American Gods 2: è resa dei conti tra Dei Antichi e Nuovi

American Gods 2: è resa dei conti tra Dei Antichi e Nuovi

Lo sappiamo fin dai tempi della scuola: se si parla di dei, antichi o nuovi che siano, mettere in preventivo più di una turbolenza è quasi naturale. E, in effetti, la visionaria serie “American Gods”, tratta dall’omonimo romanzo di Neil Gaiman, scritto nel 2001 e vincitore di premi prestigiosi come lo Hugo, il premio Nebula e il premio Bram Stoker per il miglior romanzo, di momenti controversi e burrascosi ha dovuto attraversarne non pochi. La conflittualità divina in qualche modo si è riverberata all’interno della produzione, rallentandone i tempi e creando una miriade di problemi.

Al termine di una prima stagione strepitosa, che con le sue atmosfere cupe aveva ammaliato migliaia di aficionados, i produttori esecutivi della serie si erano divisi in due correnti rivali: il conflitto verteva proprio sulla dicotomia irriducibile tra la coppia di showrunner Bryan Fuller e Michael Green e lo scrittore Neil Gaiman. L’autore del romanzo non trovava il progetto della nuova stagione coerente con la sua opera originaria. Il primo round dello scontro se lo aggiudica proprio Gaiman, grazie al licenziamento di Fuller e Green e alla discesa in campo di Jesse Alexander, il cui operato era in linea con l’intenzione di Gaiman. La guerra, però, non finisce qui. Perché una cospicua rappresentanza del cast a quel punto sceglie di appoggiare Fuller e Green, opponendosi in maniera piuttosto decisa ad Alexander. Per fortuna, alla fine le nubi di tempesta si sono dissipate nel cielo di American Gods e finalmente la serie è pronta per rimettere in scena, senza esclusione di colpi, la battaglia inveterata per la supremazia celeste. Prodotta da Fremantle, la tanto agognata seconda stagione torna su Prime Video, a partire dall’11 marzo, per otto episodi al fulmicotone che promettono emozioni forti.

Dove eravamo rimasti? Gli dei della mitologia classica, ormai è acclarato, hanno perso potere, a beneficio di un nuovo pantheon che mitizza i temi della società moderna, come tecnologia, mass-media, fama e tossicodipendenza. A contrastare questa caduta della vecchia guardia ritroviamo il tormentato Shadow Moon (Ricky Whittle), l’ex galeotto assoldato come guardia del corpo e braccio destro dal misterioso signor Wednesday, un superbo Ian McShane. I due erano pronti a lanciare il guanto di sfida agli idoli moderni. La seconda stagione riprende i fili della prima: Crispin Glover sarà nuovamente Mr. World, intenzionato a vendicarsi per l’attacco inflittogli, mentre Sakina Jaffrey si unirà al cast interpretando una divinità indu e Dean Winters sarà Mr. Town. L’incontro nella House of the Rock sarà la causa scatenante di un rocambolesco pellegrinaggio attraverso l’America, con una resa dei conti finale a Cairo in Illinois: Shadow vedrà messa alla prova la sua natura di fedele, nell’orizzonte di un mondo abitato concretamente dalle manifestazioni del divino, un mondo pericoloso, avvelenato da inganni e manipolazioni, costellato di sacrifici e dolore.

Per questa sontuosa serie vale l’adagio “cast ricco mi ci ficco”: per citare alcuni interpreti, rivediamo Emily Browning (Sucker Punch, The Affair) nei panni di Laura Moon, Pablo Schreiber (First Man, Orange is the New Black) nel ruolo di Mad Sweeney, Orlando Jones (Madiba, Sleepy Hollow) in quelli di Mr. Nancy, Yetide Badaki (Aquarius, This Is Us) nei panni di Bilquis, Bruce Langley (Deadly Waters) nel ruolo di Tech Boy, Mousa Kraish (Superbad, Transparent) nei panni di The Jinn, Omid Abtahi (Damien, Legends) nei panni di Salim e Demore Barnes (12 Monkeys, Waco) nei panni di Mr. Ibis. Tra le guest star della seconda stagione, invece, si annoverano Cloris Leachman (Malcom in The Middle, Raising Hope) nel ruolo di Zorya Vechernyaya, e Peter Stormare (Fargo, Prison Break) nei panni di Czernobog. Insomma, nonostante le vicissitudini per la messa in onda, questa seconda stagione dovrebbe possedere tutti i crismi per proseguire un racconto epico, profondo e non scontato sul rapporto della società moderna con il trascendente. Che siate credenti, atei o agnostici poco importa: American Gods porta il travaglio degli dei sotto i nostri occhi ed è quasi impossibile non lasciarsene travolgere.

Elisabetta Pasca