Fabio Viale, emozioni in marmo

“L’arte deve sorprendere, prima di tutto me stesso”

La sua vita si è legata al marmo quando aveva 16 anni. Qual è la sfida di un adolescente quando si trova a scolpire un materiale così apparentemente ostile?

Credo che non si tratti tanto di una sfida, almeno all’inizio, si è trattato piuttosto di un approccio inevitabile, di quello che poi ho scoperto essere un talento, un’inclinazione ineluttabile. Un professore durante le scuole superiori mi propose di maneggiare in modo più consapevole un materiale, lo trovai intrigante, alchemico e da allora non ho più smesso. In seguito la parola sfida ha accompagnato la mia idea della scultura e del marmo.

Le forme dei suoi marmi rievocano celebri sculture classiche, ma il riferimento all’antichità greca e rinascimentale non è un omaggio in senso stretto. E’ reinterpretazione o frattura?

Entrambi gli aspetti. I miei lavori quando sono dei riferimenti stretti ai grandi capolavori del passato  appartengono spesso al ciclo Souvenir nel tentativo di considerare la volontà dei fruitori nel mondo di possederne idealmente l’intero o chissà una parte: Souvenir Gioconda, Souvenir David o Souvenir Pietà, tra gli altri. Altre volte sono opere dalla forma classica con un riferimento meno preciso a sculture esistenti con il medesimo intento di creare uno spostamento di senso, una nuova dimensione semantica, siano essi realizzati con l’effetto polistirolo oppure coperti di tatuaggi, si genera uno spiazzamento percettivo che associa il candore del marmo, la classicità del materiale, la purezza, ad un linguaggio attuale e spesso legato al mondo della violenza come nel caso dei tatuaggi dei detenuti russi o della mafia giapponese, la Yakuza: Il vostro sarà il nostro o Kouros, opere che rappresentano pugni o busti.

La superficie delle sue statue è ricoperta da tatuaggi di madonne, teschi, pistole e altri segni che compongono il complesso codice dei tatuaggi della comunità criminale russa. Cosa racconta questo incontro simbolico?

Racconta la forza del disorientamento, si tratta di un compromesso collisivo tra il portato di significati legati al marmo ed alla classicità alla crudezza della violenza. Idealmente l’arte assolve al suo grande compito simbolico di sintesi: in un solo prodotto si condensano due mondi attraverso il miracolo scultoreo e l’armonia del disegno.

L’accostamento tra sacro e profano genera ancora spaesamento?

In senso metaforico, l’associazione di mondi apparentemente in contrasto crea la meraviglia: è una parte del lavoro. Non è tanto il sacro ed il profano, ma sono piuttosto classificazioni della storia delle immagini, dell’iconoclastia universale e della loro reinterpretazione che, creando spiazzamento, generano vicinanza e curiosità. L’esito creativo dei miei lavori ha un carattere assoluto, sostenuto da un continuo attingere a bacini semantici noti, ogni volta soggetti a depistaggi. I pneumatici, oggetto di uso e dimestichezza comune, per esempio, non sono solo inanellati creando di per sé, nell’opera Infinito, un corto-circuito visivo, ma sono anche resi in modo che la realtà dell’oggetto usurato sia aderente al vero destrutturando la preziosità del marmo che diviene oggetto di basso pregio. In questo caso è metaforicamente interessante parlare di sacro (marmo) e profano (oggetto usurato) che si sintetizzano.

Nella replica in marmo de La Pietà di Michelangelo, un ragazzo nigeriano si sostituisce al Cristo. Chi è Lucky Ehi?

Ho conosciuto Lucky Ehi in un centro di accoglienza di Torino, si tratta di un giovane nigeriano cattolico scappato alla persecuzione del suo paese. La sua storia, simbolica, racconta la vicenda di una fuga e di una grande accoglienza della Madre di Dio. Si tratta, però, di una accoglienza trasversale alle religioni: vista da dietro la scultura è una donna con un velo con il capo chino, una trama iconica di grande potenza e suggestione che aziona connotati idealizzati capaci di sintetizzare il Cristianesimo per divenire, si badi bene, ancora più universale. E’ questo che mi affascina moltissimo. Ho condiviso questo pensiero con la galleria Poggiali e Sergio Risaliti, attuale direttore del Museo Novecento di Firenze, e così abbiamo realizzato il progetto nella sede di Milano, dopo le prime personali a Pietrasanta e Firenze.

In un’altra reinterpretazione dell’opera, invece, era il corpo della Vergine Maria a mancare: rimaneva solo un Cristo e un abbraccio impresso da alcune dita della mano destra. Qual era il messaggio di quella scultura?

Quest’opera è una sintesi della serie Souvenir, si intitola per l’appunto Souvenir Pietà (Cristo): il Cristo strappato alla Madre, realizzato nel 2007, vive nella scultura senza quest’ultima e genera immediatamente il boato ideale di una fragorosa assenza, così come in Souvenir Pietà (Madre) del 2018, dove al posto del Cristo ho immaginato uno sbrano affidando proprio a quest’ultimo lo scarto creativo di cui mi sono fatto carico.

Il messaggio dell’opera Souvenir Pietà (Cristo) condensa quello che ho detto prima: non solo per me la sfida di creare una riproduzione suggestiva 1:1 di una perfezione più maniacale possibile, senza però limitarmi a questa soglia. Quest’opera vive della dimensione concettuale dell’immediatezza di un’assenza fragorosa, quella del Cristo: il rimando immediato alla Pietà di Michelangelo genera l’altrettanta istantanea individuazione dell’assenza della Madre, il Cristo diviene così un Souvenir idealmente alla portata di tutti.

Lei è sempre andato alla ricerca di nuovi risultati, sperimentando anche le leggi della meccanica e della fisica, con cui ad esempio ha dato vita alla famosa barca in marmo con motore, “Ahgalla”. La poetica dello spiazzamento è superare i limiti?

Si tratta di una sfida: sfida ai materiali e confronto serrato con me stesso. Ho la necessità interiore che appartiene al mio temperamento di generare e sperimentare nuove possibilità. Nessun ingegnere era disposto ad assicurarmi la riuscita dell’esperimento così, seppur senza alcun mezzo economico all’epoca, ho goduto della generosità e della rara sensibilità di un proprietario di cave che mi ha regalato marmo e spazio per realizzarla, dopo di che al porto di Carrara le ho applicato un motore e con grandi dubbi sono partito. Idealmente ancora non sono sceso. Dopo Carrara, Venezia durante Biennale, poi Roma, Torino ed il Gorsky Park di Mosca.

Quali sono gli artisti che sente maggiormente vicino?

Sono tutti bravi e c’è da imparare da ognuno di loro.

La sua arte è classica, pop o punk?

Credo che la classificazione sia piuttosto vaga ed inapplicabile, ma al tempo stesso tutti e tre gli aggettivi siano in modi e momenti diversi validi senza essere esaustivi.

Potrei forse rispondere che la mia arte è orientata a restituire il senso dei nostri giorni attraverso scelte artistiche coerenti, rigorose e capaci di sorprendere per primo me stesso, attingendo all’attualità tecnica nella sofisticazione della lavorazione del marmo, e antropologica, nella valutazione dell’attualità, per questo la ritengo contemporanea.