nell’immaginario collettivo: impossibile non ricordare le bondgirl, ovvero le bellissime donne che affiancano la spia inglese in ogni pellicola, e le auto che lo hanno identificato, su tutte l’Aston Martin.

Nel 1969 però Connery si dichiarò stanco del personaggio e decise di lasciare il passo. Broccoli e Saltzman decisero di proseguire con un nuovo volto. Scattarono provini e selezioni in tutto il mondo e, alla fine, fu scelto lo sconosciuto modello australiano George Lazemby alla prima (e probabilmente unica) esperienza cinematografica degna di rilievo. La sua interpretazione in “Al servizio segreto di sua Maestà” strizzò molto l’occhio a quella del predecessore ma il nuovo James Bond non riuscì a fare breccia tra il pubblico. Nonostante una sceneggiatura promettente e alcuni spunti interessanti come l’esordio di Herst Blofeld, il più celebre nemico di 007, o il matrimonio di Bond, il film si rivelò un fiasco. La produzione corse ai ripari e richiamò Sean Connery che, davanti ad un’offerta a numerosi zeri, accettò di nuovo la parte. “Una cascata di diamanti”, ultima pellicola con l’attore scozzese (se si esclude il successivo “Mai dire mai”, non riconosiuto ufficialmente), risollevò i guadagni ma non diede il nuovo slancio sperato. Serviva una svolta e così fu scelto Roger Moore, attore paradossalmente più anziano di due anni del predecessore ma molto noto tra il pubblico dei telefilm per aver interpretato “Il santo”. Il cambio giovò alla saga che ripartì con rinnovato vigore. Moore personalizzò il suo 007 con un’interpretazione molto ironica che lo aiutò a farsi amari dai fans. A cinquantotto anni, per sopraggiunti limiti d’età, l’attore londinese abdicò e si aprì di nuovo la questione successione. Il ruolo fu assegnato al britannico Timoty Dalton che si impegnò a fondo (sembra che invece di leggere la sceneggiatura preferisse studiare i romanzi di Fleming) e rese il personaggio in modo più duro ed enigmatico, ovvero vicino all’idea originaria dell’autore. Purtroppo i suoi due film non riscossero grandissimo successo e l’attore gallese non ebbe il tempo di conquistare il pubblico. Le sceneggiature non furono all’altezza i romanzi ed i cattivi troppo poco credibili. La serie sembrava stanca, c’era bisogno di una pausa di riflessione.

I fans di 007 dovettero attendere così sei anni prima di rivedere l’agente segreto in azione. Dalton rifiutò l’incarico ed il testimone passò a Pierce Brosnan. L’attore irlandese ripropose un’interpretazione assai simile a quella di Sean Connery e, con quattro pellicole dal grande successo di pubblico (meno della critica) è riuscito a ravvivare la saga.

Il resto è storia dei giorni nostri. La Mgm ha scelto di ricominciare la storia dall’inizio puntando sulla trama del primo romanzo di Fleming. Al posto di Brosnan fu chiamato il biondo Daniel Craig per il film “Casinò Royale”. Molti hanno storto la bocca per questa scelta ma la critica ha espresso giudizi molto positivi. Joshua Rothkopf del Time Out New York ha definito il Bond di Craig, più cupo e introspettivo dei predecessori, come “il miglior 007 di tutti i tempi”. Gia la fine dell’ultima pellicola lasciava presagire un seguito a breve ed ecco infatti “Quantum of Solace” in uscita in Italia a novembre. La vicenda riparte dove era stata lasciata in “Casinò Royale” con Bond che prova a superare il tradimento dell’amata Vesper cercando di sgominare l’organizzazione che la ricattava. La missione però si rivela più complicata del previsto. Il lavoro d’intelligence collega un agente dell’MI6 che ha tradito l’agenzia ad un conto bancario ad Haiti dove Bond, in seguito ad uno scambio di persona, conosce Camille, una donna bella e aggressiva che ha una vendetta personale da portare a termine. Camille consente a Bond di arrivare a Dominic Greene, un uomo d’affari senza scupoli, tra i membri dell’organizzazione. Azione dal ritmo serrato con 007 protagonista di un gioco pericoloso in giro per il Mondo tra Italia, Austria e Sud America per scoprire che Greene è a capo di una cospirazione per impossessarsi delle più importanti risorse mondiali e rovesciare il governo di uno Stato dell’America Latina. Tradimenti, omicidi, inganni, esplosioni e situazioni critiche. Insomma gli ingredienti classici di una serie che ogni volta continua a stupire gli spettatori.

Walter Astori

(nella foto Daniel Craig)