Coronavirus e clausura, i messaggi dal Silenzio

Coronavirus e clausura, i messaggi dal Silenzio

Tra quattro mura, in una specie di clausura, ormai da circa un mese l’Italia vive a casa.

Si lavora, si studia, si gioca, si ‘viaggia’, si ascolta musica e si visitano musei. Si ‘vedono’ e si parla con amici e parenti che sembravano perduti, dimenticati. Tutto avviene in maniera ‘virtuale’ con il supporto tecnologico. Ora grande alleato, unico mediatore con il mondo.

Abbiamo superato la prima fase del Covid-19 e anche quella sorta di euforia ‘da sopravvivenza’ generata dalla necessità di riorganizzare con immediatezza abitudini di vita, mettendo alla prova flessibilità professionali, relazioni ed affetti. E ora, nel miglioramento, anche se minimo, del trend del contagio, e mentre guardiamo con ansia ai gravi danni economici generati dalla ‘chiusura generale’, siamo ancora sospesi, in attesa di uscire – speriamo presto – da questa drammatica primavera. Occorre, dunque, maggiore forza e pazienza per continuare ad assicurare l’isolamento necessario e ‘tagliare le gambe’ all’invisibile virus. Con la certezza che ‘ce la faremo’!

Attivo, anche presso il Comune di Roma, il servizio gratuito di ‘supporto psicologico’.

La domanda sempre più pressante è, ora, come fare a ‘resistere’. Qualche risposta per riflettere su questa difficile prova può venire, forse, dai conventi di clausura, ai quali con curiosità e interesse il mondo ‘civile’ guarda da sempre. Una scelta di ‘chiusura’ che ha contorni inaccessibili alla coscienza comune.

Secondo la Congregazione per la vita consacrata, le suore di clausura nel mondo sono circa 38.000. Oltre la metà, circa 22 mila in Europa, di cui in Italia 5 mila in 523 monasteri, 8 mila in Spagna in 850 monasteri, 2.800 in Francia in 257 monasteri. Nel continente africano le monache sono 1172, in Asia 3.519. In America del Sud 4.242 monache e nell’America del Nord 3.500, mentre in Oceania sono circa 200.

Una vita diversa da quella descritta nello straordinario documentario di Sergio Zavoli del 1958, girato nel convento delle carmelitane scalze di Bologna. Le poche riprese televisive, per la prima volta nella storia, lì effettuate dalle stesse monache. Potente la testimonianza della priora attraverso l’invalicabile grata che rappresenta, nella tonalità della voce prima che nelle parole, l’intimità della vita monastica. Una vita di assoluto isolamento e di grande rigore. La giornata scandita dalla preghiera e dal silenzio, più eloquente di tanti discorsi.

Una vita claustrale diversa, oggi, ma che non ha intaccato il cuore contemplativo delle suore di clausura. Papa Francesco, nel 2016, nella costituzione apostolica Vultum Dei quarere (La ricerca del volto di Dio), a distanza di 66 anni dalprecedente documento Sponsa Christi(La sposa di Cristo) di Pio XII, ha affermato che **le suore possono accedere ai media e utilizzare i social ‘**con sobrietà e discrezione non solo riguardo ai contenuti ma anche alla quantità delle informazioni e al tipo di comunicazione, affinché siano al servizio della formazione alla vita contemplativa e delle comunicazioni necessarie, e non occasione di dissipazione o di evasione della vita fraterna’.

Un’apertura verso il mondo mutato, nel corso del tempo.

Tolte le grate e aperte le porte della comunità claustrale, a Fara Sabina, in provincia di Rieti, prima della pandemia, un sabato al mese la comunità delle suore di clausura ha organizzato, in silenzio, per 40 commensali, una serata particolare. Curata in ogni dettaglio, un ambiente illuminato da candele, una lettura spirituale per nutrire mente e anima, musica sacra, pietanze ricavate da antichi manuali gastronomici del periodo medioevale/rinascimentale. E, per comprendere pienamente il senso e il valore del silenzio, una visita al monastero.

Le ‘sepolte vive’, come alcuni le definiscono, sono un esercito invisibile. Schierato anch’esso nella battaglia contro la pandemia. Con due potenti armi: la preghiera e l’amore. E con un’attività concreta, fatta di discrezione, senza clamore e pubblicità.

In tutta Italia, sentinelle dell’emergenza Covid-19, per assistere i malati e i loro familiari e le persone più bisognose. Gli anziani soli, costretti in casa, e le persone più fragili, chiedono alle monache il dono di una telefonata e di contatti umani. I poveri bussano ai conventi chiedendo cibo. Altri, un aiuto nella preghiera. Qualcosa di irrinunciabile, nei momenti di smarrimento e di sofferenza.

A Roma, 59 sono le suore in clausura che, attualmente, risultano positive al virus.

