Carl Brave e Franco 126: la musica fotografa i colori della realtà

L’utilizzo del dialetto rappresenta l’essenza dell’autenticità dei vostri testi, non vi ha limitato nella diffusione della vostra musica?

Franco 126: Il dialetto è l’espressione più diretta della nostra realtà, senza il vincolo di dover essere assolutamente capiti da tutti. Scriviamo come parliamo, ma ugualmente siamo riusciti a non rimanere confinati nel nostro perimetro di appartenenza. Ormai tutto il mondo è paese, soprattutto grazie ai social network, che creano innumerevoli canali di connessione tra i più giovani: il modo di vivere dei ragazzi è simile da Roma a Milano. La romanità è una cornice, ma noi vogliamo raccontare situazioni di vita in cui può ritrovarsi chiunque.

Carl Brave: Usiamo lo slang per far uscire fuori la parte più vera di noi. Non c’è più una zona comfort e il nostro modo di esprimerci non ci limita, ci siamo resi conto che possiamo davvero essere apprezzati dappertutto. Milano, Napoli, Sicilia: sono tutti terreni fertili perché ognuno può ritrovarsi nelle nostre canzoni. Ad esempio, io parlo del Nasone romano che “scorre sempre e non la smette”, mentre a Milano hanno il dragone, che è praticamente la stessa cosa: la musica quindi può legare il paese molto più di quanto si possa immaginare, mettendo in evidenza le cose in comune, accorciando le distanze, ammorbidendo le differenze.

Come nascono le vostre canzoni?

Franco 126: Io sono un po’ più cervellotico, Carlo invece è più impulsivo. Io segno le cose che vedo per strada oppure delle parole che mi piacciono e da lì mi lascio guidare per comporre una canzone. Anche Carlo parte dalle immagini per comporre e far quadrare un testo. È un modo di lavorare molto visivo il nostro.

Carl Brave: I nostri testi sono legati profondamente anche alle basi, ci piace lasciarci ispirare, seguendo il mood della base strumentale. Da lì si scatenano emozioni che portano a sviluppare un brano compiuto. Roma è fondamentale per trovare la giusta ispirazione: i testi raccontano la città e i suoi abitanti. Roma è ricca di sfaccettature, caotica e paciosa al tempo stesso: ci dà davvero l’opportunità di parlare di tantissime cose diverse. Noi cantiamo il quotidiano, le possibilità sono davvero infinite.

Come state vivendo la preparazione del vostro concerto a Rock in Roma, il più grande palcoscenico estivo per la musica in Italia, a cui partecipano star del calibro di Roger Waters?

Franco 126: Suonare a Roma è sempre una grande emozione, perché il pubblico è ancora più caldo,  si sente ancor più rappresentato dalle nostre canzoni. Io sono romano da parecchie generazioni per parte di padre, precisamente trasteverino: il mio bisnonno aveva casa nel cuore di Trastevere, il legame con il quartiere e con tutta la città è profondissimo. Approdare a Rock in Roma ci fa stare super bene: è un palcoscenico davvero importante e ci teniamo più del solito a fare bella figura.

Carl Brave: Per Rock in Roma siamo sotto con le prove, suoniamo con un gruppo che rappresenta la nostra forza. Abbiamo chitarre, fiati e ci stiamo allenando per essere all’altezza di un obiettivo che ci eravamo prefissati da tempo.

 

Elisabetta Pasca