La fortuna di chiamarsi Zeffirelli

La fortuna di chiamarsi Zeffirelli

Il regista torna a teatro con una nuova versione del Rigoletto tutta da scoprire

“Ho sempre pensato che l’opera sia un pianeta dove le Muse lavorano assieme, battono le mani e celebrano tutte le arti”: questa è una delle citazioni più appropriate per tratteggiare l’amore smisurato del Maestro Franco Zeffirelli verso la tradizione operistica che da sempre è stata legata profondamente alla vita di un uomo misterioso, carismatico, distaccato e, diciamolo pure, fascinosamente snob, che ha avuto proprio la fortuna di essere nato sotto una buona stella, quella della creatività.

Zeffirelli, già dal suono di questo cognome si può intuire l’eleganza e la raffinatezza che gravitano intorno a un artista che, in oltre settant’anni di carriera, ha dimostrato di essere uno dei registi teatrali e cinematografici più talentuosi della sua generazione, con un pedigree di riconoscimenti mondiali assolutamente invidiabile. Artisti, intellettuali, collezionisti, amanti della bellezza e componenti dell’alta società sono i protagonisti dei lavori del Maestro che ha sempre infuso nelle sue creazioni cinematografiche, operistiche e di prosa teatrale, un modo di concepire il mondo decisamente sublime e poetico. Esistenza avventurosa e sorprendente la sua, fin dalla più tenera età, dal mancato riconoscimento paterno (che avvenne quando Franco aveva solo 19 anni) agli orrori della guerra vissuti in prima linea (combatté giovanissimo assieme ai partigiani per poi passare nelle file dell’esercito alleato) fino all’Accademia di Belle Arti e alla facoltà di Architettura che sarà assolutamente essenziale per le strepitose scenografie che Zeffirelli concepirà in seguito. Come non ricordare quegli allestimenti operistici passati alla storia per opulenza, colore, eleganza, e anche per un certo barocchismo genialmente misurato, quei veri e propri sogni ad occhi aperti che risentono inevitabilmente di una certa influenza del Visconti, maestro in arte e in vita di questo genio.

Umberto Fanni e Franco Zeffirelli al lavoro per Rigoletto

Il Maestro lo ha raccontato attorniato dai suoi assistenti, dalla stampa internazionale e dai rappresentanti del governo dell’Oman, dell’Arena di Verona e del Teatro dell’Opera di Roma che collaboreranno con l’Opera House Muscat fornendo coro, orchestra e la creazione dei costumi. Lo ha fatto da uno dei salotti della splendida Villa Zeffirelli -a Roma, sull’Appia Antica- che con le sue ampie porte finestre tende a ricordare una di quelle case del realismo magico descritte nei capolavori letterari di Marquéz e della Allende: un tripudio di stoffe, ricordi e colori che si vanno a mescolare con le fotografie del Maestro in compagnia dei suoi più intimi e storici amici, da Fellini a Monica Vitti, da Maria Callas a Elizabeth Taylor e Richard Burton.
E adesso alla veneranda età di 96 anni questo Gigante dell’arte si prepara a tornare sulle scene con un nuovo allestimento del Rigoletto (già diretto nel lontano 1950) per la prestigiosa Royal Opera House Muscat, miracolo architettonico omanita.

Royal Opera House Muscat

Il progetto vedrà il suo compimento nel 2020 in occasione dei 50 anni del Sultanato Omanita con cui Zeffirelli collabora dal 2011, anno in cui mise in scena la Turandot per l’inaugurazione del teatro, suscitando un grande successo e preferendola proprio al Rigoletto. Inoltre per questa edizione dell’opera si promette un cast internazionale, e non lo si stenta a credere data l’assidua collaborazione fra Zeffirelli e i più grandi cantanti lirici della storia del teatro, un esempio lampante è il sodalizio artistico con Plácido Domingo con cui filmò una serie di pellicole cantate cominciate con Pagliacci (1982), continuate con Cavalleria Rusticana (1982) e La Traviata (1983) e terminate con Otello (1986). Questa versione dell’opera di Verdi avrà uno stile che andrà a ricoprire perfettamente l’estetica Zeffirelliana facendo riferimento al suo teatro ma anche al suo cinema pur preservandosi inedita e intimista con un taglio e un’impostazione cinematografici aiutati anche dalle straordinarie possibilità tecniche offerte dalla Royal Opera House Muscat. La Presidente del Consiglio di Amministrazione S.E. Rawya Saud Al Busaidi si è detta come sempre entusiasta di questa esperienza e speranzosa assieme a Sua Maestà Sultan Qaboos bin Said Al Said di “favorire lo sviluppo culturale della nazione, incoraggiare la pace mondiale e l’armonia tra le nazioni attraverso lo scambio culturale, reso possibile dal linguaggio universale della musica e delle arti performative”.

Dai primi bozzetti si prevede una ricchezza di stile e una magnificenza di colori dominati dal giallo e dall’azzurro, tipica del Maestro, che si prepara per il suo ennesimo capolavoro.

Ebbene, ha fatto molta strada quel giovane scenografo e costumista delle cosiddette “operine” dell’Accademia Chigiana di Siena che Luchino Visconti prese sotto la sua ala e convinse a venire a Roma dove sarebbe diventato l’uomo che noi tutti conosciamo, collaborando con i più grandi artisti del Novecento. Dalle opere con la Callas agli spettacoli in prosa dell’Amleto con Giorgio Albertazzi e Anna Proclemer fino ad arrivare al cinema con gli adattamenti delle opere shakespeariane – come non ricordare quel prodigio di colori pastello che è la trasposizione della Bisbetica domata con Richard Burton e Elizabeth Taylor o quella romantica versione del Romeo e Giulietta dove due giovanissimi Olivia Hussey e Leonard Whiting ci commuovono ancora oggi –. Zeffirelli ha fatto del suo stile una virtù. In bocca al lupo Maestro!

Alberto de Carolis Villars