E, come ci vedono loro, le suore, al di là della ‘ruota’?

Rimanere in casa per il coronavirus può costituire un’opportunità per vivere la propria quaresima della vita’: a dirlo all’ANSA è suor Caterina, madre badessa delle monache di clausura benedettine di Norcia. ‘Quaresima – ha spiegato la religiosa – significa tempo di conversione e questo potrebbe aiutarci a cambiare le nostre abitudini, a migliorare i nostri stili di vita. Stare in contemplazione – ha detto ancora la madre badessa – è come vivere e attraversare il deserto, un percorso faticoso, ma che ci insegna ad andare avanti e a non arrendersi’.

La drammaticità dell’evento che stiamo vivendo fa appello alla resilienza che ognuno può scoprire dentro di sé, per trasformare la fragilità del momento in risorsa’, spiega suor Diana Papa, abbadessa del monastero di Otranto, che dà anche alcune indicazioni: ‘Ripensa alla struttura del tempo nella giornata. Focalizza quattro impegni da portare avanti durante la mattinata e il pomeriggio. Concediti delle telefonate o delle chat con gli amici. Fermati trenta minuti per riflettere sul senso della tua vita, sul significato di ciò che sta accadendo e trova la risposta nella Parola di Dio. Familiarizza col silenzio. Ognuno, a modo suo, potrà scoprire che la clausura forzata non è negazione dell’esistenza, ma pienezza di vita’.

E ancora a Roma, al monastero dei Santi Quattro Coronati, la priora Suor Fulvia Sieni spiega: ‘L’universalità della missione monastica è rendersi capaci di amare ogni uomo, chiunque sia. Evadiamo di continuo dalla nostra coscienza che avvertiamo troppo silenziosa e priva di stimoli gratificanti, dai quali siamo continuamente investiti. Siamo iper-stimolati e non sappiamo reggere la fatica dell’attesa che invece la vita, quella vera, richiede’. La cura è ‘saper tornare a un silenzio interiore per riconciliare le contraddizioni che sono in noi. Il cuore di chi vive in monastero è abituato al silenzio e all’ascolto del proprio intimo, è capace di risvegliare il cuore di chi incontra. Come e perché non lo sappiamo neppure noi, ma un abisso richiama l’altro ed è la fine della solitudine’, dice la priora.

E le Clarisse Cappuccine in Primiero del Monastero di S. Romualdo, a Trento: ‘Tutti, nessuno escluso, viviamo il paradosso di essere lontani, ma desideriamo sentirci vicini, abbiamo bisogno di esortarci alla speranza, di rivolgerci un pensiero vicendevole. È il ritrovarsi, anzi il ri-cercarsi, per sentirci meno soli nell’affrontare un dramma che ci colpisce tutti. La spinta verso la ricerca dell’altro è forse anche l’unico modo per attraversare il guado della prova che viviamo, ovvero la forza del ‘noi’. Proprio nel momento in cui gli appelli incessanti a stare a casa diventano un obbligo morale prima che normativo e il senso di smarrimento e dolore entrano con prepotenza dentro le nostre vite lasciandoci atonici rispetto al senso di impotenza e paura, riscopriamo la forza inesauribile del ‘noi’, della comunità, dell’estremo bisogno l’uno dell’altro, del perseguire il bene comune come unica possibilità, lasciata alla nostra responsabilità di esseri umani, di vincere questa battaglia’.

In una lettera (www.clarisseperugia.it), le Clarisse del Monastero di Sant’Agnese di Perugia scrivono: ‘Probabilmente ciascuno di voi sta sperimentando una clausura forzata, che in qualche modo vi accomuna a noi! Ai tanti ‘perché’ che l’umanità si sta ponendo in questi giorni, non ci sono ‘risposte’ da dare. Ci sono domande e silenzi da condividere’.

Dalla clausura del monastero di Santa Cristiana di Santa Croce sull’Arno, a Pisa, lefiabe di suor Sandra conquistano il web.‘Le storie di suor Sandra’, questo il titolo dell’evento quotidiano, sono narrate ogni giorno, in diretta,su www.parrocchiesantacroce.blogspot.com e su facebook. ‘Un sorriso al giorno in casa, fa scappare il virus di torno’, è il saluto di congedo ai piccoli spettatori.

Sono tutti messaggi di vicinanza e di speranza ‘da claustrale a claustrale’. È quello di cui, ognuno di noi, in questa difficile fase, ha più bisogno. Riscoprire il valore del tempo, con pazienza, e riconoscere il senso dell’attesa. Un antidoto all’ansia delle lunghe giornate in casa. Per andare avanti e non arrendersi. Un insegnamento anche per il futuro, per lenire la solitudine ed essere solidali con chi ci è vicino annullando individualismo, egoismo e indifferenza.

Elvira Frojo